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Assegno nucleo familiare: prova del reddito è onere

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore che richiedeva l’assegno nucleo familiare per il periodo in cui era cittadino extracomunitario. La Corte ha stabilito che la prova del reddito complessivo del nucleo familiare è un requisito costitutivo essenziale per ottenere il beneficio, e non un mero fattore di calcolo. L’onere di fornire tale prova spetta al richiedente, indipendentemente dalla sua nazionalità, escludendo qualsiasi discriminazione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno nucleo familiare: la prova del reddito è un requisito essenziale per tutti

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento fondamentale sui requisiti per ottenere l’assegno nucleo familiare (ANF). La sentenza stabilisce che la dimostrazione del reddito complessivo del nucleo familiare non è un semplice dettaglio per il calcolo dell’importo, ma un elemento costitutivo e imprescindibile del diritto stesso. Questo principio si applica a tutti i richiedenti, senza distinzione di nazionalità, ponendo fine a dubbi interpretativi e a presunte disparità di trattamento.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di un lavoratore, originariamente cittadino extracomunitario e poi divenuto cittadino italiano, di ottenere l’assegno nucleo familiare per il periodo dal 1° giugno 2013 al 31 gennaio 2015. La sua domanda era stata respinta sia dall’ente previdenziale sia dai giudici di primo e secondo grado. La motivazione del rigetto era univoca: il richiedente non aveva fornito la prova documentale del reddito complessivo del suo nucleo familiare, limitandosi a presentare la propria Certificazione Unica.

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la normativa non richiedesse una specifica autocertificazione e che il requisito reddituale fosse solo un fattore per la liquidazione dell’importo, non per il riconoscimento del diritto. Lamentava inoltre una violazione del principio di parità di trattamento previsto dalla direttiva europea 2003/109/CE, poiché a suo dire venivano imposti oneri probatori più gravosi ai cittadini di paesi terzi rispetto agli italiani.

La Decisione sull’assegno nucleo familiare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno chiarito in modo definitivo la natura del requisito reddituale nell’ambito della disciplina dell’assegno nucleo familiare.

Il principio di diritto affermato è che il reddito del nucleo familiare è un elemento costitutivo del diritto alla prestazione. Di conseguenza, l’onere di dimostrare il possesso di tale requisito ricade interamente sul richiedente. La Corte ha sottolineato come questa regola si applichi indistintamente a cittadini italiani, europei ed extraeuropei, escludendo qualsiasi forma di discriminazione.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su una solida analisi della normativa. L’art. 2, comma 10, del d.l. n. 69 del 1988, prevede esplicitamente che l’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, pensione o altre prestazioni previdenziali è inferiore al 70% del reddito complessivo del nucleo familiare. Questo dimostra, secondo i giudici, che il reddito non è un mero parametro di calcolo, ma una condizione essenziale per l’esistenza stessa del diritto.

La giurisprudenza ha costantemente affermato che la prova di questo requisito incombe su chi richiede la prestazione. La sola produzione del CUD (oggi Certificazione Unica) del richiedente è insufficiente, poiché da essa non emerge il reddito complessivo di tutti i componenti della famiglia.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi della disparità di trattamento. La legge non opera alcuna distinzione basata sulla provenienza territoriale dei lavoratori. Le difficoltà che un cittadino extraeuropeo può incontrare nel reperire la documentazione necessaria non possono giustificare un superamento delle chiare previsioni normative. L’obbligo di allegare e provare i requisiti è identico per tutti.

Infine, la Corte ha ritenuto non necessario un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Applicando la dottrina dell'”acte clair”, i giudici hanno stabilito che la corretta interpretazione del diritto comunitario, in particolare del principio di non discriminazione, era così evidente da non lasciare spazio a ragionevoli dubbi. Poiché la normativa italiana impone gli stessi oneri a tutti, non si ravvisa alcuna violazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: per accedere all’assegno nucleo familiare, non basta affermare di averne diritto, ma è necessario dimostrarlo in modo completo. Il richiedente deve fornire una prova chiara e documentata del reddito complessivo di tutti i membri del proprio nucleo familiare. Questa sentenza serve da monito per tutti i lavoratori, italiani e stranieri: la completezza della documentazione non è un formalismo, ma la chiave per il riconoscimento di un diritto. Le difficoltà pratiche nel reperire i documenti non esonerano dall’onere della prova, che rimane un pilastro del nostro ordinamento processuale.

Il reddito del nucleo familiare è solo un parametro per calcolare l’importo dell’assegno familiare?
No, la Corte ha stabilito che è un elemento costitutivo del diritto. Senza la prova del rispetto dei requisiti reddituali, il diritto all’assegno non sorge affatto.

Un lavoratore straniero ha oneri probatori più gravosi di un italiano per ottenere l’assegno al nucleo familiare?
No, la sentenza chiarisce che l’onere di dimostrare il reddito complessivo del nucleo familiare è identico per tutti i richiedenti, siano essi cittadini italiani, europei o extraeuropei, senza alcuna discriminazione.

Perché la Corte di Cassazione non ha interpellato la Corte di Giustizia Europea sulla presunta discriminazione?
La Corte ha ritenuto che non vi fossero dubbi sull’applicazione del diritto comunitario (teoria dell'”acte clair”). Poiché la normativa italiana richiede la stessa prova a tutti, non viola il principio di parità di trattamento, rendendo superfluo un rinvio alla Corte UE.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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