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Assegno ad personam: garantita la retribuzione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20197/2024, ha confermato il diritto all’assegno ad personam per i dipendenti pubblici trasferiti tramite mobilità a un’altra amministrazione con un trattamento economico inferiore. La Corte ha stabilito che la riforma introdotta con la legge n. 246/2005 non ha abolito il principio di irriducibilità della retribuzione, ma ha solo chiarito che il nuovo rapporto di lavoro sarà regolato, per il futuro, dalle norme dell’ente di destinazione. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto a un assegno riassorbibile per colmare la differenza retributiva.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam: la Cassazione tutela la retribuzione dei dipendenti pubblici

Con la recente ordinanza n. 20197 del 22 luglio 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per i dipendenti pubblici: la tutela della retribuzione in caso di mobilità. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il lavoratore trasferito a un’altra amministrazione con uno stipendio inferiore ha diritto a un assegno ad personam per compensare la differenza, anche dopo le modifiche normative del 2005. Questa decisione fornisce importanti chiarimenti sull’interpretazione della normativa e rafforza la protezione dei diritti economici dei lavoratori.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dal ricorso di un gruppo di dipendenti pubblici, precedentemente in servizio presso il Ministero dell’Interno e della Difesa, transitati nei ruoli del Dipartimento della Protezione Civile. A seguito del trasferimento, i lavoratori si sono visti applicare il trattamento economico previsto per il personale della nuova amministrazione, che risultava inferiore a quello precedentemente percepito.
La Corte d’Appello di Roma aveva dato ragione ai lavoratori, riconoscendo il loro diritto a percepire un assegno ad personam riassorbibile, pari alla differenza tra la vecchia e la nuova retribuzione. Contro questa decisione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la riforma del 2005 (legge n. 246) avesse eliminato tale tutela.

L’assegno ad personam e la decisione della Corte

Il quesito centrale posto alla Corte di Cassazione era se la modifica dell’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, operata nel 2005, avesse di fatto abrogato il principio di irriducibilità della retribuzione in caso di mobilità. La norma novellata prevede che al dipendente trasferito si applichi “esclusivamente” il trattamento giuridico ed economico dell’amministrazione di destinazione.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’amministrazione, confermando la sentenza d’appello e il diritto dei lavoratori all’assegno ad personam. I giudici hanno chiarito che la riforma del 2005 non ha cancellato il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su una solida interpretazione sistematica e teleologica della normativa. Ecco i punti chiave del ragionamento:

1. Cessione del Contratto vs. Passaggio Diretto: La riforma ha sostituito l’espressione “passaggio diretto” con “cessione del contratto di lavoro”. Secondo la Corte, questo richiamo all’istituto civilistico (art. 1406 c.c.) non indebolisce, ma anzi rafforza l’idea che il rapporto di lavoro prosegua, conservando i diritti già maturati, inclusa l’anzianità e il livello retributivo.

2. Il Significato di “Esclusivamente”: L’avverbio “esclusivamente”, introdotto dalla riforma, non serve a cancellare la retribuzione acquisita. Esso significa semplicemente che, dal momento del trasferimento in poi, ogni futuro sviluppo di carriera e ogni trattamento accessorio saranno regolati unicamente dalla contrattazione collettiva dell’amministrazione di destinazione. Non ha, quindi, un effetto retroattivo tale da peggiorare la situazione economica del dipendente.

3. Il Principio Generale di Irriducibilità: Il divieto di reformatio in peius è un principio generale del pubblico impiego. Una sua deroga, ha sottolineato la Corte, deve essere esplicita e inequivocabile. Il solo uso dell’avverbio “esclusivamente” non è sufficiente per ritenere che il legislatore abbia voluto sacrificare un diritto così fondamentale del lavoratore.

4. Finalità della Mobilità: I giudici hanno inoltre osservato che lo scopo della mobilità volontaria è quello di ottimizzare la distribuzione del personale tra le pubbliche amministrazioni. Prevedere una riduzione dello stipendio avrebbe un effetto disincentivante, contrario alla finalità stessa della norma. La conservazione del trattamento economico, tramite l’assegno ad personam, incentiva invece i dipendenti a cogliere nuove opportunità professionali all’interno della P.A., senza subire un pregiudizio economico.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Viene stabilito in modo chiaro che il diritto alla conservazione del trattamento economico, attraverso il meccanismo dell’assegno ad personam, sopravvive alla riforma del 2005. La mobilità nel pubblico impiego non può tradursi in una penalizzazione per il lavoratore. Questa decisione offre una tutela concreta ai dipendenti pubblici, garantendo che il passaggio a una nuova amministrazione avvenga nel rispetto dei diritti economici acquisiti e promuovendo al contempo un’efficiente e razionale gestione delle risorse umane dello Stato.

Un dipendente pubblico trasferito in mobilità ha diritto a mantenere la sua precedente retribuzione se quella nuova è più bassa?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il dipendente ha diritto a percepire un “assegno ad personam” riassorbibile, pari alla differenza tra il trattamento economico percepito nell’amministrazione di provenienza e quello, inferiore, dell’amministrazione di destinazione.

La riforma del 2005 (legge n. 246) ha eliminato il diritto all’assegno ad personam?
No. Secondo la Corte, le modifiche introdotte all’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001 non hanno inciso sul diritto del dipendente a vedersi riconoscere l’assegno ad personam per rispettare il divieto di peggioramento del trattamento economico (reformatio in peius).

Cosa significa che al dipendente trasferito si applica “esclusivamente” il trattamento dell’amministrazione di destinazione?
Significa che, dal momento del trasferimento, il rapporto di lavoro per il futuro (ad esempio per futuri aumenti, progressioni di carriera e trattamenti accessori) sarà regolato solo dalle norme legali e contrattuali dell’ente di destinazione. Tuttavia, ciò non cancella il livello retributivo già acquisito, che viene salvaguardato tramite l’assegno ad personam.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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