Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20958 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20958 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14815-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliata ope legis in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC de ll’avvocato NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1121/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/03/2021 R.G.N. 2423/2019;
Oggetto
Impiego pubblico
Mobilità da
RAGIONE_SOCIALE a
RAGIONE_SOCIALE
Assegno personale
R.G.N.14815/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto parzialmente il ricorso di NOME COGNOME, dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE transitata nei ruoli del RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 36 del d.l. n. 98/2011 e dell’art. 11, comma 5, del d.l. 216/2011, e dichiarato il diritto della stessa a percepire dal 1° gennaio 2013 l’assegno ad personam comprensivo del premio di produzione e dell’indenn ità di rischio, condannando il RAGIONE_SOCIALE a restituire le somme trattenute a tale titolo da ottobre a dicembre 2012; 2. la Corte distrettuale ha richiamato ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. altre pronunce della medesima Corte che, nel rigettare analoghi appelli proposti dal RAGIONE_SOCIALE, avevano riconosciuto il diritto del personale coinvolto nella procedura di trasferimento di attività a conservare tutte le indennità godute in modo fisso e continuativo, non connesse a specifiche modalità della prestazione, a prescindere dalla loro riconducibilità al trattamento accessorio anziché a quello fondamentale; ha aggiunto che il RAGIONE_SOCIALE appellante non aveva tenuto conto nella sentenza gravata ed ha condiviso le conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale quanto al carattere fisso e continuativo degli emolumenti in discussione che «non erano affatto variabili
della disciplina collettiva espressamente richiamata o dipendenti dal raggiungimento di determinati risultati»;
infine la Corte territoriale ha accertato che le mansioni dell’appellata erano rimaste immutate anche all’esito del
trasferimento sicché non vi era ragione alcuna che giustificasse la mancata inclusione nell’assegno personale degli emolumenti riconosciuti all’appellato dalla società di provenienza;
per la cassazione della sentenza il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese NOME COGNOME con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo il RAGIONE_SOCIALE denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 36 del d.l. n. 98/2011, convertito dalla l. n. 11/2011, dell’art. 4, comma 3, del d.m. n. 341/2012, del RAGIONE_SOCIALE e addebita, in sintesi, alla Corte distrettuale di avere violato l’art. 77 del CCNL 2002/2005 che è chiaro nell’includere il premio di produzione e l’indennità di rischio fra le componenti della retribuzione variabile, non legate alla prestazione in sé bensì connesse a particolari modalità della stessa o al raggiungimento di determinati obiettivi;
sostiene che il legislatore nel disciplinare gli effetti sul personale del trasferimento di attività ha inteso limitare la garanzia di conservazione del trattamento economico goduto alle sole voci della retribuzione fissa, non potendo quella variabile essere connotata da fissità e continuità;
la seconda critica deduce, sempre ai sensi dell’art. 360 n . 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e censura il capo della sentenza che ha ritenuto provata la circostanza della identità RAGIONE_SOCIALE mansioni;
il ricorrente assume che la COGNOME, pur svolgendo presso il RAGIONE_SOCIALE funzioni analoghe a quelle assegnate nell’ente di
provenienza, era entrata a far parte di una realtà organizzativa diversa, sicché era onerata dal dimostrare che la prestazione era stata svolta sempre con le medesime modalità;
3. il primo motivo di ricorso è infondato perché la sentenza impugnata è conforme all’orientamento già espresso in plurime decisioni di questa Corte (cfr. Cass. nn. 22829, 22626, 22546, 22517, 22405, 22362, 19431 del 2023; Cass. nn. 35690, 32441, 28082, 23057 del 2021) con le quali si è osservato che l’art. 36, comma 5, del d.l. n. 98/2011 (secondo cui, per quel che qui rileva, Al personale trasferito si applica la disciplina dei contratti collettivi nazionali relativi al comparto Ministeri e dell’Area I della dirigenza. Il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento, nonché l’inquadramento previdenziale. Nel caso in cui il predetto trattamento economico risulti più elevato rispetto a quello previsto è attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti ) richiama una distinzione tipica dell’impiego pub blico contrattualizzato (art. 45 d.lgs. n. 165/2001), nel cui ambito il trattamento fondamentale è quello diretto a retribuire la prestazione «base» del dipendente, ossia la prestazione corrispondente all’orario ordinario di lavoro e alla professionalità media della qualifica rivestita, mentre quello accessorio si pone in nesso di corrispettività con la performance individuale, con quella organizzativa e con lo svolgimento di attività «particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute» ( art. 45 comma 3 del d.lgs. n. 165/2001 nel testo applicabile ratione temporis );
la distinzione fra le componenti non riposa, dunque, sui requisiti di fissità e continuità in quanto gli stessi, connaturati al trattamento fondamentale, possono ricorrere anche per quelle voci del trattamento accessorio correlate, non al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’amministrazione di appartenenza e che, in quanto tali, entrano stabilmente a far parte del complessivo trattamento retributivo;
ne discende che in tutte quelle fattispecie nelle quali venga in rilievo il principio della irriducibilità della retribuzione non è sufficiente per escludere l’operatività della garanzia che l’emolumento esuli dal trattamento fondamentale, essendo, invece, necessario accertare se la voce retributiva, per il dipendente che invochi il divieto di reformatio in peius, sia certa nell’ an e nel quantum;
l’art. 77 del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2002/2005 nell’individuare la struttura della retribuzione fa riferimento alla «retribuzione fissa» ed alla «retribuzione variabile», ossia ad una distinzione che, seppure diversamente denominata, evoca quella fra trattamento fondamentale e accessorio richiamata dal legislatore, sicché non è sufficiente la classificazione per escludere la computabilità dell a singola voce nell’assegno personale, ma occorre, da un lato, esaminare la normativa contrattuale, dall’altro valutare la posizione del dipendente che rivendica una diversa quantificazione dell’assegno personale, per accertare se il singolo emolumento in discussione, al di là della sua inclusione, non dirimente, fra le componenti della «retribuzione fissa» o della «retribuzione variabile», fosse fisso e continuativo in relazione alla posizione ricoperta nell’organizzazione dell’ente; 3.1. muovendo da detta premessa le pronunce citate hanno ritenuto corrette le decisioni dei giudici di merito che, in
fattispecie esattamente sovrapponibili a quella oggetto di causa, avevano affermato il carattere fisso e continuativo, secondo la contrattazione collettiva applicabile al personale di RAGIONE_SOCIALE, del premio di produzione, dell’indennità di rischio e dell’ indennità di funzione, ed avevano accertato che gli emolumenti in parola erano stati in effetti corrisposti al dipendente con la continuità richiesta dal citato art. 36 del d.l. n. 98/2011;
va evidenziato al riguardo che Cass. 22362/2023 e Cass. n. 19431/2023 hanno confermato le pronunce della Corte d’appello di Roma alle quali la sentenza qui impugnata ha rinviato ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. sicché non si ravvisano ragioni che possano indurre a rimeditare l’orientamento già espresso, in quanto le considerazioni svolte dal RAGIONE_SOCIALE nel ricorso principale sono state già apprezzate e ritenute infondate ( con la sola eccezione della polizza sanitaria che non viene in discussione in questa sede), dai plurimi precedenti sopra citati, con i quali si è anche esclusa la denunciata violazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 165/2001;
infatti, nei casi di passaggio di personale, la previsione dell’assegno riassorbibile non contrasta con il principio secondo cui, all’esito dell’immissione nei ruoli dell’ente di destinazione, il trattamento giuridico ed economico è quello previsto per il personale dell’amministrazione cessionaria, atteso che, da un lato, è proprio detta applicazione che rende necessaria l’attribuzione dell’assegno medesimo, finalizzata ad escludere la reformatio in peius del trattamento retributivo, dall’altro attraverso la previsione della riassorbibilità del maggiore compenso si ristabilisce, seppure nel tempo, la totale parità di trattamento con i dipendenti già in servizio presso l’ente di destinazione;
4. il secondo motivo è inammissibile perché nella sostanza, al di là della formulazione della rubrica, censura l’accertamento di merito effettuato dalla Corte territoriale la quale, sia pure valorizzando, attraverso il rinvio ad altri precedenti della stessa Corte, il d.m. 341/2012, nella parte in cui prevede che il personale dell’IVCA ‘prosegue la propria attività presso le attuali sedi di servizio continuando a svolgere i compiti attribuiti’ , ha ritenuto provata l’identità RAGIONE_SOCIALE mansioni;
la giurisprudenza di questa Corte è consolidata (cfr. fra le tante più recenti Cass. n. 8740/2024 e Cass. n. 8677/2024) nell’affermare che la violazione dell’art. 2697 cod. civ., può assumere rilievo come motivo di denuncia ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. solo qualora il giudice del merito, a fronte di un quadro probatorio incerto, abbia fondato la soluzione della controversia sul principio actore non probante reus absolvitur ed abbia errato nella qualificazione del fatto, ritenendolo costitutivo della pretesa mentre, in realtà, lo stesso doveva essere qualificato impeditivo;
i n tale evenienza, infatti, l’errore condiziona la decisione, poiché fa ricadere le conseguenze pregiudizievoli dell’incertezza probatoria su una parte diversa da quella che era tenuta, secondo lo schema logico regola-eccezione, a provare il fatto incerto;
diverso è il caso che si verifica allorquando il giudice, valutate le risultanze istruttorie, ritenga provata o non provata una determinata circostanza di fatto rilevante ai fini di causa perché in detta ipotesi la doglianza sulla valutazione espressa, in qua nto estranea all’interpretazione della norma, va ricondotta al vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e, quindi, può essere apprezzata solo nei limiti fissati dalla disposizione, nel testo applicabile ratione temporis e come interpretata dalla
costante giurisprudenza di questa Corte che, a partire da Cass. S.U. n. 8053/2014, ha escluso ogni rilevanza dell’omesso o dell’errato esame di documenti o di risultanze probatorie ove il ‘fatto storico’ sia stato comunque apprezzato e valutato dal giudice del merito;
in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo;
non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 200,00 per esborsi ed in euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, il 20 giugno 2024
La Presidente NOME COGNOME