Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 7032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 7032  Anno 2025
Presidente: TRICOMI IRENE
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
1. il Tribunale di Roma ha rigettato le domande proposte da NOME COGNOME e  NOME  COGNOME ,  volte  ad  ottenere  l’accertamento  del  loro  diritto  alla corresponsione dell’assegno ad personam di cui all’art. 24, comma 3, del CCNL del  RAGIONE_SOCIALE  PCM  del  17.5.2004  con  decorrenza  dal  25.2.2015,  nonché  la condanna della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle somme corrispondenti;
le ricorrenti, dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, avevano superato  un  concorso  per  il  passaggio  dalla  categoria  B  alla  categoria  A, parametro  F1,  ed  avevano  chiesto  il  pagamento  della  differenza  tra  quanto percepito nella categoria B, parametro F8 per la COGNOME e F7 per la COGNOME, ed il nuovo inferiore stipendio tabellare;
tale assegno era inizialmente previsto nei contratti stipulati nel 2010, risolti per effetto della vittoriosa impugnativa della graduatoria di concorso da parte di altri  lavoratori,  mentre  non  figurava  nei  nuovi  contratti  stipulati  dopo  la riformulazione della graduatoria in ottemperanza al dettato giudiziale, in quanto la RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto che tale assegno  fosse incompatibile con l’abrogazione, medio tempore, de l l’art. 3, comma 57, della legge n. 537/1993;
2. la Corte di Appello di Roma, in accoglimento del gravame proposto avverso tale sentenza da NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha dichiarato il loro diritto alla corresponsione, dal 25.2.2015 fino ad intervenuto riassorbimento, dell’assegno personale riassorbibile di cui all’art. 24, comma 3, del CCNL del RAGIONE_SOCIALE PCM del 17.5.2004 ed ha condannato la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE al pagamento degli importi dovuti alle medesime a tale titolo;
3. la Corte territoriale ha richiamato gli artt. 2 e 45 del d.lgs. n. 165/2001 ed ha osservato che secondo sentenza n. 189/2007 della Corte costituzionale, la disciplina  per  contratto  collettivo  del  trattamento  economico  dei  dipendenti
pubblici costituisce uno dei principi fondamentali del nuovo regime del rapporto di impiego pubblico, come tale vincolante anche per la legislazione regionale;
 ha  rammentato  che  il  legislatore  è  intervenuto  in  modo  incisivo  sul trattamento economico dei dipendenti pubblici ed ha esemplificato in tal senso, evidenziando che le norme che limitano o derogano alla riserva di contrattazione collettiva sono di stretta interpretazione e vanno interpretate restrittivamente;
alla stregua di tali considerazioni, ha precisato che l’art. 1, comma 458, della legge n. 147/2013 ha abrogato esclusivamente le disposizioni indicate dallo stesso comma ed ha escluso che siano state abrogate con effetto immediato disposizioni di matrice collettiva che avevano natura e ratio divergenti da quella degli assegni personali oggetto di abrogazione;
ha ritenuto che l’assegno di cui all’art. 24, comma 3, del CCNL del RAGIONE_SOCIALE del 17.5.2004 possa identificarsi con quello previsto dall’art. 202 del DPR n. 3/1957, come ridisciplinato dall’art. 3, commi 57 e 58, della legge n. 537/1993 in quanto, a differenza degli assegni oggetto di abrogazione, ha la sua specifica ratio nell’esigenza di porre rimedio ad una oggettiva e peculiare incongruenza fra le tabelle stipendiali (che prevedono la percezione di stipendi tabellari più alti, da parte dei lavoratori inquadrati nelle fasce più alte di ciascuna categoria inferiore, rispetto a quelli inquadrati fasce iniziali delle categorie superiori), al fine di incentivare i dipendenti a sottoporsi alle selezioni per il passaggio a carriera superiore;
 ha  richiamato  Cass.  n.  15371/2019, che nella disamina di una diversa fattispecie, ha affermato il principio secondo cui la regola della non riassorbibilità si applica esclusivamente ai passaggi di carriera previsti dall’art. 202 del DPR n. 3/1957 e non al trasferimento da un’Amministrazione all’altra, presupponendo i primi un provvedimento di trasferimento, mentre il secondo è riconducibile alla cessione del contratto d i cui all’art. 1406 ss. cod. civ. ;
 ha  inoltre  evidenziato  che  secondo  il  precedente  della  Corte  dei  conti lombarda che era stato riportato dalla RAGIONE_SOCIALE, in caso di passaggio di carriera per i  rapporti  in  essere  restano  ferme  le  norme  previste  dalla  contrattazione collettiva vigenti sino alla nuova tornata contrattuale, con la conseguenza che il più  favorevole  art.  24,  comma  3,  del  CCNL  avrebbe  dovuto  continuare  ad
applicarsi sino alla sua modifica con il nuovo contratto collettivo, per cui solo in quella sede avrebbe potuto essere esaminato il profilo del contrasto con i principi emergenti dalla nuova disciplina statale; ha ritenuto solo apparente il contrasto tra tale decisione e la pronuncia della sezione ligure n. 52/2014 in atti, secondo cui ‘le amministrazioni interessate adeguano i trattamenti dalla pri ma mensilità successiva alla entrata in vigore’;
 h a  disatteso  l’argomento  della  RAGIONE_SOCIALE secondo cui l’istituto dell’assegno ad personam era stato ripristinato ad altri fini con DPCM, in quanto venendo in rilievo la deroga ad un divieto di legge, sarebbe stata necessaria una fonte normativa di pari grado;
avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
RILEVATO CHE
Con un unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 del d.lgs. n. 165/2001, ratione temporis vigente, e dell’art. 1, commi 458 e 459 della  legge  n.  147/2013  (Legge  di  Stabilità  2014),  in  relazione  all’art.  360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.;
addebita alla Corte territoriale di non avere fatto applicazione della Legge di Stabilità del 2014, che aveva espressamente abrogato gli assegni ad personam, ancorché fosse prevalente ratione temporis sul CCNL di categoria;
considerata  la  pacifica  sottoscrizione  dei  contratti  di  lavoro  da  parte  delle originarie  ricorrenti  in  data  25.2.2015  a  seguito  della  pubblicazione  della graduatoria  finale  e  della  rideterminazione  del  trattamento  retributivo  da erogare  alle  medesime  con  i  provvedimenti  del  31.7.2015,  sostiene  che  la disciplina applicabile ratione temporis è quella prevista dal d.lgs. n. 165/2001 prima delle modifiche disposte dal d.lgs. n. 75/2017;
evidenzia che  l’art.  2  d.lgs.  n.  165/2001,  come  modificato  dal  d.lgs.  n. 150/2009,  aveva  stabilito  il  primato  della  legge  sui  contratti  collettivi  del
pubblico impiego, aveva imposto alla legge precisi limiti entro cui poter operare ed aveva sanzionato con la nullità le disposizioni contrattali in contrasto con le norme imperative e con i limiti in essa fissati;
sostiene che le norme che prevedevano il riconoscimento dell’emolumento rivendicato dalle lavoratrici erano state abrogate e che non vi era spazio per l’applicazione della fonte pattizia;
argomenta che l’art. 202 del DPR n. 3/1957 e l’art. 3, commi 57 e 58, della legge  n.  537/1993,  abrogate  dal l’art.  1,  commi  458  e  459 ,  della  legge  n. 147/2013  hanno  la  stessa  ratio  prevista  dal  CCNL  del  2004,  consistita nell’agevolazione  di  un  meccanismo  perequativo  mediante  l’applicazione  del principio generale dell”intangibilità del maturato economico’ ovvero del divieto di reformatio in pejus del trattamento retributivo;
aggiunge che l’abrogazione dell’istitut o con l’art. 1, commi 458 e 459 , della legge n. 147/2013 aveva posto fine ad un privilegio economico di cui avevano potuto  godere  coloro  che,  nel  passaggio  a  nuovi  incarichi  o  ruoli,  avevano mantenuto  un  trattamento  non  corrispondente  alle  mansioni  derivanti  dalla nuova posizione, in un ‘ ottica di revisione della spesa pubblica e allo scopo di garantire il principio di corrispettività nel pubblico impiego.
2. Osserva il Collegio che rilevano le previsioni contenute nel l’art. 24, comma 3, del CCNL PCM 2004, secondo cui: ‘ 3. Nel caso di passaggio tra aree, al dipendente viene attribuito il trattamento economico iniziale previsto per il profilo di assunzione, conseguito attraverso la selezione, ai sensi dell’art. 21, comma 4 (accesso dall’esterno). Qualora il trattamento eco nomico in godimento, corrispondente alla fascia retributiva di appartenenza, risulti superiore all’iniziale, il dipendente conserva il t rattamento più favorevole, mediante assegno ad personam, che, solo limitatamente a tale parte, continua a gravare sul fondo ed è riassorbibile con l’acquisizione delle successive fasce retributive nel profilo di nuovo inquadramento ‘, nonché le previsioni contenute nell ‘art. 1 , commi 458 e 459, della legge n. 147/2013, secondo cui: ‘ 458. L’articolo 202 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e l’articolo 3, commi 57 e 58, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono abrogati. Ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che
siano cessati dal ruolo o dall’incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità. 459. Le amministrazioni interessate adeguano i trattamenti giuridici ed economici, a partire dalla prima mensilità successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, in attuazione di quanto disposto dal comma 458, secondo periodo, del presente articolo e dall’articolo 8, comma 5, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, come modificato dall’articolo 5, comma 10 -ter, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 ‘;
l’art. 202 del dPR n. 3/1957 prevedeva: ‘ Nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, utile a pensione, pari alla differenza fra lo stipendio già goduto ed il nuovo, salvo il riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica ‘; tale norma aveva poi trovato completamento, per i dipendenti statali, nell’art. 3, comma 57, della legge n. 537/1993, secondo cui: ” Nei casi di passaggi di carriera di cui all’articolo 202 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ed alle altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione ” e nel comma 58, secondo cui: ” L’assegno pensionabile di cui al comma 57 non è cumulabile con indennità fisse e continuative, anche se non pensionabili, spettanti nella nuova posizione, salvo che per la parte eventualmente eccedente ” (sulla complessiva evoluzione normativa v., Cass. n. 30339 del 2024).
rilevano inoltre le disposizioni contenute nel l’art. 2, comm a 2, del d.lgs. n. 165/2001,  nel  testo  introdotto  dal  d.lgs.  n.  150/2009  applicabile ratione temporis : ‘ 2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni  contenute  nel  presente  decreto,  che  costituiscono  disposizioni  a
carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline  dei  rapporti  di  lavoro  la  cui  applicabilità  sia  limitata  ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge ‘ ;
si ravvisa dunque la necessità di un approfondimento in sede di udienza pubblica sulle questioni sottese alla censura proposta nel ricorso, con particolare riferimento agli effetti dell’abrogazione del divieto di reformatio in pejus di cui a ll’art . 202 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 e al l’art . 3, commi 57 e 58, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, operata dal l’art. 1 , commi 458 e 459, della legge n. 147/2013, rispetto alla progressione nel sistema classificatoria previsto dalla contrattazione, al rapporto tra l’abrogazione di tale divieto e la disposizione contenuta ne ll’art. 24, comma 3, del CCNL PCM 2004, nonché ai limiti alla contrattazione collettiva contenuti nell’ art. 2 comma 2 d.lgs. 165 del 2001 , come modificato dall’art. 32 del d. lgs. n. 150/2009;
è opportuno che l’esame delle questioni avvenga all’esito del contraddittorio  delle  parti e  con  l’intervento  del  Procuratore  Generale  nella discussione  in  udienza  pubblica,  quale  momento  privilegiato  del  giudizio  di cassazione nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo di diritto (v. Cass. n. 6274/2023).
PQM
La Corte dispone il rinvio della trattazione del ricorso alla pubblica udienza; Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte