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Assegno ad personam: bonus inclusi dopo il trasferimento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5432/2025, ha stabilito che l’assegno ad personam per un dipendente pubblico trasferito deve includere anche le voci retributive, come premi di produzione e indennità di rischio, che, pur essendo formalmente ‘variabili’, hanno in sostanza un carattere fisso e continuativo. Il caso riguardava un dipendente trasferito da una società a partecipazione statale a un Ministero. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, affermando che la natura sostanziale dell’emolumento prevale sulla sua classificazione formale, garantendo così il principio di irriducibilità della retribuzione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno ad personam: La Cassazione conferma l’inclusione di premi e indennità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per i dipendenti pubblici trasferiti tra diverse amministrazioni: la composizione dell’assegno ad personam. Questa decisione chiarisce che la tutela della retribuzione acquisita va oltre la mera classificazione formale delle voci di stipendio, guardando alla loro natura sostanziale. Vediamo nel dettaglio cosa è stato deciso e perché è importante.

I Fatti di Causa: Il Trasferimento e la Retribuzione Contesa

La vicenda riguarda un dipendente che, dopo essere stato trasferito da una società a partecipazione statale a un Ministero, si è visto ridurre la retribuzione. In particolare, il Ministero non aveva incluso nel suo nuovo stipendio, e specificamente nell’assegno ad personam, alcune voci che percepiva regolarmente presso il precedente datore di lavoro: il premio di produzione e l’indennità di rischio.

Il lavoratore ha quindi avviato una causa per ottenere il riconoscimento di queste somme, sostenendo che esse facessero parte integrante del suo trattamento economico consolidato. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli hanno dato ragione, condannando il Ministero a integrare l’assegno. Il Ministero, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione e l’assegno ad personam

Il Ministero ha basato il suo ricorso su due motivi principali. In primo luogo, ha sostenuto che il lavoratore non avesse adeguatamente provato l’identità delle mansioni svolte prima e dopo il trasferimento, un onere che, a suo dire, era a carico del dipendente. In secondo luogo, ha affermato che le voci richieste (premio di produzione e indennità di rischio) fossero di natura accessoria e variabile e, pertanto, non potessero confluire nell’assegno ad personam, destinato a proteggere solo la retribuzione fissa e continuativa.

La Prevalenza della Sostanza sulla Forma

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le argomentazioni del Ministero. Riguardo al primo punto, ha rilevato che il lavoratore aveva fornito una descrizione dettagliata delle sue attività, mentre le contestazioni del Ministero erano state generiche e tardive. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato il principio di non contestazione.

Sul secondo e più importante punto, quello relativo alla natura delle indennità, la Corte ha ribadito un suo orientamento consolidato. Ha spiegato che, nel pubblico impiego, la distinzione tra trattamento fondamentale e accessorio non si basa solo sui requisiti formali di ‘fissità’ e ‘continuità’. Anche alcune voci del trattamento accessorio, se correlate stabilmente al profilo professionale o alle peculiarità del servizio, possono entrare a far parte del trattamento retributivo complessivo e devono essere protette dal principio di irriducibilità della retribuzione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che, per determinare se una voce retributiva debba essere inclusa nell’assegno ad personam, non è sufficiente guardare alla sua classificazione nel contratto collettivo (ad esempio, come ‘retribuzione variabile’). È necessario, invece, accertare se, di fatto, quell’emolumento fosse erogato in modo fisso e continuativo in relazione alla posizione ricoperta dal dipendente. Nel caso di specie, era stato accertato che il premio di produzione e l’indennità di rischio venivano corrisposti con la continuità richiesta dalla legge (art. 36 del d.l. n. 98/2011) per essere considerati parte del trattamento economico da salvaguardare.

La Cassazione ha concluso che la normativa invocata dal Ministero a sostegno della propria tesi non era applicabile al caso specifico, in quanto superata da una legge successiva e più specifica (lex posterior specialis), che disciplina appunto il trattamento economico del personale trasferito.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un importante principio a tutela dei lavoratori: nel calcolo dell’assegno ad personam, ciò che conta è la sostanza e la continuità di un emolumento, non la sua etichetta formale. La decisione sottolinea che l’obiettivo della norma è garantire che il lavoratore non subisca un danno economico a seguito di un trasferimento imposto da processi di mobilità. Per le amministrazioni pubbliche, ciò significa che una valutazione attenta e sostanziale della retribuzione pregressa è necessaria per evitare contenziosi e garantire il rispetto dei diritti dei dipendenti.

Un premio di produzione, formalmente definito ‘variabile’, deve essere incluso nell’assegno ad personam di un dipendente pubblico trasferito?
Sì, secondo la Corte di Cassazione. Se il premio di produzione, al di là della sua classificazione formale, viene corrisposto in modo fisso e continuativo in relazione alla posizione ricoperta, deve essere incluso nell’assegno ad personam per garantire l’irriducibilità della retribuzione.

Cosa prevale nel calcolo dell’assegno ad personam: la classificazione formale di una voce retributiva o la sua natura sostanziale?
Prevale la natura sostanziale. La Corte ha stabilito che non è sufficiente classificare una voce come ‘variabile’ per escluderla dal calcolo. È necessario accertare se, in concreto, essa sia stata corrisposta con carattere di fissità e continuità, facendola così rientrare nel trattamento economico da salvaguardare.

Perché il ricorso del Ministero è stato rigettato?
Il ricorso è stato rigettato perché la Corte ha ritenuto che le argomentazioni del Ministero fossero infondate. In particolare, ha confermato la corretta valutazione dei giudici di merito sia sulla prova delle mansioni svolte dal lavoratore, sia sulla natura fissa e continuativa delle indennità richieste, che quindi dovevano essere incluse nell’assegno ad personam in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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