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Assegno ad personam: cosa spetta ai dipendenti?

Ex dipendenti di un ente pubblico soppresso hanno fatto ricorso in Cassazione contro il Ministero per il mancato riconoscimento di un inquadramento superiore e l’esclusione di alcune voci retributive dall’assegno ad personam a seguito del loro trasferimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che la legge speciale applicabile al trasferimento protegge solo le componenti salariali fisse e continuative, e che l’anzianità pregressa non costituisce un diritto assoluto per la progressione di carriera nel nuovo ente.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam e Trasferimento: La Cassazione sui Diritti dei Dipendenti Pubblici

Nel contesto dei trasferimenti di personale tra enti pubblici, uno degli strumenti cruciali per la tutela dei lavoratori è l’assegno ad personam. Questo meccanismo è progettato per garantire che il dipendente non subisca una diminuzione del proprio stipendio. Tuttavia, la sua applicazione genera spesso contenziosi su quali voci retributive debbano essere incluse. Con l’ordinanza n. 1855/2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, delineando i confini dei diritti dei lavoratori in caso di passaggio ad una nuova amministrazione.

Il Contesto: Il Trasferimento dei Dipendenti e le Loro Richieste

Il caso ha origine dal ricorso di un gruppo di dipendenti di un Istituto per la Promozione Industriale, un ente pubblico che è stato soppresso. A seguito della soppressione, i lavoratori sono stati trasferiti nei ruoli di un Ministero. I dipendenti hanno contestato diversi aspetti del loro nuovo inquadramento. In particolare, le loro richieste vertevano su tre punti principali:

1. Inquadramento: Richiedevano una classificazione superiore (Area III, fascia 7 o 6) rispetto a quella attribuita (fascia 4), ritenendo errate le tabelle di equiparazione ministeriali.
2. Anzianità di servizio: Chiedevano il pieno riconoscimento dell’anzianità maturata presso l’ente di provenienza ai fini della progressione di carriera nel nuovo Ministero.
3. Composizione dell’assegno ad personam: Sostenevano che diverse voci retributive (indennità di funzione, buoni pasto, premi di produttività, versamenti a fondi pensione, premi assicurativi) avrebbero dovuto essere incluse nel calcolo dell’assegno personale per mantenere inalterato il trattamento economico complessivo.

La Corte d’Appello aveva già respinto la maggior parte di queste domande, spingendo i lavoratori a presentare ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: I Limiti dell’Assegno ad personam

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, confermando la linea della Corte d’Appello e stabilendo principi chiari sull’applicazione dell’assegno ad personam e sulla tutela dei diritti dei lavoratori trasferiti.

La Normativa Speciale Prevale su Quella Generale

I giudici hanno innanzitutto chiarito che la vicenda non andava regolata dalle norme generali sul trasferimento d’azienda (art. 2112 c.c.) o sulla mobilità nel pubblico impiego (art. 31 d.lgs. 165/2001), bensì dalla normativa speciale che aveva disposto la soppressione dell’ente e il trasferimento del personale (art. 7, comma 20, d.l. n. 78/2010). Questa legge speciale delegava a un decreto interministeriale il compito di stabilire le tabelle di corrispondenza per l’inquadramento, esercitando un potere discrezionale che non è stato ritenuto né illegittimo né irragionevole.

Anzianità di Servizio: Non un Diritto Assoluto

Sul tema dell’anzianità, la Corte ha ribadito un principio consolidato: l’anzianità di servizio maturata non è un diritto che il lavoratore può far valere in modo assoluto per rivendicare ricostruzioni di carriera secondo le regole del nuovo datore di lavoro. La sua tutela è finalizzata a salvaguardare i benefici economici già maturati, funzione che viene assolta proprio dall’assegno ad personam. Non può, invece, essere utilizzata per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica nel nuovo contesto lavorativo.

Le Voci Retributive Incluse nell’Assegno: Il Criterio della Fissità e Continuità

Il punto centrale della decisione riguarda la composizione dell’assegno ad personam. La Cassazione ha specificato che la norma speciale garantisce la conservazione del solo trattamento retributivo, fondamentale ed accessorio, che sia caratterizzato da fissità e continuità. Questo criterio esclude automaticamente le componenti salariali variabili, occasionali o legate a performance specifiche, come premi di produttività o indennità non corrisposte in modo stabile e regolare. La distinzione non si basa sulla natura fondamentale o accessoria della voce, ma sulla sua effettiva stabilità nel tempo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità sottolineando come i ricorrenti avessero, di fatto, tentato di ottenere un riesame del merito della controversia, operazione non consentita in sede di legittimità. I motivi di ricorso sono stati ritenuti generici, non specificando in che modo la Corte d’Appello avesse violato precise norme di diritto, ma limitandosi a prospettare una diversa interpretazione delle norme e della contrattazione aziendale. Per la Cassazione, la sentenza impugnata era conforme all’orientamento consolidato che, in casi simili, applica la norma speciale (l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010), la quale garantisce la sola conservazione della retribuzione fissa e continuativa, senza estendersi a voci variabili o a mere aspettative di carriera.

Conclusioni

L’ordinanza n. 1855/2024 rafforza un importante principio nel diritto del lavoro pubblico: in caso di trasferimento del personale a seguito di soppressione di enti, la tutela economica del lavoratore è garantita dall’assegno ad personam, ma questo strumento non ha una portata illimitata. Esso serve a ‘cristallizzare’ la retribuzione stabile e continuativa goduta in precedenza, non a trasferire automaticamente nel nuovo rapporto tutte le voci economiche, specialmente quelle di natura variabile o premiale. Inoltre, l’anzianità pregressa non può essere invocata per rivendicare avanzamenti di carriera basati su regole diverse da quelle dell’ente di destinazione. Questa decisione fornisce quindi un’indicazione chiara per i dipendenti e le amministrazioni coinvolte in processi di mobilità, definendo con precisione il perimetro dei diritti economici salvaguardati.

Quando un dipendente pubblico viene trasferito a un’altra amministrazione, quali parti del suo stipendio sono garantite?
Sono garantite le sole componenti del trattamento retributivo, sia fondamentale che accessorio, che siano caratterizzate da ‘fissità e continuità’. Non sono automaticamente incluse le indennità variabili o legate a performance specifiche.

L’anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza deve essere pienamente riconosciuta dal nuovo datore di lavoro per la progressione di carriera?
No. L’anzianità pregressa non può essere utilizzata per rivendicare ricostruzioni di carriera basate sulla disciplina del nuovo ente. La sua tutela è limitata a garantire che non vi sia una perdita economica, funzione assolta dall’assegno ad personam.

È possibile contestare in Cassazione le tabelle di equiparazione usate per l’inquadramento nel nuovo ente?
No, se la contestazione è generica e di merito. È necessario dimostrare una specifica violazione di legge o l’irragionevolezza del decreto ministeriale che le ha stabilite, basandosi sulla normativa speciale applicabile al caso e non su norme generali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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