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Assegnazione temporanea: no priorità al trasferimento

Una dipendente pubblica in assegnazione temporanea per assistere la figlia minore ha richiesto il trasferimento definitivo con priorità presso l’ente ospitante, equiparando la sua posizione a quella del ‘comando’. La Corte di Cassazione ha respinto tale interpretazione, chiarendo che la priorità nel trasferimento è riservata solo ai casi di mobilità (comando o fuori ruolo) disposti nell’interesse primario della Pubblica Amministrazione, e non a quelli, come l’assegnazione temporanea per motivi familiari, richiesti nell’interesse del lavoratore.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegnazione Temporanea vs Comando: la Cassazione Nega la Priorità nel Trasferimento

L’istituto dell’assegnazione temporanea per motivi familiari, previsto dall’art. 42-bis del D.Lgs. 151/2001, rappresenta uno strumento fondamentale per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro dei dipendenti pubblici. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale: questa forma di mobilità, nata per tutelare l’interesse del lavoratore, non può essere equiparata al ‘comando’ ai fini della priorità nel trasferimento definitivo presso l’ente ospitante. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una dipendente del Ministero del Lavoro, madre di una bambina di età inferiore ai tre anni, otteneva un’assegnazione temporanea presso una sede di un ente previdenziale. Durante questo periodo, l’ente procedeva a stabilizzare nei propri ruoli oltre cento dipendenti che si trovavano già in posizione di ‘comando’, escludendo però la lavoratrice in questione, nonostante il Ministero di appartenenza avesse da tempo concesso il nulla osta al suo trasferimento definitivo. La lavoratrice agiva in giudizio per ottenere il trasferimento, vedendo la sua domanda prima respinta in primo grado e poi accolta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva interpretato in senso ampio il termine ‘comando’ contenuto nella norma che regola la priorità nei trasferimenti (art. 30, co. 2-bis, D.Lgs. 165/2001), includendovi anche l’assegnazione temporanea per motivi familiari. L’ente previdenziale ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Differenza tra Assegnazione Temporanea e Comando nel Pubblico Impiego

Il nodo centrale della questione, sciolto dalla Suprema Corte, risiede nella profonda differenza di finalità tra l’istituto del ‘comando’ e quello dell’assegnazione temporanea ex art. 42-bis. Il ‘comando’ e il ‘fuori ruolo’ sono strumenti di mobilità disposti primariamente nell’interesse della Pubblica Amministrazione. L’ente di destinazione richiede un dipendente da un’altra amministrazione perché necessita delle sue specifiche competenze o per coprire una carenza di organico. L’interesse pubblico è quindi prevalente. Al contrario, l’assegnazione temporanea per esigenze familiari è concessa nell’interesse primario del dipendente, per consentirgli di assistere i figli minori e di riavvicinarsi al nucleo familiare. Sebbene contribuisca a coprire un posto presso l’ente di destinazione, la sua causa genetica risiede in una necessità personale del lavoratore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso dell’ente previdenziale, accogliendolo e riformando la decisione d’appello. I giudici hanno chiarito che la norma che prevede la priorità nell’immissione in ruolo (art. 30, co. 2-bis, D.Lgs. 165/2001) per i dipendenti in ‘comando’ o ‘fuori ruolo’ deve essere interpretata in senso restrittivo. La ratio di tale previsione è quella di consolidare e stabilizzare un rapporto di lavoro che è già stato avviato nell’interesse e per le esigenze funzionali dell’amministrazione di destinazione. Si tratta, in sostanza, di dare continuità a una prestazione lavorativa che si è già dimostrata utile e rispondente ai bisogni dell’ente.

Questa logica non si applica all’assegnazione temporanea per motivi familiari. Poiché tale mobilità nasce da un’esigenza del dipendente, non può automaticamente generare un diritto di priorità nel trasferimento definitivo. Estendere tale priorità a questi casi significherebbe alterare la natura dell’istituto, che è pensato come temporaneo e legato al persistere delle condizioni familiari che lo hanno giustificato, e non come un anticamera per la stabilizzazione.

Conclusioni

La decisione della Suprema Corte traccia una linea netta tra le diverse forme di mobilità nel pubblico impiego. L’assegnazione temporanea per motivi familiari rimane uno strumento di tutela di grande valore, ma non può essere utilizzata come via preferenziale per ottenere un trasferimento definitivo. La priorità è riservata esclusivamente a quelle situazioni in cui la mobilità del dipendente è stata originariamente disposta per soddisfare un interesse diretto e primario della Pubblica Amministrazione ospitante. Questa pronuncia offre un importante chiarimento per i dipendenti pubblici e per le amministrazioni, definendo con precisione i presupposti e i limiti dei diversi istituti di mobilità.

L’assegnazione temporanea per motivi familiari dà diritto di priorità nel trasferimento definitivo?
No, secondo la Cassazione l’assegnazione temporanea ex art. 42-bis D.Lgs. 151/2001, essendo disposta nell’interesse primario del dipendente, non rientra tra le ipotesi di ‘comando’ o ‘fuori ruolo’ che garantiscono la priorità per il trasferimento definitivo ai sensi dell’art. 30, co. 2-bis, D.Lgs. 165/2001.

Qual è la differenza fondamentale tra ‘comando’ e ‘assegnazione temporanea’ per motivi familiari?
Il ‘comando’ è disposto nell’interesse primario dell’amministrazione di destinazione, che necessita di specifiche competenze del dipendente. L’ ‘assegnazione temporanea’ per esigenze familiari, invece, risponde a un interesse primario del lavoratore per conciliare vita professionale e familiare.

Perché la legge prevede una priorità di trasferimento solo per i dipendenti in ‘comando’ o ‘fuori ruolo’?
La priorità mira a consolidare un rapporto di lavoro già avviato nell’interesse dell’amministrazione di destinazione, stabilizzando personale la cui prestazione ha già dimostrato di rispondere alle sue esigenze organizzative e funzionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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