Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1855 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1855 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 3019/2021 proposto da:
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende unitamente all ‘ AVV_NOTAIO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE ), in persona del Ministro pro tempore , domiciliato in Roma, INDIRIZZO
Oggetto
Dipendenti ex IPI.
Trasferimento ruoli MISE.
Trattamento economico.
R.G.N. 3019/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/11/2023
CC – Aula B
dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALE Stato, dalla quale è difeso ex lege
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3942/2019 della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 22/7/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME;
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma, pronunciando si contrapposti appelli del RAGIONE_SOCIALE e dei lavoratori ricorrenti, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva, accertato il diritto degli attuali ricorrenti, dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALE -transitati nei ruoli del RAGIONE_SOCIALE ai sensi del d.l. n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nell’ente di provenienza , respinto -dopo l’iniziale diniego di giurisdizione -la domanda di diverso inquadramento (Area III, Fascia economica 7 o, in subordine, 6, in luogo della Fascia 4 attribuita) e respinto le domande di accertamento del diritto all’inclusione nell’assegno personale riassorbibile dell’indennità di funzione, dei buoni pasto, della quota del 50% del premio di produttività, dei versamenti effettuati dal datore di lavoro al RAGIONE_SOCIALE , del premio annuale Asfalisis , del controvalore della polizza per il caso di morte nonché di quella per infortuni professionali ed extralavorativi;
la Corte territoriale ha individuato la normativa di riferimento ne ll’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, convertito in legge n. 112/2010 (nell’art. 14, comma 15 , del
d.l. n. 98/2011, convertito in legge n. 111/2011) e ha respinto tutte le domande dei lavoratori;
per la cassazione della sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso articolato in cinque motivi; il RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE , si è difeso con controricorso; i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
il ricorso, con il primo motivo formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 2112 c.c., dolendosi della mancata disapplicazione del decreto interministeriale 11.2.2011 con cui venne approvata la tabella di corrispondenza ai fini dell’inquadramento del personale a tempo indeterminato proveniente dall’I .P.I. e trasferito al RAGIONE_SOCIALE;
il secondo motivo censura, sempre con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., di nuovo la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 2112 c.c., nonché dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, lamentando anche un omesso esame, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., con riguardo al mancato pieno riconoscimento dell’anzianità di servizio pregr essa in sede di inquadramento nel RAGIONE_SOCIALE;
con il terzo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 202 del d.P.R. n. 3/1957, dell’art. 3 , comma 576, della legge n. 537/1993, dell’art. 1, comma 226, della legge n. 266/2005, di cui si afferma che non sono applicabili alla fattispecie, regolata dall’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010; anche questo motivo prospetta, nella
sentenza impugnata, il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c.;
lo stesso vale per il quarto motivo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., in combinato disposto con l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, lamentandosi del mancato riconoscimento del diritto all’inserimento nell’assegno ad personam di tutte le voci sopra indicate;
infine, il quinto motivo denuncia, l’omesso esame vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. della fissità e continuità dell’erogazione RAGIONE_SOCIALE indennità e dei premi di cui si chiede l’inserimento nell’assegno ad personam ;
il primo motivo di ricorso è volto a contestare il mancato accoglimento della domanda di inquadramento nella fascia 7 (o in subordine 6) dell’Ar ea III, previa disapplicazione del decreto interministeriale che ha fissato la tabella di corrispondenza tra gli quadramenti nell’ente di provenienza e l’inquadramento nel RAGIONE_SOCIALE , rispetto al quale non si condivide il giudizio della Corte territoriale secondo cui avrebbe «carattere squisitamente discrezionale»;
6.1. il motivo è inammissibile, innanzitutto, perché prospetta la violazione del l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 2112 c.c., mentre il decreto ministeriale ha esercitato un potere delegato dall’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, che contiene la disciplina speciale applicabile nel caso di specie;
6.2. inoltre, i ricorrenti, a parte contestare la tesi che si tratti di atto «squisitamente discrezionale» e prospettare che si tratti invece di mera «discrezionalità tecnica», non censurano in modo specifico il giudizio del la Corte d’Appello secondo cui il decreto è esente da profili di irragionevolezza
e, soprattutto, l’affermazione che «gli … appellanti non hanno evidenziato alcun parametro normativo da cui possa desumersi la nullità RAGIONE_SOCIALE tabelle di equiparazione, né hanno dedotto una violazione di legge»; anche nel ricorso per cassazione, ad onta dell’intestazione del motivo ad una violazione di legge (peraltro diversa da quella applicabile nel caso di specie), la critica al contenuto RAGIONE_SOCIALE tabelle è del tutto generica e prettamente di merito e non di legittimità; 7. il secondo motivo è anch’esso inammissibile, perché riguardando il mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio, a prescindere dai suoi contenuti economici (che, come osservato dalla Corte territoriale, sono tutelati dal meccanismo dell’assegno ad personam ) -è in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che, quanto all’anzianità di servizio , ha osservato che, anche nei casi di applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 (non invocabile nella fattispecie per le ragioni già dette) e di trasferimento di azienda, la stessa non costituisce un diritto che il lavoratore possa fare valere nei confronti del nuovo datore di lavoro e deve essere salvaguardata in modo assoluto solo ove ad essa si correlino benefici economici ed il suo mancato riconoscimento comporti un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito;
l ‘ anzianità pregressa, invece, non può essere fatta valere per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario, né può essere opposta al nuovo datore di lavoro per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l ‘ ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della
cessione del contratto, non RAGIONE_SOCIALE mere aspettative (cfr. Cass. n. 641/2022 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
8. il terzo motivo è egualmente inammissibile, perché attacca la sentenza impugnata sul presupposto, errato, che essa abbia applicato nel caso di specie le disposizioni di legge indicate in rubrica in luogo dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010; viceversa, la sentenza, pur menzionando anche quelle disposizioni di legge per svolgere un’argomentazione di tipo comparativo, ha chiaramente indicato l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010 come «la normativa di riferimento» per decidere la lite;
9. non si sottrae alla declaratoria di inammissibilità il quarto motivo, perché sotto l’apparente denuncia di violazione di legge, nella sostanza si limita a prospettare la violazione diretta della contrattazione aziendale nonché l’errata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali;
secondo il costante insegnamento di questa Corte quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall ‘ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate, ma anche per mezzo di specifiche argomentazioni intese a dimostrare motivatamente in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l ‘ interpretazione RAGIONE_SOCIALE stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per
giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna RAGIONE_SOCIALE doglianze lo specifico vizio di violazione di legge (cfr. fra le tante Cass. n. 30107/2023; Cass. n. 30823/2023; Cass. n. 31434/2023);
nella specie, la sentenza impugnata è conforme all’orientamento già espresso da questa Corte nelle motivazioni di numerose pronunce relative alle medesime questioni di diritto, con le quali si è osservato che, seppure al momento della soppressione l’I.P.I. ave sse già acquisito la personalità di diritto pubblico (per le ragioni indicate da Cass. nn. 28409/2020, 28624/2020, 40399/2021), nondimeno al fenomeno successorio che viene in rilievo non è applicabile l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 , bensì l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, che costituisce norma speciale, e che garantisce la sola conservazione del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio, caratterizzato da fissità e continuità;
si è detto, in particolare, che la disposizione richiama una distinzione tipica dell’impiego pubblico contrattualizzato (art. 45 d.lgs. n. 165/2001) nel cui ambito il trattamento fondamentale è quello diretto a retribuire la prestazione base del dipendente, ossia la prestazione corrispondente all’orario ordinario di lavoro ed alla professionalità media della qualifica rivestita, mentre quello accessorio si pone in nesso di corrispettività con la performance individuale, con quella organizzativa e con lo svolgimento di attività «particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute» (art. 45, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 nel testo applicabile ratione temporis );
la distinzione fra le componenti non riposa sui requisiti di fissità e continuità, in quanto gli stessi, connaturati al
trattamento fondamentale, possono ricorrere anche per quelle voci del trattamento accessorio che siano correlate non al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’amministrazione di appartenenza;
se ne è tratta la conseguenza che in tutte quelle fattispecie nelle quali venga in rilievo il principio della irriducibilità della retribuzione è necessario accertare se la voce che il dipendente rivendica in relazione al divieto di reformatio in peius , abbia carattere retributivo e sia certa nell’ an e nel quantum ;
9.1. nella sostanza, come già detto, il motivo denuncia la violazione diretta della contrattazione aziendale ed anche sotto tale profilo è inammissibile in quanto nel giudizio di cassazione la denuncia ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. è circoscritta ai soli contratti collettivi nazionali (equiparati quanto al regime processuale alle norme di diritto) mentre per la contrattazione aziendale nonché, nell’impiego pubblico contrattualizzato, per la contrattazione integrativa decentrata, il sindacato di legittimità può essere esercitato soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, nei limiti della disciplina processuale ratione temporis applicabile, ovvero ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione RAGIONE_SOCIALE norme di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., a condizione, per detta ipotesi, che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato ma individuino i canoni interpretativi violati e le ragioni in iure di detta violazione; il motivo, oltre a non fare neppure cenno ai canoni di ermeneutica contrattuale, inammissibilmente sollecita una
diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e denuncia più che la mancanza della motivazione l’insufficienza della stessa, non più rilevante all’esito RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate al codice di rito dal d.l. n. 83/2012;
10. infine, è palese l’inammissibilità del quinto motivo, che si sforza di vestire come vizio di omesso esame di un fatto il giudizio -non condiviso dai ricorrenti -che la Corte d’Appello ha dato e motivato sull’assenza di fissità e continuità nella voci economiche di cui ha negato il diritto all’inclusione nell’assegno ad personam ;
11. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese legali relative al giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo;
12. ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dai ricorrenti;
P.Q.M.
la Corte:
dichiara l’inammissibilità del ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi professionali oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 -quater , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il
ricorso incidentale, a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22/11/2023.