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Assegno ad personam: quali voci include? La Cassazione

Un dipendente pubblico, trasferito da una società partecipata a un Ministero, si è visto riconoscere il diritto a includere nel proprio assegno ad personam anche le indennità di funzione, rischio e produzione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21126/2024, ha respinto il ricorso del Ministero, stabilendo che, ai fini della tutela della retribuzione, conta la natura fissa e continuativa dell’emolumento, non la sua classificazione formale nel contratto collettivo. Il principio di non riducibilità della retribuzione prevale, garantendo al lavoratore la conservazione del trattamento economico goduto prima del trasferimento.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam: cosa comprende nella mobilità pubblica?

La mobilità nel settore pubblico, specialmente quando comporta il passaggio da una società partecipata a un’amministrazione statale, solleva spesso questioni complesse sulla retribuzione. Un punto cruciale è la composizione dell’assegno ad personam, lo strumento pensato per garantire che nessun dipendente subisca una perdita economica. Con l’ordinanza n. 21126 del 29 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: la natura sostanziale di un emolumento, ovvero la sua erogazione fissa e continuativa, prevale sulla sua classificazione formale come ‘variabile’.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un ex dipendente di una società a partecipazione pubblica, transitato nei ruoli di un Ministero in seguito a una specifica normativa. Il lavoratore ha richiesto in tribunale il riconoscimento del diritto a includere nel suo assegno ad personam alcune voci retributive che percepiva presso l’ente di provenienza: l’indennità di funzione, il premio di produzione e l’indennità di rischio.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al dipendente, accertando che tali emolumenti, sebbene etichettati come variabili, venivano di fatto corrisposti in modo fisso e continuativo. La Corte territoriale ha inoltre constatato che le mansioni del lavoratore erano rimaste immutate anche dopo il trasferimento, rendendo ingiustificata la decurtazione del suo stipendio.

Il Ministero, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che tali voci rientrassero nella retribuzione variabile, legata a specifici risultati, e che quindi non dovessero confluire nell’assegno personale, destinato a proteggere solo la parte fissa dello stipendio.

L’analisi della Corte di Cassazione sull’assegno ad personam

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso del Ministero, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Gli Ermellini hanno smontato le argomentazioni ministeriali punto per punto.

La Prevalenza della Sostanza sulla Forma

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra trattamento fondamentale e accessorio. La normativa sul trasferimento (art. 36 del d.l. 98/2011) garantisce la conservazione del trattamento economico ‘fisso e continuativo’. Il Ministero sosteneva che le indennità in questione fossero ‘variabili’ per definizione contrattuale.

La Cassazione ha chiarito che la classificazione formale presente nel contratto collettivo non è dirimente. Ciò che conta è l’accertamento in concreto della natura della voce retributiva. Se un’indennità, pur definita variabile, viene corrisposta regolarmente e senza essere legata al raggiungimento di specifici obiettivi occasionali, essa assume carattere di fissità e continuità. In questi casi, deve essere inclusa nell’assegno ad personam per rispettare il principio di irriducibilità della retribuzione.

L’Onere della Prova e la Valutazione del Giudice di Merito

Il Ministero aveva anche criticato la sentenza d’appello per aver ritenuto provata l’identità delle mansioni pre e post trasferimento. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove è compito del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva esaminato la documentazione (gli ordini di servizio) e concluso che le mansioni non erano cambiate. Un tale accertamento di fatto non può essere messo in discussione in sede di legittimità se non per vizi specifici che nel caso di specie non sussistevano.

La Norma Speciale Regola il Trasferimento

Infine, la Suprema Corte ha specificato che il diritto del lavoratore non deriva dall’applicazione generale delle norme sul trasferimento d’azienda (art. 2112 c.c.), ma dalla legge speciale che ha disciplinato quel specifico passaggio di personale. Tale legge ha espressamente previsto il divieto di reformatio in peius e l’istituzione di un assegno personale riassorbibile, proprio per bilanciare la tutela del lavoratore con la futura parità di trattamento all’interno dell’amministrazione di destinazione.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sul principio fondamentale della tutela del lavoratore contro la riduzione della retribuzione. L’istituzione dell’assegno personale riassorbibile ha una duplice finalità: da un lato, proteggere nell’immediato il livello retributivo del dipendente trasferito (reformatio in peius); dall’altro, garantire nel tempo la parità di trattamento con gli altri dipendenti dell’ente di destinazione, attraverso il meccanismo del riassorbimento con i futuri aumenti. Escludere da questo calcolo le voci retributive percepite in modo continuativo, solo perché formalmente definite ‘variabili’, svuoterebbe di significato questa garanzia. La Corte ha quindi affermato che la distinzione tra retribuzione fissa e variabile non può essere usata per eludere il principio di irriducibilità quando, nei fatti, le componenti ‘variabili’ sono certe e costanti.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza n. 21126/2024 rafforza un principio di giustizia sostanziale: nella determinazione dell’assegno ad personam a seguito di mobilità, è la realtà effettiva del rapporto di lavoro a prevalere sulle etichette formali. I dipendenti pubblici coinvolti in processi di trasferimento possono quindi contare su una tutela robusta del proprio trattamento economico, che deve includere tutte le componenti fisse e continuative della loro retribuzione, a prescindere dalla loro denominazione contrattuale.

Quando un’indennità formalmente ‘variabile’ deve essere inclusa nell’assegno ad personam?
Secondo la Corte di Cassazione, un’indennità deve essere inclusa quando, al di là della sua classificazione nel contratto collettivo, viene di fatto corrisposta in modo fisso e continuativo, non essendo legata a specifiche modalità della prestazione o al raggiungimento di determinati obiettivi occasionali. Ciò che conta è la sua certezza e costanza nell’erogazione.

A chi spetta dimostrare che le mansioni sono cambiate dopo un trasferimento di personale?
La sentenza chiarisce che la valutazione sull’identità delle mansioni è un accertamento di fatto demandato al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Se il lavoratore produce elementi a sostegno dell’invarianza delle sue mansioni (come in questo caso gli ordini di servizio), spetta all’amministrazione datrice di lavoro provare il contrario. La Cassazione non può riesaminare tale valutazione se non per vizi procedurali specifici.

Perché il passaggio di personale da una società pubblica a un Ministero segue regole speciali?
Il diritto del lavoratore alla conservazione del trattamento economico non si fonda sulle norme generali sul trasferimento d’azienda (art. 2112 c.c.), ma sulla disposizione speciale (in questo caso l’art. 36 del d.l. n. 98/2011) che ha specificamente disciplinato quel passaggio. Questa legge speciale prevale su quella generale e ha previsto espressamente il divieto di riduzione dello stipendio e l’attribuzione di un assegno personale riassorbibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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