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Assegno ad personam: è riassorbibile? La Cassazione

Un dipendente pubblico, trasferito da un Ministero a un Ente Locale, ha perso il ricorso volto a mantenere inalterata la sua precedente e più alta retribuzione. La Corte di Cassazione ha confermato che la differenza economica, corrisposta tramite un assegno ad personam, è soggetta al principio del riassorbimento. Questo significa che l’assegno viene progressivamente ridotto dagli futuri aumenti di stipendio, al fine di garantire la parità di trattamento con gli altri dipendenti dell’ente di destinazione.

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Pubblicato il 28 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad Personam e Dipendenti Pubblici: La Cassazione Conferma il Riassorbimento

Il trasferimento di un dipendente pubblico da un’amministrazione statale a un ente locale solleva spesso questioni complesse riguardo al trattamento economico. Una delle più dibattute riguarda la sorte della retribuzione più elevata percepita presso l’ente di provenienza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la differenza retributiva, garantita tramite un assegno ad personam, è destinata a essere riassorbita dai futuri miglioramenti economici. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un dipendente del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in servizio presso una Capitaneria di Porto, è stato trasferito a un Comune a seguito del conferimento di funzioni dallo Stato agli enti locali. Presso il Ministero, il lavoratore godeva di un trattamento economico superiore a quello previsto per la sua nuova posizione nel Comune. Per questo motivo, ha avviato una causa per ottenere il riconoscimento del suo diritto a mantenere integralmente la retribuzione originaria, comprensiva del salario accessorio, e per vedersi pagare le differenze maturate.

La sua richiesta è stata respinta sia in primo grado dal Tribunale sia in appello dalla Corte d’Appello. Il lavoratore ha quindi deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che specifiche norme di legge e contrattuali avrebbero dovuto salvaguardare la sua retribuzione senza alcuna riduzione futura.

La Questione del Riassorbimento dell’Assegno ad Personam

Il cuore della controversia risiede nel bilanciamento di due principi cardine del pubblico impiego:
1. L’irriducibilità della retribuzione: Un principio che tutela il lavoratore, garantendo che non subisca una diminuzione del trattamento economico acquisito.
2. La parità di trattamento: Un principio che impone all’amministrazione di garantire la stessa retribuzione a tutti i dipendenti che svolgono le medesime mansioni.

Per conciliare queste due esigenze, la legge (in particolare l’art. 31 del D.Lgs. 165/2001) prevede che al dipendente trasferito venga riconosciuta la differenza tra la vecchia e la nuova retribuzione sotto forma di un assegno ad personam. Tuttavia, questo assegno non è un aumento permanente. Esso opera, secondo la Cassazione, nell’ambito della “regola del riassorbimento”: ogni futuro aumento di stipendio, dovuto a rinnovi contrattuali o a progressioni di carriera, andrà a ridurre progressivamente l’importo dell’assegno, fino al suo completo azzeramento. In questo modo, nel tempo, la retribuzione del lavoratore trasferito si allinea a quella dei suoi colleghi nell’ente di destinazione.

L’Analisi delle Norme Contrattuali

Il ricorrente ha tentato di sostenere la sua tesi richiamando diverse disposizioni dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) del comparto Enti Locali, sostenendo che queste introducessero una deroga al principio generale del riassorbimento. La Corte di Cassazione ha esaminato meticolosamente tali norme, giungendo però a conclusioni opposte.

In particolare, i giudici hanno chiarito che le norme contrattuali citate si limitavano a qualificare la differenza retributiva come “retribuzione individuale di anzianità” o disciplinavano casi specifici (come l’indennità integrativa speciale per alcune categorie), ma non stabilivano mai, esplicitamente, la non riassorbibilità dell’assegno per i dipendenti trasferiti da amministrazioni statali. Di conseguenza, in assenza di una disposizione speciale contraria, prevale il principio generale del riassorbimento previsto dalla legge.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso basandosi su un principio di diritto consolidato. Ha affermato che, nel passaggio di dipendenti dallo Stato agli enti locali, è assicurata la continuità del rapporto e il mantenimento del trattamento economico, se superiore. Tuttavia, tale mantenimento avviene attraverso un meccanismo che garantisce un graduale allineamento retributivo. L’assegno ad personam serve a tutelare il lavoratore nell’immediato, ma il principio del riassorbimento è essenziale per ripristinare la parità di trattamento all’interno dell’ente di destinazione nel lungo periodo. Le norme contrattuali invocate dal ricorrente non sono state ritenute idonee a derogare a questa regola generale, poiché non prevedevano espressamente la non riassorbibilità dell’assegno nel caso di specie.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione conferma che i dipendenti pubblici trasferiti tra amministrazioni diverse non possono pretendere di mantenere per sempre una retribuzione superiore a quella dei loro nuovi colleghi. Il sistema dell’assegno ad personam riassorbibile rappresenta il compromesso scelto dal legislatore per bilanciare la tutela del salario acquisito con l’esigenza di omogeneità e parità retributiva all’interno della pubblica amministrazione. Per i lavoratori, ciò significa che, sebbene il loro stipendio non diminuirà al momento del trasferimento, i futuri aumenti contrattuali o le progressioni di carriera non si tradurranno in un reale incremento economico fino a quando l’assegno non sarà stato completamente assorbito.

Cosa succede al mio stipendio se, come dipendente pubblico, vengo trasferito a un’altra amministrazione con una paga inferiore?
Il tuo stipendio non verrà ridotto. La differenza tra la tua vecchia retribuzione (più alta) e quella nuova (più bassa) ti verrà corrisposta sotto forma di un ‘assegno ad personam’, garantendo così il mantenimento del trattamento economico complessivo.

L’assegno ad personam che ricevo dopo un trasferimento è permanente?
No, non è permanente. Secondo il principio generale del ‘riassorbimento’, questo assegno verrà progressivamente ridotto da ogni futuro aumento di stipendio che riceverai, come rinnovi contrattuali o scatti di carriera, fino al suo completo azzeramento.

I contratti collettivi possono impedire che l’assegno ad personam venga riassorbito?
Sì, ma solo se lo prevedono in modo esplicito e specifico per quella determinata situazione. Nel caso esaminato dalla Corte, le norme contrattuali richiamate dal lavoratore sono state ritenute non sufficienti a creare una deroga al principio generale del riassorbimento, che quindi è stato applicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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