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Assegno ad personam: la retribuzione va garantita

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20958/2024, ha stabilito che l’assegno ad personam spettante a un dipendente pubblico trasferito deve includere tutte le componenti retributive fisse e continuative, anche se contrattualmente definite come “variabili”. Il caso riguardava una dipendente passata da una società a partecipazione pubblica a un Ministero, la quale si era vista decurtare l’assegno di alcune indennità. La Corte ha chiarito che la natura di un emolumento non dipende dalla sua classificazione formale, ma dalla sua effettiva modalità di erogazione. Se una voce è corrisposta stabilmente, non legata al raggiungimento di specifici obiettivi, deve essere considerata parte del trattamento economico da salvaguardare per evitare una riduzione dello stipendio.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam: la Cassazione tutela lo stipendio del dipendente trasferito

Quando un dipendente pubblico viene trasferito da un ente a un altro, la sua retribuzione è al sicuro? La questione è cruciale e riguarda il corretto calcolo dell’assegno ad personam, uno strumento pensato per garantire che nessuno subisca una perdita economica a causa di una mobilità imposta dalla legge. Con la recente ordinanza n. 20958 del 26 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per determinare cosa rientra in questo assegno, non bisogna fermarsi all’etichetta formale delle voci di stipendio, ma guardare alla loro sostanza.

Il Contesto: Trasferimento di Personale e Trattamento Economico

Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di una dipendente, transitata da una società a partecipazione statale ai ruoli di un Ministero. In seguito al trasferimento, la lavoratrice si è vista negare l’inclusione, nel suo assegno personale, di alcune indennità percepite in precedenza, come il premio di produzione e l’indennità di rischio. L’amministrazione sosteneva che tali emolumenti, essendo classificati come “retribuzione variabile” dal contratto collettivo di provenienza, non potessero rientrare nelle “voci fisse e continuative” tutelate dalla legge sul trasferimento del personale.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla lavoratrice, riconoscendo il suo diritto a conservare un trattamento economico complessivo non inferiore a quello precedente. Il Ministero, non accettando la decisione, ha portato la questione davanti alla Corte di Cassazione.

La Posizione della Suprema Corte sull’Assegno ad Personam

La Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero, confermando le sentenze dei gradi precedenti. Il punto centrale della decisione è la distinzione tra trattamento fondamentale e accessorio. La normativa sul pubblico impiego (art. 45 del D.Lgs. 165/2001) mira a garantire la conservazione delle voci retributive che, per loro natura, sono stabili e non occasionali.

Secondo la Corte, la semplice classificazione di una voce come “variabile” nel contratto collettivo di origine non è sufficiente a escluderla dal calcolo dell’assegno ad personam. È necessario un accertamento sostanziale: se un emolumento è erogato in modo fisso e continuativo, non perché legato al raggiungimento di obiettivi specifici e occasionali, ma perché connesso al profilo professionale del dipendente e alle peculiarità dell’amministrazione di provenienza, allora deve essere considerato parte integrante della retribuzione da salvaguardare.

La Tutela dell’assegno ad personam e il Principio di Irriducibilità

La decisione si fonda sul principio di irriducibilità della retribuzione, che vieta la cosiddetta reformatio in peius del trattamento economico del lavoratore. L’assegno ad personam serve proprio a questo: a colmare la differenza tra il vecchio e il nuovo stipendio, garantendo che il dipendente non venga penalizzato economicamente dal trasferimento.

Escludere da questo calcolo delle voci che, di fatto, venivano percepite stabilmente, tradirebbe lo scopo della norma. La garanzia opera quando la voce retributiva è “certa nell’an e nel quantum”, cioè sicura sia nella sua esistenza che nel suo ammontare, a prescindere dal nome che le viene dato.

le motivazioni

La Corte ha specificato che la distinzione tra retribuzione “fissa” e “variabile” nel CCNL di provenienza non è dirimente. L’analisi deve andare oltre il dato formale e concentrarsi sulla reale natura dell’emolumento. I giudici di merito avevano correttamente accertato che, nel caso di specie, il premio di produzione e l’indennità di rischio avevano carattere fisso e continuativo, essendo corrisposti regolarmente e non in base a risultati variabili. Pertanto, la loro esclusione dall’assegno personale era illegittima. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso del Ministero, che contestava la mancata prova dell’identità delle mansioni svolte prima e dopo il trasferimento, ritenendola una censura sull’accertamento dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale a tutela dei lavoratori pubblici coinvolti in processi di mobilità. Il messaggio è chiaro: la protezione del trattamento economico è un diritto sostanziale che non può essere aggirato da classificazioni puramente formali. Per stabilire cosa rientra nell’assegno ad personam, conta la realtà dei fatti: se una componente dello stipendio è percepita in modo stabile e continuativo, deve essere preservata. La decisione rappresenta un importante punto di riferimento per tutti i dipendenti pubblici, assicurando che i processi di riorganizzazione della Pubblica Amministrazione non si traducano in una penalizzazione economica ingiustificata.

Quali voci dello stipendio devono essere conservate nell’assegno ad personam in caso di trasferimento di un dipendente pubblico?
Devono essere conservate tutte le componenti retributive che, al di là della loro denominazione formale, sono corrisposte in modo fisso e continuativo e non sono legate a specifiche e occasionali modalità della prestazione o al raggiungimento di determinati risultati.

Una voce di stipendio definita “variabile” può essere inclusa nell’assegno ad personam?
Sì. Secondo la Corte, la classificazione contrattuale non è decisiva. Se un emolumento, anche se definito “variabile”, viene di fatto erogato in modo stabile e continuativo, deve essere incluso nel calcolo dell’assegno personale per garantire l’irriducibilità della retribuzione complessiva.

Cosa succede se il nuovo trattamento economico è inferiore a quello precedente?
La legge prevede l’attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile per coprire la differenza. Questo assegno ha lo scopo di evitare che il dipendente subisca una diminuzione dello stipendio (reformatio in peius) a causa del trasferimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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