LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Assegni nucleo familiare: l’onere della prova del reddito

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un lavoratore extracomunitario per la concessione degli assegni nucleo familiare per i parenti residenti all’estero. La decisione si fonda sulla mancata allegazione e prova del requisito reddituale dell’intero nucleo familiare, considerato un elemento costitutivo del diritto e non una forma di discriminazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegni nucleo familiare: perché la prova del reddito è fondamentale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale per chi richiede gli assegni nucleo familiare (ANF), specialmente per i lavoratori stranieri con familiari residenti all’estero. Il caso analizzato dimostra come la semplice affermazione di un diritto non sia sufficiente: è indispensabile fornire fin da subito tutte le prove necessarie, in particolare quelle relative al reddito dell’intero nucleo. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Corte.

I Fatti di Causa

Un lavoratore di origine extracomunitaria aveva richiesto all’istituto di previdenza sociale gli assegni per il proprio nucleo familiare, composto da parenti residenti nel suo Paese d’origine. La sua domanda è stata respinta sia dal Tribunale di primo grado sia dalla Corte d’Appello. La motivazione di entrambi i rigetti era la stessa: il lavoratore non aveva non solo provato, ma neanche mai specificato (allegato) a quanto ammontasse il reddito complessivo del suo nucleo familiare. Questo dato è un elemento essenziale per poter accedere alla prestazione.

Il Ricorso in Cassazione: le ragioni del lavoratore

Deluso dalle decisioni precedenti, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi su due argomenti principali:

1. Violazione del diritto italiano ed europeo: Sosteneva che richiedere la prova del reddito familiare fosse una interpretazione errata della legge e una violazione della direttiva UE sulla parità di trattamento per i soggiornanti di lungo periodo. A suo avviso, il reddito doveva servire solo a calcolare l’importo dell’assegno, non a stabilire se ne avesse diritto.
2. Mancato uso dei poteri del giudice: Lamentava che la Corte d’Appello non avesse utilizzato i propri poteri istruttori d’ufficio per acquisire la documentazione reddituale mancante.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: la centralità della prova del reddito

La Suprema Corte ha rigettato completamente il ricorso, fornendo chiarimenti importanti sull’onere della prova per gli assegni nucleo familiare. La decisione dei giudici di merito non si basava su una valutazione errata delle prove, ma sull’assoluta mancanza di allegazione dei fatti. In altre parole, il problema non era che le prove fossero deboli, ma che il richiedente non aveva mai dichiarato, fin dall’inizio, quale fosse il reddito suo e della sua famiglia.

La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: per ottenere l’assegno, il richiedente deve soddisfare una duplice condizione:

* L’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa.
* Il possesso di un requisito reddituale preciso: i redditi da lavoro dipendente (o assimilati) devono costituire almeno il 70% del reddito complessivo del nucleo familiare.

Questo requisito reddituale è un elemento costitutivo del diritto stesso. Non è un dettaglio secondario per il calcolo, ma una condizione essenziale per poter beneficiare della prestazione. Di conseguenza, è onere del richiedente allegarlo e provarlo.

La Corte ha anche escluso che tale onere costituisca una discriminazione. La legge lo impone a chiunque, cittadino italiano o straniero. Anzi, esonerare il lavoratore straniero da questa prova creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento a suo favore.

Infine, riguardo ai poteri istruttori del giudice, la Cassazione ha precisato che questi possono essere esercitati solo se i fatti sono stati chiaramente esposti nel ricorso iniziale e se esiste già qualche elemento di prova (una “pista probatoria”). Poiché nel caso di specie mancava persino l’indicazione del reddito, il giudice non aveva alcuna base per attivarsi d’ufficio.

Conclusioni

La sentenza conferma un principio fondamentale: chi chiede una prestazione come gli assegni nucleo familiare ha il dovere di allegare e dimostrare fin da subito tutti i requisiti previsti dalla legge. In particolare, il requisito reddituale non può essere trascurato, neanche in parte. La mancanza di queste informazioni fin dal primo atto del giudizio non può essere sanata in seguito, né ci si può attendere che sia il giudice a colmare le lacune del richiedente. Il ricorso è stato quindi respinto, con condanna del lavoratore al pagamento delle spese processuali.

Per ottenere gli assegni per il nucleo familiare, è sufficiente dimostrare di essere un lavoratore?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione chiarisce che l’erogazione degli assegni presuppone una duplice condizione: l’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa e il possesso di un requisito reddituale specifico, ovvero che la somma dei redditi da lavoro dipendente o assimilati sia almeno il 70% del reddito complessivo del nucleo familiare. Entrambe le condizioni devono essere provate dal richiedente.

Richiedere a un cittadino extracomunitario di provare il reddito dei familiari all’estero è discriminatorio?
No. Secondo la sentenza, la necessità di provare il requisito reddituale non è una discriminazione, in quanto è un onere probatorio richiesto a tutti, inclusi i cittadini italiani. Esentare i cittadini extracomunitari da questo obbligo costituirebbe un trattamento di favore ingiustificato.

Il giudice può ricercare d’ufficio i documenti sul reddito se il richiedente non li fornisce?
Il giudice può usare i suoi poteri istruttori d’ufficio solo se i fatti sono stati prima correttamente e specificamente allegati dal richiedente e se esiste già agli atti una “pista probatoria”. Nel caso esaminato, poiché il lavoratore non aveva nemmeno indicato l’ammontare dei redditi, il giudice non aveva la base per attivare i suoi poteri e ricercare la documentazione mancante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati