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Assegno divorzile: la Cassazione conferma l’importo

La Cassazione ha confermato la debenza di un assegno divorzile in favore dell’ex moglie, valorizzando la funzione compensativa dell’istituto. Nonostante la diminuzione del reddito dell’ex marito, la Corte ha ritenuto decisivi la lunga durata del matrimonio (29 anni) e il sacrificio professionale della moglie, che si è dedicata interamente alla famiglia, contribuendo così alla fortuna economica del coniuge. L’assegno è stato confermato anche nell’importo, ritenuto congruo per riequilibrare le posizioni economiche.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Assegno Divorzile: La Funzione Compensativa Oltre il Tenore di Vita

L’assegno divorzile rappresenta uno degli aspetti più dibattuti nel diritto di famiglia, poiché incide profondamente sugli equilibri economici post-matrimoniali. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per il suo riconoscimento e la sua quantificazione, ribadendo con forza la sua funzione compensativa e perequativa. Il caso analizzato riguarda un matrimonio di lunga durata, in cui la dedizione di una moglie alla famiglia ha permesso al marito di costruire una solida posizione economica.

Il Contesto: un Matrimonio di Lunga Durata e il Sacrificio Professionale

La vicenda trae origine da un matrimonio contratto nel 1978 e durato quasi trent’anni, fino alla separazione intervenuta nel 2007. Durante questo lungo periodo, la coppia ha avuto tre figli. La moglie, dopo un’iniziale esperienza lavorativa, ha scelto di dedicarsi completamente alla cura della famiglia e della casa, occupandosi non solo dei figli ma anche dei parenti del marito. Questa scelta, condivisa, ha consentito al marito, un imprenditore nel settore edile, di concentrarsi sulla propria attività, accumulando un notevole patrimonio.

Al momento del divorzio, emergeva una netta disparità economica: l’ex marito godeva di un reddito significativo derivante dalla sua attività e dal patrimonio societario, mentre l’ex moglie, all’età di 63 anni, non aveva un reddito proprio, se non quello derivante dal mantenimento.

L’Appello e i Motivi del Ricorso dell’ex Marito

I giudici di primo e secondo grado avevano riconosciuto all’ex moglie un assegno divorzile di circa 1.720 euro mensili. L’ex marito ha impugnato tale decisione davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Sul diritto all’assegno (an debeatur): Sosteneva che i giudici non avessero verificato se la disparità economica fosse una diretta conseguenza delle scelte di vita condivise durante il matrimonio. Inoltre, riteneva che fosse stato erroneamente ignorato il fatto che la moglie fosse comproprietaria al 50% dell’immobile in cui viveva.
2. Sull’importo dell’assegno (quantum debeatur): Contestava l’entità dell’importo, ritenendolo una mera riproposizione dell’assegno di separazione, il quale è legato al mantenimento del tenore di vita, un criterio superato per l’assegno di divorzio. Lamentava inoltre che non si fosse tenuto conto di un suo recente calo di reddito.

L’Assegno Divorzile e la sua Funzione Compensativa secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, cogliendo l’occasione per riaffermare i principi consolidati, in particolare quelli stabiliti dalle Sezioni Unite nel 2018. I giudici hanno chiarito che l’assegno divorzile ha una natura complessa: non è solo assistenziale, ma svolge soprattutto una funzione compensativa e perequativa.

Questo significa che il suo scopo è quello di:
Compensare il coniuge economicamente più debole per i sacrifici professionali e personali compiuti durante il matrimonio.
Riequilibrare (perequare) le condizioni economiche dei due ex coniugi, tenendo conto del contributo fornito da uno alla formazione del patrimonio dell’altro.

Il contributo alla vita familiare non deve essere provato con documenti contabili, ma può essere dimostrato anche tramite presunzioni, soprattutto in matrimoni di lunga durata dove si è consolidato un modello di vita basato sulla suddivisione dei ruoli.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse corretta e ben motivata. La disparità economica tra i coniugi non era un fatto casuale, ma la conseguenza diretta del modello familiare adottato per 29 anni. Il sacrificio delle aspettative professionali della moglie ha costituito il presupposto che ha permesso al marito di dedicarsi con successo alla sua carriera imprenditoriale.

Il lungo arco temporale del matrimonio, l’età della richiedente (che rende difficile un suo reinserimento nel mondo del lavoro) e il suo ruolo centrale nella conduzione della vita familiare sono stati considerati elementi sufficienti a presumere il nesso causale tra le sue rinunce e l’arricchimento del marito. La comproprietà di un immobile non è stata ritenuta sufficiente a negare il diritto all’assegno, poiché non elimina lo squilibrio complessivo derivante da decenni di scelte condivise.

Riguardo all’importo, la Cassazione ha chiarito che, sebbene l’obiettivo non sia più quello di garantire il precedente tenore di vita, l’assegno deve essere comunque adeguato a svolgere la sua funzione riequilibratrice. L’importo stabilito è stato giudicato congruo in relazione alla durata del matrimonio, al contributo fornito dalla moglie e alle condizioni economiche generali delle parti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento fondamentale in materia di assegno divorzile. Il messaggio è chiaro: la fine di un matrimonio non cancella il valore del contributo fornito da chi si è dedicato alla famiglia, sacrificando la propria carriera. L’assegno non è un’elemosina, ma un riconoscimento giuridico ed economico di quel contributo, essenziale per ripristinare un equilibrio economico che le scelte di vita comuni avevano alterato. La decisione sottolinea che la valutazione deve essere complessiva, guardando all’intera storia matrimoniale per comprendere le radici della disparità economica attuale e correggerla equamente.

L’assegno divorzile serve a garantire lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio?
No, la giurisprudenza ha superato questo criterio. La funzione principale dell’assegno divorzile è assistenziale, ma soprattutto compensativa e perequativa, volta a riequilibrare lo squilibrio economico causato dai sacrifici di un coniuge a vantaggio dell’altro durante la vita matrimoniale.

La proprietà di un immobile esclude il diritto all’assegno divorzile?
No, non necessariamente. La proprietà di beni, come la comproprietà di una casa, è un elemento che il giudice deve considerare nella valutazione complessiva delle condizioni economiche, ma non esclude di per sé il diritto all’assegno se permane una significativa disparità economica dovuta al contributo dato e ai sacrifici fatti durante il matrimonio.

Come si prova il contributo di un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro?
La prova può essere fornita con ogni mezzo, incluse le presunzioni. In matrimoni di lunga durata, dove un coniuge si è dedicato esclusivamente alla famiglia, si presume che tale scelta, condivisa, abbia contribuito in modo decisivo alla formazione del patrimonio e al successo professionale dell’altro coniuge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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