Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10530 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10530 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31086-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 304/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 22/05/2020 R.G.N. 353/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.31086/2020
COGNOME
Rep.
Ud.05/03/2025
CC
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RILEVATO
che, con sentenza del 22 maggio 2020, la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Agrigento, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Ragioneria Territoriale dello Stato di Agrigento, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante già appuntato scelto del Contingente di Mare della Guardia di Finanza, dichiarato inidoneo al servizio di istituto e, pertanto, transitato nei ruoli civili del Ministero dell’Economia e delle Finanze ed assegnato alla Ragioneria Territoriale dello Stato di Agrigento, con inquadramento nel profilo professionale di operatore amministrativo di Area II, fascia retributiva F2, con decorrenza giuridica ed economica dal 9.1.2012 -all’attribuzione del medesimo trattamento economico già in godimento presso la Guardia di Finanza, mediante corresponsione di un assegno ad personam riassorbibile a copertura della differenza come previsto dall’art. 4, comma 3, del decreto interministeriale 18.4.2002, con condanna del Ministero al pagamento delle somme dovute a tale titolo a decorrere dal 9.1.2012, o in subordine in applicazione dell’istituto del ‘trascinamento’;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto l’infondatezza della pretesa alla luce del disposto dell’art. 4, comma 3, D.I. 18.4.2002 che, con riferimento al transito di appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero, prevede, nel caso in cui il nuovo trattamento economico a titolo di assegni fissi e continuativi risulti inferiore a quello in godimento allo stesso titolo all’atto del transito , che l’eccedenza è attribuita sotto forma di assegno ad personam , pari alla differenza tra il trattamento economico dovuto ed il
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nuovo fino al riassorbimento con i successivi aumenti di trattamento economico a titolo di assegni fissi e continuativi; che la Corte territoriale ha accertato che la differenza in diminuzione effettivamente subita dal Bruno era conseguente al non avere l’Amministrazione incluso nel calcolo ‘l’indennità di trascinamento relativa ad indennità di imbarco’ ed ha ritenuto corretto l’operato del Ministero , in quanto l’indennità in questione costituisce un elemento retributivo di natura accessoria correlato all’impegno professionale in particolari attività operative;
che il giudice d’appello ha escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto del ‘trascinamento’ , ovvero di quella particolare protezione economica di cui all’art. 5, comma 2, d.P.R. n. 394/1995 per la quale il personale, cui spettava una delle indennità previste dalla l. n. 78/1983, manteneva il diritto all’indennità medesima anche qualora non si fosse più trovato nelle condizioni di fruire delle stesse;
che la Corte territoriale non ha attribuito rilievo alla circostanza che al ricorrente l’istituto del trascinamento fosse stato applicato allorquando, dopo aver goduto dell’indennità di imbarco, in quanto addetto ad un reparto operativo, era stato destinato, quando ancora era in servizio presso il Corpo della Guardia di Finanza, ad altro reparto non operativo ovvero in una situazione lavorativa che non prevedeva più le condizioni di corresponsione dell’indennità ;
che il giudice d’appello ha ritenuto l’ istituto circoscritto al personale militare (nel senso che la destinazione a funzioni non implicanti il riconoscimento dell’indennità di imbarco deve comportare il mantenimento in servizio come militare) e non estensibile al personale transitato nei ruoli civili;
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che per la cassazione di tale decisione ricorre il Bruno, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il solo Ministero dell’Economia e delle Finanze;
che il ricorrente ha poi presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, D.I. 12.4.2002, imputa alla Corte territoriale il travisamento dell’oggetto della controversia e precisa che questo non attenesse alla spettanza o meno dell’indennità di imbarco , bensì a l riconoscimento del diritto all’attribuzione del medesimo trattamento retributivo già goduto alle dipendenze della Guardia di Finanza mediante l’attribuzione di un assegno riassorbibile;
che, ad avviso del ricorrente, non poteva essere negata la spettanza a tale titolo dell’importo corrispondente all’indennità di imbarco, trattandosi di componente della retribuzione in godimento di carattere fisso e continuativo, attestato dalla computabilità nella tredicesima mensilità e dalla sua pensionabilità;
che, con il secondo motivo, denunciando nuovamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, D.I. 12.4.2002, il ricorrente, in via subordinata, lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità della pronunzia nella parte in cui assume l’applicabilità dell’istituto del ‘trascinamento’ solo laddove la mobilità si attui all’interno di servizi propri di strutture militari, quando invece l’indennità di trascinamento attribuita al militare che, proveniente da un servizio implicante l’erogazione di indennità di impiego operativo quali l’indennità di imbarco, venga poi assegnato ad un servizio che quelle indennità non preveda per conservarne l’importo, va
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considerata in ragione del regime cui è assoggettata come emolumento fisso e continuativo;
che nel terzo motivo si censura la statuizione della Corte territoriale in ordine alle spese di lite in ragione della soccombenza erroneamente dichiarata a carico dell’odierno ricorrente;
che i primi due motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano infondati, avendo la Corte territoriale correttamente interpretato l’art. 4, comma 3, D.I. 12.4.2002 nel senso che il trattamento economico spettante al personale militare dichiarato inidoneo e transitato pertanto nei ruoli civili comprende esclusivamente le voci retributive fisse e continuative tra le quali non può essere inclusa l’indennità di imbarco, a maggior ragione se attribuita in applicazione del principio del trascinamento, applicabile al solo personale militare;
l’indennità in questione , come evidenziato anche dalla giurisprudenza amministrativa ( cfr. CdS n. 7900/2020), trova la sua ratio nella remunerazione del peculiare disagio correlato allo stile di vita imposto, sicché spetta in ragione dell’effettiva presenza a bordo del militare, come, del resto, risulta espressamente previsto dall’art. 4 della legge n. 78/1983 che quell’emolumento riconosce agli ufficiali e sottufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica ‘imbarcati’ su una nave di superficie in armamento o in riserva, norma non a caso interpretata da una consolidata giurisprudenza nel senso della s pettanza dell’indenni tà ai militari per i soli giorni di effettivo imbarco, con inizio e cessazione al passaggio di consegne tra gli equipaggi, cessante e subentrante e da ritenersi, pertanto,
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insuscettibile di connotare stabilmente il complessivo trattamento economico;
che, di contro, inammissibile risulta il terzo motivo in quanto prospettato come mera conseguenza dell’accoglimento dei motivi di cui sopra, non intervenuto;
che il ricorso va dunque rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 5 marzo 2025