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Aspettativa sindacale: vale per l’anzianità di servizio

Un dirigente si è visto negare il corretto calcolo del trattamento economico minimo perché l’azienda aveva escluso dal computo dell’anzianità di servizio il periodo di aspettativa sindacale. La Corte di Cassazione ha dato ragione al lavoratore, stabilendo che, in assenza di una diversa previsione del contratto collettivo, l’aspettativa sindacale è pienamente valida ai fini della maturazione dell’anzianità, in quanto il rapporto di lavoro non si interrompe ma viene solo sospeso.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Aspettativa Sindacale e Anzianità di Servizio: la Cassazione fa Chiarezza

Il tempo trascorso in aspettativa sindacale deve essere considerato valido per il calcolo dell’anzianità di servizio? Questa è la domanda cruciale a cui la Corte di Cassazione ha dato una risposta definitiva con una recente sentenza. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale a tutela dei diritti dei lavoratori impegnati in attività sindacali, affermando che tale periodo non può essere ‘neutralizzato’ ai fini della maturazione dell’anzianità, con importanti riflessi sulla retribuzione.

I Fatti del Caso: Un Dirigente in Aspettativa Sindacale

Un dirigente di un Ente per la formazione e la sicurezza, dopo aver usufruito di un periodo di circa quattro anni di aspettativa sindacale, si è visto calcolare dall’azienda il proprio Trattamento Minimo Complessivo di Garanzia (TMCG) escludendo proprio quel lasso di tempo dal computo dell’anzianità di servizio. L’azienda sosteneva che, secondo il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di riferimento, solo l’anzianità di servizio effettivamente prestata dovesse essere considerata.

Il lavoratore ha contestato questa interpretazione, ritenendo che il periodo di aspettativa dovesse essere pienamente conteggiato. Dopo una prima decisione sfavorevole, la Corte d’Appello ha ribaltato il verdetto, dando ragione al dirigente e condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive. L’azienda ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che il periodo di aspettativa sindacale deve essere computato nell’anzianità di servizio utile per la determinazione del TMCG. La Corte ha così consolidato un orientamento giuridico volto a non penalizzare i lavoratori che ricoprono cariche sindacali.

Le Motivazioni: Perché l’Aspettativa Sindacale Vale come Anzianità

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su principi consolidati del diritto del lavoro. Il punto centrale è che l’anzianità di servizio non è legata all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, ma alla persistenza del rapporto di lavoro nel tempo.

I giudici hanno chiarito che l’aspettativa sindacale, prevista dall’art. 31 dello Statuto dei Lavoratori, determina una sospensione delle obbligazioni principali del rapporto (lavoro e retribuzione), ma non la sua interruzione. Il rapporto di lavoro prosegue, e con esso maturano tutti i diritti non strettamente incompatibili con l’assenza, come appunto l’anzianità.

La ratio della norma è evitare che l’accettazione di un incarico sindacale si traduca in un trattamento deteriore per il lavoratore. L’ordinamento mira a tutelare e promuovere l’attività sindacale, considerata di interesse generale.

Nel caso specifico, il CCNL dei dirigenti industriali, pur rinviando a una norma che menziona i “mesi di servizio prestato” per il calcolo dell’anzianità, non conteneva una disposizione che escludesse esplicitamente e in modo inequivocabile i periodi di aspettativa. Anzi, un’altra norma dello stesso contratto prevedeva che all’anzianità calcolata sul servizio prestato si sommassero le “anzianità convenzionali cui il dirigente abbia diritto”, categoria nella quale rientra a pieno titolo quella maturata durante l’aspettativa sindacale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Dirigenti e Aziende

Questa sentenza rafforza un principio di civiltà giuridica: l’impegno sindacale non deve essere fonte di svantaggio professionale o economico. Per le aziende, la decisione rappresenta un chiaro monito a calcolare correttamente l’anzianità di servizio, includendo i periodi di aspettativa per cariche sindacali, a meno che il contratto collettivo applicato non preveda una deroga esplicita e inequivocabile, legando gli scatti di anzianità a specifici meriti o all’effettiva prestazione lavorativa.

Per i dirigenti e, più in generale, per tutti i lavoratori, questa pronuncia è una garanzia importante. Conferma che i diritti maturati in costanza di rapporto di lavoro sono salvaguardati anche durante i periodi di assenza tutelati dalla legge, come quelli dedicati all’attività sindacale.

Il periodo di aspettativa sindacale deve essere calcolato nell’anzianità di servizio?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il periodo di aspettativa per incarichi sindacali deve essere computato a tutti gli effetti nel calcolo dell’anzianità di servizio, salvo che il contratto collettivo non lo escluda esplicitamente.

Perché l’aspettativa sindacale è valida ai fini dell’anzianità anche se non c’è prestazione lavorativa?
Perché l’anzianità di servizio è correlata alla durata del rapporto di lavoro, non all’effettiva esecuzione della prestazione. Durante l’aspettativa sindacale, il rapporto di lavoro non si interrompe ma è solo sospeso nelle sue obbligazioni principali (lavoro e retribuzione), consentendo la maturazione dei diritti connessi alla continuità del rapporto.

Un contratto collettivo può escludere l’aspettativa sindacale dal calcolo dell’anzianità?
Teoricamente sì, ma solo se il contratto collettivo lega in modo specifico ed esplicito la maturazione dell’anzianità all’effettiva prestazione lavorativa o a particolari meriti, derogando così al principio generale. In assenza di una previsione così chiara, vale la regola generale dell’inclusione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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