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Assegno di sede docenti precari: sì alla parità

Un docente supplente in servizio all’estero si è visto negare l’assegno di sede nella stessa misura dei colleghi di ruolo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7479/2024, ha ribaltato le decisioni dei gradi inferiori, stabilendo che tale disparità di trattamento costituisce una discriminazione vietata dalla normativa europea. L’assegno di sede docenti precari deve quindi essere corrisposto per intero, in quanto compensa il disagio del trasferimento all’estero, identico per lavoratori a tempo determinato e indeterminato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno di Sede Docenti Precari: La Cassazione Sancisce la Piena Parità di Trattamento

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 7479 del 20 marzo 2024, ha stabilito un principio fondamentale per la tutela dei diritti dei lavoratori della scuola: il diritto all’assegno di sede per i docenti precari operanti all’estero deve essere riconosciuto nella stessa misura prevista per i colleghi di ruolo. Questa decisione pone fine a una disparità di trattamento ritenuta ingiustificata e discriminatoria, allineando la giurisprudenza italiana ai principi del diritto europeo.

Il Caso: Un Docente Supplente all’Estero

I fatti alla base della controversia riguardano un docente assunto con contratto a tempo determinato per prestare servizio in una scuola italiana ad Addis Abeba, in Etiopia. Al docente era stato corrisposto un assegno di sede in misura ridotta rispetto a quello percepito dai docenti assunti a tempo indeterminato.

Ritenendo tale differenza ingiustificata, il docente ha avviato un’azione legale per ottenere il pagamento integrale dell’indennità. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Roma, tuttavia, avevano respinto la sua richiesta. Secondo i giudici di merito, la natura temporanea dell’incarico giustificava un trattamento economico diverso, poiché il disagio legato al trasferimento all’estero sarebbe stato attenuato dalla limitata durata del periodo di servizio.

La Decisione della Cassazione: Stop alla Discriminazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la prospettiva, accogliendo il ricorso del docente. Gli Ermellini hanno cassato la sentenza d’appello e rinviato la causa ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma per una nuova valutazione, che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato.

Il principio cardine è chiaro: negare la piena corresponsione dell’assegno di sede ai docenti precari costituisce una violazione del divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, sancito dalla direttiva europea 1999/70/CE.

Le Motivazioni della Sentenza: Perché l’assegno di sede docenti precari deve essere pieno

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, sia nazionale che europeo. Ecco i punti chiave del ragionamento:

1. Natura dell’Assegno di Sede: L’indennità non è un elemento accessorio o legato alla stabilità del rapporto di lavoro. La sua funzione è quella di compensare il disagio, sia economico che personale, derivante dallo svolgimento del servizio in un paese straniero. Questo disagio è identico per un docente di ruolo e per un supplente che svolgono le medesime mansioni nella stessa sede.

2. Principio di Non Discriminazione: La Corte ha richiamato la direttiva 1999/70/CE e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Queste fonti stabiliscono che le condizioni di impiego dei lavoratori a termine non possono essere meno favorevoli di quelle dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che non sussistano ragioni oggettive. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha escluso la presenza di tali ragioni.

3. Irrilevanza del Tipo di Contratto: Il fatto che il docente precario non abbia superato un concorso pubblico per l’accesso ai ruoli stabili non costituisce una ragione oggettiva per giustificare una retribuzione inferiore per lo stesso lavoro. Le modalità di reclutamento non possono incidere sulle condizioni economiche legate alla prestazione lavorativa e al disagio che essa comporta.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rappresenta una vittoria significativa per i diritti dei lavoratori precari del comparto scuola e, più in generale, del pubblico impiego. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:

* Parità di Trattamento: A parità di mansioni e di condizioni di disagio, deve corrispondere una parità di trattamento economico. La durata del contratto non può essere utilizzata come pretesto per comprimere i diritti retributivi.
* Prevalenza del Diritto Europeo: La decisione riafferma la forza dei principi europei, come quello di non discriminazione, che devono essere applicati dai giudici nazionali per garantire una tutela uniforme dei lavoratori in tutta l’Unione.
* Tutela per i Precari: I docenti e il personale scolastico con contratto a termine che hanno prestato o presteranno servizio all’estero hanno ora un solido precedente giurisprudenziale per richiedere e ottenere l’assegno di sede per docenti precari in misura piena, qualora gli fosse stato negato o corrisposto in forma ridotta.

Un docente precario in servizio all’estero ha diritto all’assegno di sede nella stessa misura di un collega di ruolo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’assegno di sede deve essere riconosciuto nella stessa misura anche ai supplenti non residenti assunti con contratto a termine, in quanto è un’integrazione salariale per il disagio del trasferimento all’estero, che è identico a prescindere dalla durata del contratto.

Perché la differenza di trattamento tra docenti di ruolo e precari è considerata una discriminazione?
La differenza è considerata discriminatoria perché viola la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva europea 1999/70/CE. Non esistono ragioni oggettive legate alle modalità della prestazione lavorativa che giustifichino un trattamento economico preferenziale per i docenti a tempo indeterminato. Il disagio di vivere e lavorare all’estero è lo stesso per entrambi.

Qual era la giustificazione data dai giudici di merito per negare l’assegno pieno?
La Corte d’Appello aveva sostenuto che la natura non retributiva dell’assegno e il suo scopo di compensare il disagio del trasferimento fossero attenuati nel caso dei supplenti, poiché destinati a rimanere all’estero solo per un periodo di tempo limitato. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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