Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27584 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27584 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 12301/2022 proposto da:
NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA n. 1 83/2022, pubblicata il 7 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha chiesto al Tribunale di Ravenna di accertare il suo diritto a percepire l’assegno per il nucleo familiare (ANF) per il periodo dal 1° giugno 2013 al 31 gennaio 2015 ‘alle medesime condizioni alle quali detto assegno viene riconosciuto ai cittadini italiani’, stante ‘l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE disciplina dettata dalla direttiva comunitaria Self-executing 2003/109/CE in materia di assistenza’, con condanna dell’RAGIONE_SOCIALE a corrispondere € 2.706,39.
Il ricorrente ha esposto che: era cittadino senegalese; era lavoratore in Italia dal 1° gennaio 1999; aveva ottenuto il permesso di soggiorno di lungo periodo nel 2010; era divenuto cittadino italiano il 10 febbraio 2015;
aveva chiesto in via amministrativa il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di cui sopra, ma la domanda era stata rigettata.
Il Tribunale di Ravenna, nel contraddittorio delle parti, disattese le eccezioni pregiudiziali dell’RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 16/2021, ha rigettato la domanda in quanto il ricorrente aveva omesso di allegare di depositare la documentazione reddituale, in particolare l’autocertificazione dalla quale sarebbero dovuti risultare, anno per anno, i redditi del suo nucleo familiare.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 183/2022, ha rigettato.
Il giudice del merito ha fondato la sua decisione sull’assoluta carenza di deduzione, allegazione e prova, da parte dell’appellante, del rispetto del requisito reddituale del suo nucleo familiare, da ritenere ‘consustanziale alla concessione del beneficio’ .
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo, domandando, altresì, che sia chiesto alla CGUE:
«se una prestazione come quella prevista dall’art. 2 RAGIONE_SOCIALE legge n. 153/1988, denominata ‘Assegno RAGIONE_SOCIALE Familiare’ costituisca una prestazione assistenziale essenziale ai sensi dell’art. 11, paragrafo 4 e 13° considerando RAGIONE_SOCIALE direttiva n. 2003/109/CE così come interpretato e stabilito dalla CGUE nella sentenza resa in data 25.11.2020 nella causa ‘RAGIONE_SOCIALE vs V.R.’ n. C -303/19».
«In caso risposta positiva, se il principio di parità di trattamento sancito dall’art. 11, paragrafo 1, lett. D), RAGIONE_SOCIALE direttiva n. 2003/109/CE, come interpretato dalla CGUE nella sentenza resa in data 25.11.2020 nella causa ‘RAGIONE_SOCIALE vs V.R.’ n. C -303/19, ri sulti violato dalla giurisprudenza (…)».
Secondo il ricorrente, in Italia sarebbe precluso al lavoratore di paese terzo e titolare di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, residente sul territorio nazionale, diversamente da quanto consentito al cittadino italiano, di potere dimostrare il requisito reddituale (peraltro, ritenuto erroneamente elemento essenziale ai fini del riconoscimento del diritto) del nucleo familiare mediante la produzione RAGIONE_SOCIALE dichiarazione fiscale italiana NUMERO_DOCUMENTO.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con un unico motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2 RAGIONE_SOCIALE legge n. 153 del 1988 e dell’art. 12 preleggi per avere erroneamente interpretato la normativa italiana in merito ai requisiti richiesti dal legislatore per potere accedere alla provvidenza ANF. Contesta, altresì, il mancato rispetto dei principi di diritto ricavabili dalla direttiva n. 2003/109/CE ed enunciati nella sentenza CGUE resa nella causa ‘RAGIONE_SOCIALE vs V.R.’ n. C -303/19, in quanto gli sarebbe stato chiesto di produrre un’autocertificazione dei redditi
prodotti dal nucleo familiare, non prevista dalla normativa, nonostante fosse titolare di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti.
Sostiene il ricorrente che, ai sensi del citato art. 2, la prestazione richiesta sarebbe spettata a tutti i lavoratori dipendenti e ai pensionati che, a decorrere dal 1° gennaio 1988, si erano visti sostituire i precedenti assegni familiari, spettanti a prescindere dal reddito prodotto, che avrebbe avuto rilievo solo ai fini RAGIONE_SOCIALE liquidazione degli importi spettanti e non quale requisito necessario per riconoscere il diritto.
Lamenta, poi, che la Corte d’appello di Bologna avrebbe male valutato la documentazione da lui prodotta, ossia una ‘Traduzione del Libretto di Famiglia’ e la documentazione fiscale Certificazione Unica relativa agli anni 2011, 2012 e 2013.
Evidenzia, inoltre, che il giudice del merito avrebbe ben potuto fare riferimento al fatto notorio, rappresentato dalla mancanza di risorse economiche nel paese di provenienza dei lavoratori di origine africana, al fine di escludere che i suoi familiari potessero produrre un reddito annuo superiore ai limiti indicati nelle tabelle redatte annualmente con decreto.
La sentenza impugnata meriterebbe censura per avere ritenuto necessaria l’autocertificazione, sprovvista, invece, d’ogni rilievo probatorio ai fini del riconoscimento del diritto, quando, al contrario la dichiarazione reddituale presentata avrebbe assunto i caratteri RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di scienza confessoria.
Ribadisce che il reddito del nucleo familiare non sarebbe «elemento essenziale del diritto», ma mero «fattore di calcolo (unitamente al numero dei componenti del nucleo) RAGIONE_SOCIALE provvidenza» (pagina 15 del ricorso per cassazione).
La decisione contestata, quindi, sarebbe in contrasto con la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 9 del 2021) e con quella RAGIONE_SOCIALE CGUE e avrebbe violato il principio di parità di trattamento tutelato dall’art. 11 RAGIONE_SOCIALE Direttiva 2003/109/CE.
Il motivo è infondato.
La giurisprudenza ha affermato con chiarezza che la concessione dell’assegno al nucleo familiare (ANF) è subordinata al possesso di determinati requisiti reddituali, che spetta al richiedente -sia questo cittadino italiano o extracomunitario soggiornante di lungo periodo – dimostrare e, a tal fine, non è sufficiente la produzione del solo CUD (dal quale non emerge il reddito familiare), senza che la difficoltà del cittadino extraeuropeo nell’offrire la prova possa valere a superare la previsione dell’art. 2, comma 9, del d.l. n. 69 del 1988, conv. dalla legge n. 153 del 1988, il quale, in coerenza col principio egualitario insito nella struttura e nella funzione dell’ANF, non opera distinzioni in base alla provenienza territoriale dei lavoratori (Cass., Sez. L, n. 6953 dell’8 marzo 2023) .
Pertanto, in tema di assegno per il nucleo familiare, il reddito riferibile al medesimo nucleo non rappresenta mero fattore di graduazione dell’entità RAGIONE_SOCIALE prestazione richiesta, ma è elemento costitutivo del diritto al conseguimento RAGIONE_SOCIALE stessa, la cui prova incombe, pertanto, su tutti coloro – cittadini italiani, europei o extraeuropei – che ne reclamino il riconoscimento (Cass., Sez. L, n. 11960 del 7 maggio 2025).
Infatti, non può essere condivisa l’affermazione del ricorrente che qualifica il reddito del nucleo familiare come mero fattore di graduazione dell’entità RAGIONE_SOCIALE prestazione richiesta.
L’art. 2, comma 10, del d.l. n. 69 del 1988, conv., con modif., dalla legge n. 153 del 1988, dispone che l’assegno per il nucleo familiare non spetta, allorché la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente sia inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare.
Tale reddito, dunque, rientra fra gli elementi costitutivi del diritto di conseguire la prestazione (Cass., Sez. L, n. 4377 del 13 febbraio 2023), prestazione commisurata al contributo che apportano tutti i componenti del nucleo familiare (Cass., Sez. L, n . 6953 dell’8 marzo 2023).
La prova del requisito attinente al reddito del nucleo familiare incombe, allora, su tutti coloro, cittadini italiani, europei o extraeuropei, che reclamino l’assegno
per il nucleo familiare, e può essere fornita con ogni mezzo idoneo, come questa Suprema Corte ha già avuto occasione di puntualizzare (Cass., Sez. L, n. 7097 del 9 marzo 2023).
Questa ricostruzione dell’istituto si spiega in quanto l’assegno al nucleo familiare si pone in sostanziale discontinuità rispetto alle misure precedenti, quali, ad esempio, l’assegno familiare, citato dal ricorrente.
L’ANF si riferisce al reddito familiare considerato nel suo complesso, costituito dalla somma di quanto apportato da ciascuno dei suoi componenti alla condizione economica RAGIONE_SOCIALE famiglia, ai fini del raggiungimento RAGIONE_SOCIALE soglia reddituale che dà diritto alla prestazione. Il reddito così individuato è dato dall’ammontare dei redditi complessivi, assoggettabili all’IRPEF, conseguiti nell’anno solare precedente il 1° luglio di ciascun anno e ha valore per la corresponsione dell’assegno fino al 30 giugno dell’a nno successivo. Quanto ai membri RAGIONE_SOCIALE famiglia cui riferirsi, va considerato che il paradigma preso a riferimento dal legislatore è quello RAGIONE_SOCIALE famiglia-tipo, rappresentato da una struttura elementare, composta dai due coniugi e dai relativi figli minori di età, o anche maggiori qualora si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un lavoro remunerato. I soggetti inclusi nel nucleo familiare hanno diritto all’assegno anche se non conviventi e non a carico del richiedente per avere entrate proprie. Calcolo del reddito familiare nella sua globalità e tramonto del requisito RAGIONE_SOCIALE ‘vivenza a carico’ -pilastro delle precedenti ‘prestazioni familiari’ – sono, per il legislatore, ineludibili punti di passaggio per giungere al riconosciment o dell’apporto economico RAGIONE_SOCIALE famiglia intesa quale soggetto autonomo di riferimento, distinto dal singolo componente, produttore di reddito da lavoro. In tal senso, si spiega perché la legge stessa preveda che l’importo dell’assegno vada calcolato in bas e alla situazione reddituale dichiarata dal richiedente, rapportata alla consistenza effettiva del nucleo familiare documentata dallo stato di famiglia. La prestazione è erogata unitariamente, a beneficio dell’intero nucleo, e ha struttura modulare, nel se nso che una crescita progressiva del nucleo familiare ne comporta l’incremento, così come, a parità (anche) di suoi appartenenti, una crescita di reddito ne comporta la diminuzione.
Indubbiamente, il trattamento in questione va esteso ai lavoratori migranti in ambito europeo, in base alla legge del luogo in cui si svolge la prestazione, anche se i familiari beneficiari risiedono altrove (art. 73, reg. CE n. 1408/1971).
Priva di pregio è, allora, la prospettazione del ricorrente, che snaturerebbe, di fatto, la funzione dell’assegno al nucleo familiare così come il nostro legislatore ha inteso delinearla, nel senso di rappresentare una misura rivolta non già all’integrazio ne economica RAGIONE_SOCIALE retribuzione del capofamiglia considerata insufficiente in via presuntiva, bensì all’introduzione di un beneficio in favore del nucleo familiare in relazione a un accertamento in concreto del reale fabbisogno RAGIONE_SOCIALE famiglia, riferito al rapporto tra il numero dei componenti il nucleo e l’ammontare del reddito complessivo dello stesso.
Non sussiste, pertanto, la paventata disparità di trattamento, che il ricorrente espone a sostegno RAGIONE_SOCIALE richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, richiesta che, in un caso similare, questa Suprema Corte ha già respinto (Cass., Sez. L, n. 6953 dell’8 marzo 2023).
Il ricorso non prospetta argomenti che inducano a rimeditare i principi di diritto enunciati da questa Suprema Corte in altri giudizi analoghi.
La sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia 6 ottobre 1982, Cilfit, ha chiarito ormai da tempo che i giudici nazionali, le cui decisioni non possono costituire oggetto di ricorso giurisdizionale di diritto interno, ‘sono tenuti, qualora una questione di diritto comunitario si ponga dinanzi ad essi, ad adempiere il loro obbligo di rinvio, salvo che abbiano constatato che la questione non è pertinente, o che la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte RAGIONE_SOCIALE Corte, ovvero che la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi’.
In concreto, decidendo la causa C-283/81, CILFIT c. RAGIONE_SOCIALE, la Corte di giustizia ha enunciato le tre circostanze che, ancora oggi, sollevano il giudice ‘avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di
diritto interno’ da un adempimento altrimenti obbligatorio (punti 12 -16 RAGIONE_SOCIALE sentenza).
Tali circostanze si possono riassumere come segue:
l’identità materiale RAGIONE_SOCIALE fattispecie ad altra su cui la Corte di giustizia si sia già espressa;
la presenza di una giurisprudenza consolidata RAGIONE_SOCIALE Corte stessa sul medesimo punto di diritto all’esame del giudice nazionale, anche in assenza di identità materiale RAGIONE_SOCIALE fattispecie (c.d. teoria dell’ RAGIONE_SOCIALE éclairé );
la mancanza di ogni ragionevole dubbio sull’applicazione delle norme rilevanti di diritto dell’Unione (c.d. teoria dell’ RAGIONE_SOCIALE clair ).
A questa sentenza è seguita la decisione del 6 ottobre 2021, nella causa C561/19, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, affidata alla Grande RAGIONE_SOCIALE per l’importanza del tema trattato, la quale ha affermato i seguenti principi:
‘L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte RAGIONE_SOCIALE Corte o che la corrett a interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi. La configurabilità di siffatta eventualità deve essere valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle partico lari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice non può essere esonerato da detto obbligo per il solo motivo che ha già adito la Corte in via pregiudiziale nell’ambito del m edesimo procedimento nazionale. Tuttavia, esso può astenersi dal sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte per motivi d’irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a detto giudice, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effett ività’.
Da quanto sopra, emerge che non sussiste alcun obbligo per questa Suprema Corte di adire la CGUE, atteso che, nella specie, il ricorrente non è stato sottoposto a un trattamento deteriore rispetto a quello che avrebbe dovuto affrontare se fosse stato cittadino italiano.
L’assenza di ogni discriminazione fondata sulla nazionalità palesa come sia evidente, nella presente vicenda, il rispetto RAGIONE_SOCIALE normativa europea ad opera dell’RAGIONE_SOCIALE e dei giudici di merito, non essendo stati addossati al ricorrente oneri probatori più gravosi di quelli che competono ai cittadini italiani.
Nel dettaglio, comunque, si osserva che la corte territoriale ha respinto il gravame in ragione RAGIONE_SOCIALE carenza di allegazione, prima ancora che di prova, circa i requisiti costitutivi RAGIONE_SOCIALE pretesa, non avendo l’istante ‘specificato in alcun modo il reddito dei componenti del proprio nucleo familiare’ .
Inoltre, ha accertato la mancanza di documentazione agli atti, dalla quale ricavare ‘la condizione d’impossidenza di redditi e beni in capo ai soggetti per cui è richiesto il beneficio’ .
Le esposte considerazioni giustificano il rigetto delle censure, in precedenza riportate, sollevate dal ricorrente e relative al fatto notorio e alla necessità dell’autocertificazione.
2) Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 1.0 00,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE IV RAGIONE_SOCIALE Civile, il 18 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME