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Assegno di sede: parità tra docenti a tempo determinato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21695/2025, ha stabilito un importante principio di parità di trattamento. Ha sancito che i docenti a tempo determinato in servizio all’estero hanno diritto a percepire l’assegno di sede nella stessa misura prevista per i colleghi a tempo indeterminato. La Corte ha ritenuto che non sussistano ragioni oggettive per giustificare una disparità economica, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello e basando la propria pronuncia sul principio di non discriminazione sancito dalla direttiva europea 1999/70/CE.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno di sede: la Cassazione conferma la parità tra docenti precari e di ruolo

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha consolidato un principio di fondamentale importanza nel diritto del lavoro scolastico, affermando la piena parità di trattamento economico tra docenti a tempo determinato e docenti di ruolo in servizio all’estero per quanto riguarda l’assegno di sede. Questa decisione chiarisce che le differenze nelle modalità di assunzione non possono giustificare una retribuzione inferiore per il medesimo disagio legato al servizio prestato fuori dai confini nazionali.

I Fatti del Contenzioso

Un gruppo di docenti con contratto a tempo determinato, in servizio all’estero per diversi anni scolastici, aveva citato in giudizio il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. La loro richiesta era semplice e chiara: ottenere il pagamento dell’assegno di sede in una misura identica a quella percepita dai loro colleghi assunti a tempo indeterminato.

Nei primi due gradi di giudizio, le loro istanze erano state respinte. La Corte d’Appello, in particolare, aveva sostenuto che il diverso trattamento fosse legittimo. Secondo i giudici di merito, le condizioni di impiego non erano completamente sovrapponibili e la natura non puramente retributiva dell’assegno, destinato a compensare il disagio della permanenza all’estero, giustificava una differenza negli importi. Contro questa sentenza, i docenti hanno proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei docenti, cassando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa ad altra sezione della stessa per un nuovo esame che dovrà attenersi al principio di diritto stabilito. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondati entrambi i motivi di ricorso, incentrati sulla violazione delle normative nazionali e della direttiva europea sul lavoro a tempo determinato (99/70/CE).

Le motivazioni della Suprema Corte per l’assegno di sede

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione del principio di non discriminazione. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato secondo cui l’assegno di sede e gli altri benefici economici previsti per il personale scolastico all’estero devono essere riconosciuti nella stessa misura sia ai docenti di ruolo sia a quelli a tempo determinato.

I giudici hanno specificato che tali emolumenti sono integrazioni salariali attribuite per due ragioni: lo svolgimento del servizio richiesto e la compensazione per il disagio del trasferimento all’estero. Entrambe le condizioni sono identiche per le due categorie di docenti.

La Corte ha smontato la tesi difensiva del Ministero e le argomentazioni della Corte d’Appello, affermando che non esiste alcuna “condizione oggettiva” idonea a giustificare un trattamento economico differenziato. In particolare, il mancato superamento di un concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della Pubblica Amministrazione da parte dei docenti supplenti non costituisce una ragione valida per un trattamento preferenziale a favore dei docenti di ruolo. Questo è in linea con la clausola 4, punto 1, dell’Accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato, che vieta discriminazioni nelle condizioni di impiego se non giustificate da ragioni oggettive.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia ha un impatto significativo per tutto il personale scolastico con contratto a termine che presta servizio all’estero. Le amministrazioni non potranno più erogare un assegno di sede ridotto ai docenti precari, basandosi unicamente sulla natura temporanea del loro contratto. La decisione rafforza il principio secondo cui a parità di lavoro e di condizioni di disagio, deve corrispondere parità di retribuzione, in piena attuazione dei principi europei di non discriminazione. Per i docenti interessati, si apre la strada per richiedere le differenze retributive non corrisposte, forti di un orientamento giurisprudenziale ormai univoco e stabile.

Un docente a tempo determinato in servizio all’estero ha diritto allo stesso assegno di sede di un collega di ruolo?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’assegno di sede e gli altri benefici economici devono essere riconosciuti nella stessa misura ai docenti a tempo determinato e a quelli di ruolo, poiché non sussistono ragioni oggettive per un trattamento differenziato.

Qual è il fondamento giuridico di questa parità di trattamento?
Il principio si basa sulla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva europea 1999/70/CE, che vieta discriminazioni nelle condizioni di impiego tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, a meno che non siano giustificate da ragioni oggettive.

Il fatto di non aver superato un concorso pubblico giustifica un assegno di sede inferiore per i docenti precari?
No. La Corte di Cassazione ha esplicitamente affermato che il mancato superamento del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli non costituisce una condizione oggettiva idonea a giustificare un trattamento economico preferenziale per i docenti di ruolo che svolgono le stesse mansioni all’estero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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