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Assegno di invalidità: perché il 60% non è sufficiente

Il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di una cittadina per l’ottenimento dell’assegno di invalidità. Nonostante le patologie riscontrate, tra cui un disturbo bipolare, la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) ha quantificato l’invalidità al 60%, una percentuale inferiore alla soglia minima di legge (74%) necessaria per accedere al beneficio. La sentenza sottolinea il valore probatorio della CTU quando basata su un rigoroso criterio medico-legale.

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Pubblicato il 24 gennaio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno di invalidità: il Giudice nega il beneficio con una percentuale del 60%

Una recente sentenza del Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro, ha ribadito un principio fondamentale in materia di previdenza: per ottenere l’assegno di invalidità civile è necessario superare una soglia percentuale ben definita dalla legge. Nel caso specifico, una valutazione medico-legale che quantificava la riduzione della capacità lavorativa al 60% è stata ritenuta insufficiente, portando al rigetto della domanda della ricorrente.

Il provvedimento offre spunti cruciali sul ruolo della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) e sull’importanza di una documentazione sanitaria completa e aggiornata.

I Fatti di Causa

Una cittadina, affetta da un complesso di patologie, presentava nel 2019 domanda amministrativa per il riconoscimento dei benefici legati all’invalidità civile. L’iter amministrativo si concludeva con un riconoscimento parziale, con una percentuale di invalidità fissata al 46% a seguito di una visita di revisione. Ritenendo di avere diritto a prestazioni maggiori, come l’assegno di invalidità o la pensione con indennità di accompagnamento, la signora avviava un procedimento giudiziario (ex art. 445 bis c.p.c.) per l’accertamento tecnico preventivo dei requisiti sanitari.

Durante questa fase, una prima CTU riconosceva una percentuale del 71%. Tuttavia, a seguito del dissenso manifestato dalla parte convenuta, si procedeva con un giudizio di merito (opposizione), nel corso del quale il Giudice disponeva il rinnovo della perizia, affidandola a un nuovo consulente.

L’Analisi della CTU e l’impatto sull’assegno di invalidità

Il secondo consulente tecnico, dopo un’attenta analisi della documentazione e una visita peritale, giungeva a conclusioni differenti. Le patologie riscontrate, tra cui un “Disturbo bipolare in fase di stabilità clinica”, un’epatite cronica e un’ernia iatale, venivano valutate complessivamente, portando a una quantificazione dell’invalidità nella misura del 60%.

Il CTU specificava che, sebbene il disturbo psichiatrico in passato avesse avuto manifestazioni più acute, al momento della visita la paziente si presentava orientata, con conservate capacità di critica e giudizio e solo un moderato stato di depressione. Sulla base delle tabelle ministeriali (DM 5/2/92), la patologia neuropsichiatrica, tenuto conto della storia clinica, veniva valutata al 60%. Le altre patologie, non supportate da adeguata documentazione sanitaria attestante un’effettiva compromissione funzionale, non venivano considerate ai fini del calcolo.

La Decisione del Tribunale

Il Giudice del Lavoro ha pienamente recepito le conclusioni del secondo CTU, rigettando il ricorso della cittadina. La decisione si fonda sulla considerazione che la perizia fosse espressione della “migliore scienza medica” e basata su un “rigoroso criterio medico legale”, con motivazioni ragionevoli, congrue e puntuali.

Le Motivazioni

Il Tribunale ha ritenuto che la percentuale del 60% non fosse sufficiente per la concessione di alcuno dei benefici richiesti. Per l’assegno di invalidità civile, infatti, la legge richiede una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%. Per la pensione di inabilità e l’indennità di accompagnamento, i requisiti sono ancora più stringenti (100% di invalidità e impossibilità di deambulare o compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza).

Il Giudice ha sottolineato come le conclusioni del CTU non fossero state scalfite dalle obiezioni della ricorrente, poiché queste ultime non erano supportate da alcun riferimento scientifico valido. Di conseguenza, non vi era motivo di disporre un ulteriore supplemento di perizia. La consulenza in atti è stata considerata completa ed esaustiva, avendo il perito seguito pedissequamente le indicazioni fornite dal giudice al momento del conferimento dell’incarico.

Le Conclusioni

Questa sentenza evidenzia l’importanza cruciale della Consulenza Tecnica d’Ufficio nei procedimenti per l’invalidità civile. La valutazione del CTU, quando ben motivata e scientificamente fondata, assume un peso determinante nella decisione finale del giudice. Dimostra, inoltre, che non è sufficiente essere affetti da patologie, anche gravi, ma è necessario provare, tramite documentazione sanitaria specialistica e aggiornata, che tali patologie causino una riduzione della capacità lavorativa superiore alle soglie fissate dalla legge. Per i cittadini, ciò si traduce nella necessità di costruire un fascicolo medico solido e dettagliato prima di intraprendere qualsiasi azione legale.

È sufficiente una percentuale di invalidità del 60% per ottenere l’assegno di invalidità civile?
No, secondo la sentenza e la normativa vigente, la percentuale del 60% non è sufficiente. Per l’assegno di invalidità civile è richiesta una riduzione permanente della capacità lavorativa superiore alla soglia del 73% (quindi almeno 74%).

Perché il giudice ha basato la sua decisione sulla seconda perizia (CTU) e non sulla prima?
Il giudice ha ritenuto la seconda CTU come espressione della migliore scienza medica, sostenuta da un rigoroso criterio medico-legale e motivata in maniera ragionevole, congrua e puntuale. Le conclusioni del perito sono state considerate pienamente attendibili e sono state fatte proprie dal giudice per la decisione finale.

Quali patologie sono state considerate nel calcolo della percentuale di invalidità?
Il CTU ha valutato un “Disturbo Bipolare in fase di stabilità clinica”, un’epatite cronica e un’ernia iatale. Tuttavia, il contributo maggiore alla percentuale del 60% è derivato dalla patologia neuropsichiatrica, mentre le altre affezioni, non comprovate da documentazione sanitaria sufficiente a dimostrare un impatto funzionale, non sono state considerate rilevanti ai fini del calcolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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