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Assegno ad personam: spetta al personale richiamato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30419/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex militare della Croce Rossa che chiedeva il riconoscimento dell’assegno ad personam dopo il transito nel ruolo civile. La decisione si fonda su un precedente giudicato amministrativo che aveva già escluso la natura di lavoro subordinato del servizio prestato, e sulla corretta interpretazione della normativa, che riserva tale beneficio economico solo al personale in servizio continuativo e non a quello richiamato.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad Personam: la Cassazione fa chiarezza sulla tutela per il personale della Croce Rossa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema delicato dell’assegno ad personam per il personale militare della Croce Rossa Italiana transitato nei ruoli civili a seguito della privatizzazione dell’ente. La pronuncia chiarisce un punto fondamentale: tale tutela economica è riservata esclusivamente al personale in servizio continuativo con contratto a tempo indeterminato, escludendo i cosiddetti ‘richiamati’ o ‘riservisti’. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla domanda di un ex membro del corpo militare della Croce Rossa, il quale, dopo il passaggio all’Ente Strumentale della C.R.I. (ESaCRI), aveva richiesto il riconoscimento del diritto all’assegno riassorbibile previsto dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 178 del 2012. Oltre a ciò, chiedeva il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata come militare e il corretto inquadramento nel profilo amministrativo.

La Corte d’Appello di Milano, riformando la sentenza di primo grado, aveva respinto le richieste del lavoratore. Secondo i giudici di secondo grado, la normativa distingueva nettamente il personale in ‘servizio continuativo’ da quello ‘richiamato’ in servizio con atti di precetto militare. Questi ultimi, non avendo uno status di dipendente né un rapporto di lavoro subordinato, non potevano beneficiare dell’assegno ad personam. Inoltre, la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile la domanda sull’anzianità di servizio, poiché già oggetto di una precedente valutazione negativa da parte del giudice amministrativo.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

Il lavoratore ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione di diverse norme di legge. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per una serie di ragioni procedurali e di merito.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’esistenza di un ‘giudicato amministrativo’. In un precedente contenzioso, infatti, il TAR si era già pronunciato sulla natura del servizio prestato dal ricorrente, escludendo espressamente che potesse essere equiparato a un rapporto di lavoro subordinato. Tale decisione, essendo diventata definitiva, preclude ogni ulteriore esame della stessa questione in sede civile, in applicazione del principio del ne bis in idem. In parole semplici, lo stesso punto di diritto non può essere giudicato due volte.

L’interpretazione normativa sull’assegno ad personam

Anche volendo superare l’ostacolo del giudicato, la Cassazione ha ritenuto infondate le pretese del ricorrente. Analizzando il d.lgs. 178 del 2012, la Corte ha confermato l’interpretazione della Corte d’Appello. L’art. 5, comma 5, della norma riserva l’assegno ad personam unicamente al ‘personale del Corpo militare costituito dalle unità già in servizio continuativo per effetto di provvedimenti di assunzione a tempo indeterminato’.

I giudici hanno spiegato che questa locuzione identifica chiaramente i dipendenti con un rapporto di lavoro stabile e preesistente. Al contrario, i ‘riservisti’, richiamati in servizio tramite precetto militare, non rientrano in questa categoria. Il loro è un rapporto di natura pubblicistica e temporanea, non assimilabile al lavoro subordinato. Di conseguenza, non hanno diritto al meccanismo di salvaguardia retributiva previsto per il personale di ruolo.

La Corte ha inoltre chiarito che l’estensione prevista dall’art. 6 della stessa legge riguarda i passaggi del personale verso altre amministrazioni pubbliche tramite mobilità, e non il transito iniziale dall’assetto militare a quello civile all’interno della stessa struttura riorganizzata della Croce Rossa.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su due pilastri fondamentali. Il primo, di natura processuale, è l’effetto preclusivo del giudicato amministrativo. La Suprema Corte ha ribadito che l’esistenza di una decisione definitiva, anche se emessa da un’altra giurisdizione, su un punto di diritto fondamentale comune a due cause, impedisce al giudice successivo di riesaminare tale punto. Nel caso specifico, avendo il TAR già negato la natura subordinata del rapporto, il giudice del lavoro non poteva rimetterla in discussione per fondarvi il diritto all’assegno. Il secondo pilastro è l’interpretazione letterale e sistematica della normativa speciale (d.lgs. 178/2012). La scelta del legislatore di differenziare il trattamento tra personale ‘continuativo’ e ‘richiamato’ è stata ritenuta chiara e non superabile in via interpretativa. La norma intende proteggere la stabilità retributiva solo di coloro che già possedevano un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e non di chi svolgeva un servizio temporaneo di natura militare.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La sentenza consolida un principio importante: le tutele economiche previste nelle fasi di riorganizzazione e privatizzazione degli enti pubblici, come l’assegno ad personam, sono strettamente legate alla natura del rapporto preesistente. Non possono essere estese a categorie di personale, come i militari richiamati, il cui servizio non era configurabile come un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, soprattutto quando un giudice competente si è già espresso in tal senso con una decisione definitiva.

Il personale militare richiamato in servizio ha diritto all’assegno ad personam nel passaggio ai ruoli civili della Croce Rossa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’assegno ad personam, previsto dal d.lgs. 178/2012, è riservato esclusivamente al personale che si trovava in ‘servizio continuativo’ sulla base di un’assunzione a tempo indeterminato, e non si applica al personale ‘richiamato’ o ‘riservista’.

Una decisione del giudice amministrativo può impedire un successivo giudizio davanti al giudice del lavoro?
Sì. Se il giudice amministrativo ha emesso una sentenza definitiva (giudicato) su un punto fondamentale per entrambe le cause, come la natura di un rapporto di servizio, il giudice del lavoro non può riesaminare quella stessa questione, in virtù del principio del ‘ne bis in idem’ (non due volte per la stessa cosa).

Qual è la differenza fondamentale tra personale ‘continuativo’ e ‘richiamato’ ai fini di questa sentenza?
Il personale ‘continuativo’ è quello assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, instaurando un rapporto di lavoro subordinato e stabile. Il personale ‘richiamato’, invece, presta servizio temporaneamente a seguito di un atto di precetto di natura militare, senza che si configuri un rapporto di lavoro subordinato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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