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Assegno ad personam: la polizza sanitaria è inclusa?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17429/2025, ha stabilito che la polizza sanitaria integrativa non rientra nel calcolo dell’assegno ad personam in caso di trasferimento di dipendenti pubblici. Se la nuova amministrazione offre un beneficio analogo, mantenere anche il valore della polizza precedente costituirebbe una duplicazione ingiustificata, andando oltre lo scopo dell’assegno ad personam, che è quello di evitare un peggioramento economico e non di cristallizzare ogni singola voce retributiva.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad Personam e Polizza Sanitaria: La Cassazione Fa Chiarezza

Nel complesso mondo del pubblico impiego, il trasferimento di personale tra diverse amministrazioni solleva spesso questioni delicate sulla continuità del trattamento economico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande interesse: se la polizza sanitaria integrativa debba essere inclusa nel calcolo dell’assegno ad personam, lo strumento pensato per salvaguardare la retribuzione del dipendente. La risposta della Corte fornisce un criterio interpretativo fondamentale per distinguere tra diritti acquisiti e benefici funzionali.

I Fatti del Caso: Il Trasferimento e la Controversia sulla Retribuzione

La vicenda ha origine dal trasferimento di due dipendenti da una società pubblica che gestisce infrastrutture a un Ministero. Presso l’ente di provenienza, i lavoratori beneficiavano, tra le altre cose, di una polizza di assistenza sanitaria integrativa. A seguito del passaggio alla nuova amministrazione, i dipendenti hanno visto decurtarsi alcuni importi, tra cui il valore economico di tale polizza, e hanno agito in giudizio per ottenerne il ripristino.

La loro richiesta si basava sull’idea che il valore della polizza sanitaria fosse un emolumento di natura retributiva, fisso e continuativo e che, come tale, dovesse concorrere a formare il “livello complessivo della retribuzione” da mantenere invariato tramite l’assegno ad personam.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori. In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto che la polizza sanitaria avesse natura retributiva, basandosi su un accordo sindacale che aveva destinato una parte della quota di stipendio, prevista per il recupero dell’inflazione, proprio a finanziare l’assistenza sanitaria. Di conseguenza, secondo i giudici di merito, questo beneficio doveva essere monetizzato e confluire nell’assegno personale riassorbibile.

Le Motivazioni della Cassazione e l’Interpretazione dell’Assegno ad Personam

Ribaltando le decisioni precedenti, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero. Il ragionamento dei giudici supremi si fonda su un’interpretazione funzionale dell’assegno ad personam e dei benefici accessori. La Corte ha chiarito che lo scopo di tale assegno è evitare un peggioramento del trattamento economico complessivo del dipendente (reformatio in peius), non quello di cristallizzare ogni singola voce retributiva del precedente rapporto di lavoro.

Il punto cruciale della motivazione risiede nel fatto che, con il trasferimento al Ministero, i dipendenti hanno acquisito il diritto a un beneficio analogo attraverso la “Cassa di Previdenza e Assistenza dipendente ministeriale”. La funzione di tutela sanitaria, prima assolta dalla polizza dell’ente di provenienza, viene ora svolta dal nuovo sistema di welfare. Di conseguenza, il versamento del premio per la vecchia polizza perde la sua ragion d’essere. Riconoscere ai lavoratori anche il valore economico del precedente beneficio, mentre già godono di una nuova e diversa copertura, trascenderebbe la funzione dell’assegno ad personam, trasformandolo in uno strumento per ottenere un’indebita duplicazione di tutele.

Le Conclusioni: Implicazioni per i Dipendenti Pubblici

La decisione della Cassazione stabilisce un principio di grande importanza pratica. I benefici accessori, come le polizze sanitarie, non sono automaticamente convertiti in denaro e inseriti nell’assegno ad personam se la loro funzione viene assorbita da un analogo strumento di welfare presso l’amministrazione di destinazione. La valutazione non deve essere atomistica, guardando a ogni singola voce, ma complessiva e funzionale. L’obiettivo è garantire la parità di trattamento economico globale, non la perfetta sovrapponibilità di ogni singolo elemento retributivo o benefit. Questa pronuncia offre quindi un criterio guida per gestire correttamente le transizioni di personale nel settore pubblico, bilanciando la tutela dei diritti dei lavoratori con la logica e la coerenza del sistema retributivo.

La polizza sanitaria integrativa di cui gode un dipendente deve essere sempre considerata parte della retribuzione fissa ai fini dell’assegno ad personam in caso di trasferimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se il dipendente, una volta trasferito presso la nuova amministrazione, gode di un beneficio analogo (come una cassa di assistenza ministeriale), la funzione della vecchia polizza è assorbita. Pertanto, il versamento del relativo premio non è più dovuto e non rientra nell’assegno ad personam, per evitare una duplicazione del beneficio.

Qual è lo scopo principale dell’assegno ad personam secondo la sentenza?
Lo scopo dell’assegno ad personam è quello di evitare un peggioramento del trattamento economico complessivo del lavoratore a causa del trasferimento (reformatio in peius). Non ha lo scopo di garantire il mantenimento di ogni singola voce retributiva o benefit, ma di preservare il valore economico generale della retribuzione.

Cosa succede al pagamento di un premio assicurativo se la polizza a cui si riferisce cessa di esistere per il dipendente?
Secondo la Corte, il pagamento del premio è logicamente condizionato alla vigenza della polizza. Con la cessazione del rapporto di lavoro precedente e il venir meno di quella specifica copertura assicurativa, cessa anche la ragione d’essere del versamento del premio da parte del datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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