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Assegno ad personam: spetta nel pubblico impiego?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33349/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una dipendente pubblica che chiedeva il riconoscimento di un assegno ad personam per mantenere il suo precedente e più elevato stipendio dopo essere passata a un’altra amministrazione. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che le dimissioni volontarie dalla precedente posizione per accettare un nuovo impiego, vinto tramite concorso, interrompono la continuità del rapporto di lavoro, escludendo così il diritto a conservare il trattamento economico più favorevole.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam: spetta nel passaggio tra Amministrazioni Pubbliche? Il no della Cassazione

Il passaggio da un’amministrazione pubblica a un’altra, specialmente se comporta una retribuzione inferiore, solleva spesso la questione del diritto a un assegno ad personam per mantenere il precedente trattamento economico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33349 del 2024, offre chiarimenti cruciali su questo tema, sottolineando come le modalità del passaggio – in particolare la presenza di dimissioni volontarie – siano determinanti per stabilire la spettanza di tale beneficio.

I Fatti di Causa: Dalla Carriera Precedente alla Scuola

Il caso riguarda una dipendente pubblica che, dopo aver lavorato presso l’Amministrazione carceraria con la qualifica di ragioniere, vince un concorso pubblico e viene assunta a tempo indeterminato come assistente amministrativo presso un istituto scolastico, sotto il Ministero dell’Istruzione (MIUR, oggi MIM). Poiché la nuova retribuzione era inferiore a quella percepita in precedenza, la lavoratrice ha richiesto il riconoscimento di un assegno ad personam non riassorbibile per colmare la differenza e salvaguardare il suo trattamento economico.

L’Amministrazione scolastica ha respinto la richiesta e ha successivamente emesso un decreto di ricostruzione di carriera che non prevedeva tale assegno. La lavoratrice ha quindi adito le vie legali, ma sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello di Napoli hanno respinto la sua domanda principale.

L’Assegno ad personam: la decisione della Corte d’Appello

La Corte territoriale ha rigettato il gravame della dipendente sulla base di due argomenti principali. In primo luogo, ha evidenziato che la normativa invocata dalla lavoratrice prevedeva la riassorbibilità dell’assegno. In secondo luogo, e in modo decisivo, ha stabilito che la lavoratrice non aveva diritto all’assegno perché si era volontariamente dimessa dal precedente impiego per stipulare un nuovo contratto individuale di lavoro con il MIUR. Non si trattava, quindi, di un trasferimento o di una continuità di servizio, ma di una vera e propria interruzione del rapporto di lavoro precedente e l’instaurazione di uno nuovo.

Le Motivazioni della Suprema Corte: L’Inammissibilità del Ricorso

La lavoratrice ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione e falsa applicazione delle norme che regolano il passaggio tra amministrazioni e il diritto al mantenimento della retribuzione. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Distinzione tra Violazione di Legge e Riesame dei Fatti

Il punto centrale della decisione della Cassazione è la distinzione tra il vizio di “violazione di legge” e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti di causa. La Corte ha spiegato che il ricorso per cassazione può censurare solo l’errata interpretazione o applicazione di una norma di legge da parte del giudice di merito, ma non può rimettere in discussione l’accertamento dei fatti così come è stato compiuto nei gradi precedenti.

Nel caso di specie, la ricorrente, pur lamentando formalmente una violazione di legge, stava in realtà contestando la ricostruzione fattuale operata dalla Corte d’Appello, la quale aveva chiaramente stabilito che vi era stata una dimissione volontaria e, quindi, un’interruzione del rapporto di servizio.

L’interruzione del rapporto di lavoro

La Corte ha ribadito che la valutazione se la lavoratrice si fosse dimessa volontariamente o se fosse transitata senza soluzione di continuità è un accertamento di fatto riservato al giudice del merito. Poiché la Corte d’Appello aveva concluso per l’esistenza di dimissioni volontarie, questa conclusione non poteva essere riesaminata in sede di legittimità. Di conseguenza, venendo a mancare il presupposto della continuità del rapporto di lavoro, decadeva anche il diritto all’assegno ad personam volto a garantire la parità di trattamento retributivo.

Le Conclusioni: Quando non spetta l’Assegno ad personam

La sentenza n. 33349/2024 della Corte di Cassazione conferma un principio fondamentale nel pubblico impiego: il diritto a conservare il trattamento economico più favorevole tramite un assegno ad personam è strettamente legato alla continuità del rapporto di lavoro. Quando un dipendente si dimette volontariamente da un’amministrazione per accettare, a seguito di concorso, un nuovo incarico in un’altra, tale continuità si interrompe. Si instaura un nuovo rapporto di lavoro, regolato dalle condizioni economiche previste per la nuova posizione, senza che il lavoratore possa pretendere di “trasportare” la retribuzione più alta percepita in precedenza. La decisione sottolinea l’importanza di non confondere un legittimo passaggio di carriera con una scelta volontaria che determina la cessazione del rapporto precedente.

Un dipendente pubblico che si dimette volontariamente per accettare un nuovo incarico in un’altra amministrazione ha diritto a un assegno ad personam per mantenere la retribuzione precedente?
No, secondo la sentenza, le dimissioni volontarie interrompono la continuità del rapporto di lavoro. Pertanto, non si tratta di un passaggio di carriera che garantisce la conservazione del trattamento economico, ma di una nuova assunzione regolata dalle condizioni del nuovo contratto.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto che la ricorrente non stesse contestando un errore nell’applicazione della legge, ma stesse chiedendo un riesame dei fatti già accertati dalla Corte d’Appello (in particolare, il fatto che si fosse dimessa volontariamente). Questo tipo di valutazione è precluso alla Corte di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione delle norme (giudizio di legittimità) e non sui fatti (giudizio di merito).

Qual è la differenza fondamentale tra un passaggio tra amministrazioni e una nuova assunzione dopo le dimissioni?
Nel passaggio, il rapporto di lavoro prosegue senza interruzioni, consentendo potenzialmente la conservazione di alcuni diritti acquisiti, come l’anzianità e, in certi casi, il trattamento economico. Con le dimissioni seguite da una nuova assunzione, il rapporto precedente cessa definitivamente e ne viene instaurato uno completamente nuovo, che non ha alcun legame giuridico con il precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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