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Assegno ad personam: no per il personale riservista

Un ex militare riservista, transitato nei ruoli civili di un nuovo ente a seguito di una riorganizzazione, ha richiesto il mantenimento del suo precedente e più elevato trattamento retributivo tramite un assegno ad personam. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su tre punti chiave: l’esistenza di un precedente giudicato amministrativo che aveva già definito la natura non subordinata del servizio del riservista; la corretta interpretazione della normativa di settore che riserva l’assegno al solo personale in servizio continuativo; e vizi procedurali nel ricorso. La Corte ha quindi confermato la legittimità del diverso trattamento economico.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam: la Cassazione distingue tra riservisti e personale continuativo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha affrontato il tema del diritto all’assegno ad personam per il personale militare transitato nei ruoli civili a seguito di una riorganizzazione. La Corte ha stabilito un principio importante: il trattamento economico non è uguale per tutti e la distinzione tra personale in servizio continuativo e personale ‘riservista’ è legittima e decisiva per negare a questi ultimi il mantenimento della retribuzione precedentemente goduta.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un ex membro del corpo militare di un’importante associazione nazionale, inquadrato come ‘riservista’ e richiamato in servizio temporaneo in più occasioni. A seguito di un’ampia riforma normativa, l’ente di appartenenza è stato riorganizzato e posto in liquidazione, con il trasferimento delle funzioni a un nuovo soggetto giuridico. In questo contesto, il lavoratore è transitato nei ruoli civili del nuovo ente, subendo però una decurtazione del trattamento economico rispetto a quello percepito durante il servizio militare.

Sentendosi discriminato, l’interessato ha avviato un’azione legale per ottenere il riconoscimento del diritto al mantenimento del livello retributivo precedente, attraverso la concessione di un assegno ad personam riassorbibile, pari alla differenza economica.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la sua domanda, la Corte d’Appello ha riformato la decisione, respingendo le pretese del lavoratore. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: l’assegno ad personam non spetta ai riservisti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo una chiara interpretazione della normativa applicabile.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si basa su tre pilastri fondamentali.

1. L’effetto del Giudicato Amministrativo: Il punto più rilevante è l’esistenza di una precedente sentenza, passata in giudicato, emessa da un giudice amministrativo. In quel giudizio, promosso dallo stesso lavoratore, era già stato accertato che il suo rapporto di servizio come ‘riservista’ non poteva essere equiparato a un rapporto di lavoro subordinato. Secondo la Cassazione, questa decisione, anche se presa in un’altra giurisdizione, è vincolante (effetto del ‘giudicato esterno’) e preclude un nuovo esame della natura del rapporto, che è un presupposto fondamentale per la richiesta economica.

2. L’Interpretazione Letterale della Normativa: La Corte ha analizzato in dettaglio il decreto legislativo che ha disciplinato il riordino dell’ente (D.lgs. n. 178/2012). La legge prevede esplicitamente l’assegno ad personam unicamente per il ‘personale del Corpo militare costituito dalle unità già in servizio continuativo per effetto di provvedimenti di assunzione a tempo indeterminato’. La norma, quindi, opera una chiara e voluta distinzione, escludendo dal beneficio i ‘riservisti’, il cui servizio era per natura temporaneo e non a tempo indeterminato.

3. Inammissibilità per Vizi Formali: Infine, il ricorso è stato giudicato inammissibile anche per ragioni tecniche, in quanto i motivi di impugnazione erano esposti in modo confuso e unitario, mescolando vizi di diversa natura e rendendo difficile per la Corte individuare le singole censure in modo specifico.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto cruciale per tutto il personale coinvolto in processi di transizione da ruoli militari a civili. La qualifica originaria (servizio continuativo vs. servizio da riservista) è determinante per il trattamento economico futuro. Il legislatore ha legittimamente differenziato le due categorie, riservando la tutela del mantenimento dello stipendio solo a coloro che avevano un rapporto di lavoro stabile e a tempo indeterminato. Inoltre, la pronuncia ribadisce la forza vincolante del giudicato, che impedisce di rimettere in discussione in sede civile questioni già decise in via definitiva dal giudice amministrativo, garantendo così la certezza del diritto.

Un militare ‘riservista’ che passa a un ruolo civile ha diritto a mantenere lo stipendio precedente tramite un assegno ad personam?
No. Secondo la sentenza, la normativa specifica (D.lgs. 178/2012) riserva questo beneficio esclusivamente al personale in ‘servizio continuativo’ assunto a tempo indeterminato, escludendo quindi i riservisti il cui servizio è di natura temporanea.

Una precedente sentenza di un tribunale amministrativo può impedire una nuova causa davanti al giudice del lavoro?
Sì. Se il tribunale amministrativo ha già emesso una decisione definitiva (giudicato) su un punto fondamentale comune a entrambe le cause (come la natura del rapporto di servizio), quella decisione è vincolante e non può essere riesaminata dal giudice del lavoro nel successivo processo.

Qual è la differenza di trattamento tra personale in servizio continuativo e ‘riservisti’ nel riordino esaminato dalla sentenza?
La differenza fondamentale è economica. Al personale in servizio continuativo che transitava nei ruoli civili era garantito il mantenimento del precedente livello retributivo tramite un assegno ad personam. Ai riservisti, invece, questa garanzia non è stata riconosciuta, con la conseguenza di un inquadramento economico basato esclusivamente sulle nuove tabelle civili, potenzialmente inferiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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