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Assegno di sede docenti: sì alla parità di trattamento

Una docente precaria all’estero chiedeva lo stesso assegno di sede dei colleghi di ruolo. La Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che non esistono ragioni oggettive per una disparità di trattamento economico e che l’indennità spetta in egual misura, cassando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno di sede docenti: la Cassazione conferma la parità di trattamento tra precari e personale di ruolo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto del lavoro scolastico: la parità di trattamento economico tra docenti a tempo determinato e docenti di ruolo che prestano servizio all’estero. La Suprema Corte ha stabilito che l’assegno di sede docenti deve essere riconosciuto nella stessa misura a entrambe le categorie, eliminando una discriminazione priva di giustificazione oggettiva. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa

Una docente con contratto a tempo determinato, in servizio presso una scuola italiana in Albania per due anni scolastici, aveva citato in giudizio il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. La sua richiesta era semplice e chiara: ottenere il pagamento dell’assegno di sede in misura equiparata a quello percepito dai colleghi docenti a tempo indeterminato.

La decisione della Corte d’Appello

Inizialmente, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda della docente. I giudici di merito avevano ritenuto legittimo il diverso trattamento economico, sostenendo che le condizioni di impiego dei docenti precari non fossero del tutto sovrapponibili a quelle dei docenti di ruolo. Secondo la Corte territoriale, la diversa natura del rapporto di lavoro giustificava una differente quantificazione dell’assegno, concepito per compensare il disagio della permanenza all’estero, che si manifesterebbe in modo diverso per le due categorie di personale.

L’assegno di sede docenti e i motivi del ricorso in Cassazione

La docente non si è arresa e ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Violazione del principio di parità di trattamento: La ricorrente ha sostenuto che la riduzione dell’assegno di sede per il personale non di ruolo, derivante dalla contrattazione collettiva, fosse in contrasto con il principio generale di parità di trattamento sancito dalla normativa nazionale (in particolare, l’art. 45 del D.Lgs. 165/2001).
2. Violazione della normativa europea: Il secondo motivo richiamava la violazione della Direttiva europea 99/70/CE sul lavoro a tempo determinato, che vieta trattamenti meno favorevoli per i lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

In sostanza, la difesa della docente ha evidenziato come la distinzione tra personale di ruolo e precario non potesse costituire una ragione oggettiva per giustificare una diversità di trattamento economico per la stessa mansione svolta nelle stesse condizioni all’estero.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi, ritenendoli fondati. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza. L’assegno di sede, così come altri benefici economici per il personale all’estero, costituisce un’integrazione salariale attribuita per lo svolgimento del servizio e per compensare il disagio legato al trasferimento.

La Corte ha chiarito che non esiste alcuna condizione oggettiva idonea a giustificare un trattamento economico preferenziale per i docenti di ruolo. La differenza tra le due categorie di personale, basata sul mancato superamento di un concorso pubblico per l’accesso ai ruoli da parte dei supplenti, non è un elemento rilevante ai fini del riconoscimento di un’indennità legata esclusivamente alle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.

Citando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare la causa C-72/18) e numerose proprie sentenze conformi, la Cassazione ha concluso che negare la piena equiparazione dell’assegno di sede docenti viola la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE. L’orientamento è ormai talmente univoco da non richiedere ulteriori approfondimenti, portando alla cassazione della sentenza impugnata.

Le conclusioni

La Suprema Corte ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Roma e ha rinviato la causa allo stesso giudice, in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso attenendosi al principio di diritto enunciato. Questo significa che alla docente dovrà essere riconosciuto l’assegno di sede nella stessa misura prevista per i colleghi di ruolo, oltre alle spese legali.
La pronuncia consolida un importante baluardo a tutela dei lavoratori precari del comparto scuola, affermando che a parità di lavoro, disagio e condizioni di servizio, deve corrispondere parità di retribuzione, senza che la natura a termine del contratto possa costituire motivo di discriminazione.

Un docente precario che lavora all’estero ha diritto allo stesso assegno di sede di un docente di ruolo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’assegno di sede è un’integrazione salariale che spetta in egual misura sia ai docenti a tempo determinato sia a quelli di ruolo, poiché non esistono ragioni oggettive che giustifichino un trattamento economico differenziato.

Il fatto di non aver superato un concorso pubblico giustifica una retribuzione inferiore per i docenti precari all’estero?
No. La Corte ha stabilito che il mancato superamento del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli non costituisce una condizione oggettiva idonea a giustificare un trattamento economico preferenziale in favore dei docenti a tempo indeterminato, in quanto non incide sulla natura e sulle difficoltà del servizio prestato all’estero.

Qual è la natura dell’assegno di sede secondo la Corte di Cassazione?
L’assegno di sede è qualificato come un’integrazione salariale attribuita per due ragioni: il semplice svolgimento del servizio richiesto e la compensazione per il disagio derivante dal trasferimento e dalla permanenza all’estero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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