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Assegno ad personam: spetta anche dopo l’abrogazione?

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di due dipendenti pubblici a ricevere un assegno ad personam per compensare una riduzione dello stipendio base a seguito di una progressione verticale. La sentenza chiarisce che l’abrogazione di norme di legge simili, operata dalla Legge di Stabilità 2014, non annulla le specifiche previsioni dei contratti collettivi (CCNL), i quali conservano la loro efficacia in quanto basati su una diversa e autonoma ratio, volta a correggere le anomalie retributive del comparto.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad Personam nel Pubblico Impiego: la Cassazione Conferma il Diritto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20490 del 2025, ha messo un punto fermo su una questione di grande rilevanza per i dipendenti pubblici: la spettanza dell’assegno ad personam in caso di progressione verticale. La pronuncia stabilisce che tale diritto, se previsto dalla contrattazione collettiva, non viene meno a seguito dell’abrogazione di norme di legge che disciplinavano istituti simili. Si tratta di una decisione che tutela il principio di non peggioramento del trattamento economico e riafferma l’autonomia della contrattazione collettiva.

I Fatti del Caso: Una Progressione Verticale Svantaggiosa

Il caso ha origine dalla vicenda di due dipendenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, dopo aver superato un concorso per il passaggio dalla categoria B alla categoria A, si sono trovate di fronte a un paradosso: il nuovo stipendio tabellare era inferiore a quello precedentemente percepito. Per ovviare a questa incongruenza, le lavoratrici avevano richiesto il riconoscimento di un assegno ad personam, come previsto dall’art. 24 del loro Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).

L’amministrazione, tuttavia, ha negato tale diritto, sostenendo che la norma contrattuale fosse implicitamente superata dall’intervento della Legge di Stabilità del 2014 (L. n. 147/2013), la quale aveva abrogato alcune disposizioni di legge che prevedevano un analogo meccanismo di salvaguardia economica in caso di passaggi di carriera. La questione è così giunta fino alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e la validità dell’assegno ad personam

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’amministrazione, confermando la decisione della Corte d’Appello e dando piena ragione alle lavoratrici. Il fulcro della decisione risiede nella netta distinzione tra le fonti normative in gioco: la legge e la contrattazione collettiva.

La Distinzione Chiave: Legge vs. Contratto Collettivo

I giudici hanno chiarito che l’abrogazione disposta dalla Legge di Stabilità del 2014 riguardava esclusivamente specifiche norme di legge (in particolare, l’art. 202 del D.P.R. n. 3/1957), che avevano una portata generale e miravano a incentivare la mobilità nel pubblico impiego.

La norma del CCNL, invece, possiede una ratio diversa e più specifica: correggere una peculiare anomalia delle tabelle stipendiali di quel particolare comparto, dove i lavoratori nelle fasce più alte di una categoria inferiore percepivano uno stipendio maggiore rispetto a quelli nelle fasce iniziali della categoria superiore. L’assegno ad personam previsto dal contratto serviva quindi a incentivare la progressione di carriera, evitando che questa si traducesse in un’ingiusta penalizzazione economica.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come l’abrogazione legislativa non potesse estendere i suoi effetti a una disposizione di matrice contrattuale avente natura e finalità divergenti. La contrattazione collettiva, nel nuovo assetto del pubblico impiego contrattualizzato, gode di una riserva di competenza per la determinazione del trattamento retributivo. Pertanto, una norma di legge che abroga altre disposizioni di legge non può, in assenza di un’espressa previsione, rendere inefficaci le clausole di un contratto collettivo.

L’Autonomia della Contrattazione Collettiva

La sentenza riafferma un principio fondamentale: l’autonomia della contrattazione collettiva nel disciplinare gli aspetti economici e normativi del rapporto di lavoro pubblico. La legge abrogatrice non menzionava la contrattazione collettiva né ne prevedeva la disapplicazione. Di conseguenza, il divieto di reformatio in pejus (peggioramento del trattamento) previsto dall’art. 24 del CCNL è rimasto pienamente in vigore per i dipendenti di quel comparto.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, stabilisce che la progressione di carriera non deve tradursi in un danno economico per il lavoratore, se la contrattazione collettiva ha previsto specifici strumenti di tutela. In secondo luogo, rafforza il ruolo dei contratti collettivi come fonte normativa autonoma, capace di regolare aspetti del rapporto di lavoro anche in deroga o in aggiunta a quanto previsto dalla legge, nell’ambito delle materie ad essa demandate. Per i dipendenti pubblici, è una garanzia che i diritti acquisiti tramite la contrattazione non possono essere cancellati da interventi legislativi generici che non li menzionano esplicitamente.

Un dipendente pubblico ha diritto all’assegno ad personam se la progressione di carriera comporta uno stipendio base inferiore?
Sì, se previsto dalla contrattazione collettiva di settore. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale diritto, sancito dal CCNL, permane anche dopo l’abrogazione di norme di legge che prevedevano istituti simili, in quanto la fonte contrattuale ha una sua specifica e autonoma ratio.

La Legge di Stabilità del 2014 ha annullato tutti gli assegni ad personam nel pubblico impiego?
No. La legge n. 147/2013 ha abrogato specifiche disposizioni di legge (l’art. 202 del D.P.R. n. 3/1957 e l’art. 3, commi 57 e 58, della legge n. 537/1993), ma non ha intaccato le clausole dei contratti collettivi nazionali che prevedono l’assegno ad personam per finalità diverse, come quella di correggere le incongruenze delle tabelle stipendiali.

Qual è la differenza tra l’assegno previsto dalla legge abrogata e quello del CCNL in questo caso?
L’assegno previsto dalla legge abrogata era una norma di carattere generale per favorire la mobilità e i passaggi di carriera, vietando la reformatio in pejus del trattamento economico. L’assegno previsto dal CCNL del Comparto PCM, invece, ha la specifica finalità di rimediare a un’anomalia retributiva interna al comparto, incentivando i dipendenti a partecipare alle selezioni per l’area superiore senza subire un danno economico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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