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Assegno ad personam: la Cassazione va in pubblica udienza

Due dipendenti pubbliche, dopo un avanzamento di carriera, si vedono negare l’assegno ad personam previsto dal CCNL per non subire una diminuzione dello stipendio. L’ente datore di lavoro sostiene che la norma di legge che lo permetteva è stata abrogata. La Corte d’Appello dà ragione alle lavoratrici, ma l’ente ricorre in Cassazione. La Suprema Corte, data la complessità della questione sul rapporto tra legge e contrattazione collettiva, ha rinviato il caso alla pubblica udienza per un esame più approfondito, senza ancora decidere nel merito.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam: la Cassazione Esamina il Conflitto tra Legge e Contratto Collettivo

L’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 7032 del 2025, affronta una questione cruciale per il pubblico impiego: la sopravvivenza dell’assegno ad personam previsto dalla contrattazione collettiva dopo l’abrogazione legislativa di istituti analoghi. La Corte non decide, ma rinvia la causa alla pubblica udienza, segnalando la delicatezza e la rilevanza del tema.

I Fatti di Causa

Due dipendenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito del superamento di un concorso interno, ottengono il passaggio dalla categoria B alla categoria A. Tuttavia, il nuovo stipendio tabellare previsto per la categoria superiore risulta inferiore a quello che già percepivano nella posizione precedente. Per questo motivo, le lavoratrici chiedono il riconoscimento di un assegno ad personam, un importo volto a colmare questa differenza e a garantire il mantenimento del trattamento economico più favorevole, come previsto dall’art. 24 del loro contratto collettivo (CCNL).

L’Amministrazione nega tale diritto, sostenendo che le norme di legge che storicamente garantivano questo meccanismo (come l’art. 202 del DPR 3/1957) erano state abrogate dalla Legge di Stabilità del 2014 (L. n. 147/2013). Mentre il Tribunale di primo grado respinge la domanda delle dipendenti, la Corte di Appello di Roma ribalta la decisione, riconoscendo il loro diritto all’assegno.

L’Assegno ad personam e lo Scontro tra Fonti Normative

Il cuore del problema risiede nel rapporto gerarchico tra la legge e la contrattazione collettiva nel pubblico impiego. L’Amministrazione ricorrente sostiene che l’abrogazione del cosiddetto divieto di reformatio in pejus retributiva, operata dalla legge del 2014, abbia reso nulla qualsiasi clausola contrattuale collettiva con la stessa finalità. Secondo questa tesi, il contratto collettivo non può reintrodurre un beneficio che il legislatore ha volutamente eliminato per ragioni di controllo della spesa pubblica.

Di contro, la Corte d’Appello aveva ritenuto che l’assegno ad personam previsto dal CCNL avesse una ratio diversa e specifica: incentivare i dipendenti a partecipare alle selezioni per le carriere superiori, evitando il paradosso di un ‘progresso’ che si traduce in una perdita economica. La norma contrattuale, quindi, non sarebbe stata travolta dall’abrogazione generale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, non prende una posizione definitiva. Riconosce, però, la complessità e la necessità di un approfondimento. Gli Ermellini evidenziano come la questione richieda un’analisi attenta degli effetti dell’abrogazione legislativa sulla progressione di carriera disciplinata dalla contrattazione. Inoltre, è necessario definire i limiti entro cui i contratti collettivi possono operare rispetto alle norme imperative di legge, alla luce delle modifiche introdotte dal d.lgs. 165/2001.

Per queste ragioni, la Corte ha disposto il rinvio della trattazione del ricorso alla pubblica udienza. Questa scelta procedurale è riservata ai casi di particolare importanza o che presentano questioni di diritto complesse, permettendo un contraddittorio più ampio tra le parti e l’intervento del Procuratore Generale.

Le Motivazioni

La motivazione del rinvio risiede nella necessità di un esame approfondito delle seguenti questioni:
1. Gli esatti effetti dell’abrogazione del divieto di reformatio in pejus (contenuto negli artt. 202 DPR 3/1957 e 3 L. 537/1993) per effetto della Legge n. 147/2013.
2. Il rapporto tra tale abrogazione e la specifica disposizione dell’art. 24, comma 3, del CCNL PCM 2004, che prevede l’assegno ad personam.
3. I limiti imposti alla contrattazione collettiva dall’art. 2 del d.lgs. 165/2001, che stabilisce il primato della legge su disposizioni contrattuali in contrasto con norme imperative.

La Corte ritiene che solo un dibattito in pubblica udienza possa consentire di sciogliere questi nodi interpretativi, data la loro rilevanza per l’intero sistema del pubblico impiego.

Le Conclusioni

L’ordinanza interlocutoria lascia aperta la questione fondamentale sul diritto all’assegno ad personam per i dipendenti pubblici in caso di progressione di carriera. La decisione finale, che verrà assunta con sentenza dopo la pubblica udienza, avrà un impatto significativo, poiché definirà in modo più chiaro i confini dell’autonomia della contrattazione collettiva rispetto agli interventi del legislatore volti al contenimento della spesa pubblica. Sarà fondamentale attendere la pronuncia definitiva per comprendere se prevarrà il principio di salvaguardia del trattamento economico acquisito o la rigorosa applicazione delle norme di abrogazione.

Cos’è l’assegno ad personam in questo caso?
È un importo aggiuntivo allo stipendio, previsto dal contratto collettivo, per evitare che un dipendente, passando a una categoria superiore, percepisca una retribuzione totale inferiore a quella che già riceveva nella categoria di provenienza.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha ritenuto la questione giuridica troppo complessa e di particolare importanza per essere decisa con la procedura standard. Il conflitto tra una legge che abroga un principio (il divieto di peggioramento retributivo) e un contratto collettivo che sembra riproporlo richiede un approfondimento in una pubblica udienza, con un dibattito più ampio tra le parti e il Procuratore Generale.

Qual è il principale conflitto normativo al centro della vicenda?
Il conflitto è tra l’art. 1 della Legge n. 147/2013, che ha abrogato le norme che garantivano il mantenimento dello stipendio in caso di passaggio di carriera, e l’art. 24 del CCNL Comparto PCM del 2004, che prevede un meccanismo analogo (l’assegno ad personam). La Corte dovrà stabilire se la norma di legge prevalga, rendendo inefficace la clausola contrattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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