Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 289 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 289 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
Oggetto
Impiego pubblico Passaggio da I.P.I. a M.I.S.E. Riconoscimento anzianità e quantificazione assegno personale
R.G.N. 17122/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 22/11/2023
CC
sul ricorso 17122-2018 proposto da:
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5187/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/12/2017 R.G.N. 807/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto dal Ministero dello Sviluppo Economico avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME, dipendente dell’I.P.I. – Istituto per la Promozione Industriale- transitata nei ruoli del Ministero ex art. 7 del d.l. n. 78/2010, ed aveva condannato il resistente a riconoscere l’anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza, a far tempo dalla data di assunzione, nonché ad includere nell’asse gno ad personam il 50% del premio di produttività, la quota a carico dell’I.P.I. riferita al fondo integrativo di previdenza complementare Previgen, il controvalore del premio annuale della polizza assicurativa per il caso di morte nonché di quella relativa agli infortuni professionali ed extra professionali;
la Corte territoriale ha ritenuto la natura pubblica dell’I.P.I. e ne ha tratto quale conseguenza l’applicazione alla fattispecie dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 , che a sua volta rinvia all’art. 2112 cod. civ.;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dello Sviluppo Economico sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria, al quale ha opposto difese con controricorso NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE
con l’unico motivo il Ministero ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, dell’art. 2112 cod. civ., dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 e sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nell’individua re la disciplina applicabile alla fattispecie, perché il rapporto di lavoro che intercorreva tra l’I.P.I. e la La Cara non era disciplinato dal d.lgs n. 165/2001,
né poteva esserlo non essendo l’Istituto un ente pubblico , con la conseguenza che la fondatezza dell’azione doveva essere verificata unicamente alla luce di quanto previsto dall’art.7 del d.l. n. 78/2010, che garantisce la conservazione del trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative e non prevede il mantenimento dell’anzianità pregressa;
preliminarmente rileva il Collegio che non si ravvisano ragioni idonee a giustificare il rinvio a nuovo ruolo della causa per la successiva trattazione in udienza pubblica, sollecitata dalla controricorrente con l’istanza depositata il 9 novembre 2023;
2.1. all’esito della riformulazione dell’art. 375 cod. proc. civ., operata dal d.lgs. n. 149/2022, la Corte di Cassazione pronuncia in pubblica udienza unicamente nei casi di ricorso per revocazione ex art. 391 quater cod. proc. civ. e di particolare rilevanza della questione di diritto, mentre delibera con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ., «in ogni altro caso in cui non pronuncia in pubblica udienza» ( art. 375, comma 2, n. 4 quater);
2.2. nessuna delle due condizioni ostative al procedimento camerale ricorre nella fattispecie, atteso che sulla questione controversa questa Corte si è già pronunciata (cfr. Cass. n. 641/2022; Cass. 23987/2022; Cass. n. 14202/2023) ed il controricorso non prospetta argomenti nuovi idonei a sollecitare un ripensamento dei principi già espressi, ai quali va data continuità per le ragioni di seguito illustrate;
il ricorso è fondato, nei limiti e per le ragioni già indicate da Cass. n. 23987/2022, pronunciata in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quella oggetto di causa; con la richiamata pronuncia, a sua volta resa dando continuità ad un orientamento già espresso (cfr. Cass. nn. 28409, 28624 del 2020, Cass. n. 40399 del 2021 e Cass. n.
641 del 2022) si è in sintesi evidenziato che il d.l. 31 maggio 2010 n. 78 ha disposto la soppressione degli enti di cui all’allegato 2 al medesimo d.l., qualificandoli come “enti pubblici”, sicché l’ IPI evidentemente a quella data aveva già acquisito la personalità giuridica di diritto pubblico, non essendo immaginabile che il legislatore abbia inteso, con il medesimo atto normativo, costituire un ente per poi contestualmente sopprimerlo;
da ciò, peraltro, non è stata fatta derivare l’ infondatezza del ricorso proposto dal Ministero, ritenuto, invece, fondato, sia pure per una ragione giuridica diversa rispetto a quella dedotta, nella parte in cui era stata lamentata l’erronea applicazione al passaggio di personale dall’I.P.I. all’amministrazione statale dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 anziché della disposizione speciale dettata dal richiamato d.l. n. 78/2010, art. 7, comma 20;
si è evidenziato che la disposizione in parola assicura ai dipendenti trasferiti il mantenimento del solo trattamento economico fondamentale ed accessorio corrisposto al momento del nuovo inquadramento limitatamente alle voci fisse e continuative e prevede, nel caso in cui esso risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell’amministrazione di destinazione, l’erogazione di un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti;
si è precisato, in particolare, che ai fini del computo dell’assegno personale ciò che rileva è il carattere fisso e continuativo del compenso, che è connaturato al trattamento fondamentale ma ricorre anche per quelle voci del trattamento accessorio che non siano correlate al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’amministrazione di appartenenza e siano certe nell’ an e nel quantum;
quanto all’anzianità di servizio è stato ribadito che, anche nei casi di applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 ( non invocabile nella fattispecie per le ragioni già dette) e di trasferimento di azienda, l’anzianità medesima di per sé non costituisce un diritto che il lavoratore possa fare valere nei confronti del nuovo datore da lavoro e deve essere salvaguardata in modo assoluto solo ove ad essa si correlino benefici economici ed il suo mancato riconoscimento comporti un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito;
l’anzianità pregressa, invece, non può essere fatta valere per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario né può essere opposta al nuovo datore di lavoro per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l’ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della cessione del contratto, non delle mere aspettative ( cfr. Cass. n. 641 del 2022 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
4. la sentenza impugnata non è, quindi, conforme ai principi di diritto sopra richiamati, condivisi dal Collegio e qui ribaditi, perché ha applicato la disciplina dettata dall’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, in luogo di quella contenuta nell’art. 7, comm a 20, del d.l. n. 78/2010 ed inoltre ha riconosciuto un diritto assoluto del lavoratore alla conservazione della anzianità di servizio;
il giudice dell’appello avrebbe dovuto, invece, verificare, in base alla disciplina vigente presso l’IPI, se le voci economiche oggetto di giudizio avessero natura di retribuzione o, piuttosto, di versamento previdenziale e, ove avesse accertato la loro natura di trattamento retributivo, se tale trattamento avesse o meno carattere fisso e continuativo (cfr. sul punto anche la più recente Cass. 14202/2023);
5. non è fondata l’eccezione, sollevata dalla difesa della controricorrente, di formazione di giudicato interno sul capo della pronuncia di primo grado che aveva quantificato l’assegno ad personam, includendo nello stesso gli emolumenti indicati nello storico di lite;
6. infatti, come già osservato dalla più volte citata Cass. n. 23987/2022, l’appello proposto dal Ministero, concernente l’applicabilità dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 2112 cod. civ. al quale l’art. 31 rinvia, poneva necessariamente in discussione gli effetti che il Tribunale aveva tratto dall’erronea individuazione della disciplina applicabile, e ciò sia in relazione al riconoscimento dell’anzianità di servizio, sia con riguardo alla quantificazione del trattamento economico;
invero, ai fini della selezione delle questioni di fatto o di diritto suscettibili di giudicato interno occorre avere riguardo all’unità minima suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato, che è costituita dalla sequenza logica fatto-normaeffetto giuridico, e benché ciascun elemento di tale sequenza possa essere singolarmente investito di censura in appello, nondimeno l’impugnazione motivata in ordine anche ad uno solo di essi riapre per intero l’esame di tale minima statuizione, consentendo al giudice dell’impugnazione di riconsiderarla tanto in punto di diritto- (individuando una diversa norma sotto cui sussumere il fatto o fornendone una differente esegesi) -quanto in punto di fatto, attraverso una nuova valutazione degli elementi probatori acquisiti ( cfr. fra le tante Cass. n. 30682/2023 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
7. il ricorso per cassazione deve essere, pertanto, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della fattispecie di causa, adeguandosi nella decisione ai principi di diritto sopra richiamati e in questa sede ribaditi;
al giudice del rinvio è demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di cassazione; condizioni previste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla legge non ricorrono le n. 228/2012.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione,