Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15568 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21265/2021 r.g., proposto da
I COGNOME omissis 11, in persona del legale rappresentante pro tempore, elett. donn.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
NOMECOGNOMENOME , elett. dom.ta in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 1078/2020 pubblicata in data 04/02/2021, n.r.g. 465/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 04/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- COGNOME NOMECOGNOME aveva lavorato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE fino al 09/03/2017, quando era stata licenziata per superamento del periodo di comporto ai sensi degli artt. 2110 c.c. e 51 ccnI di categoria, pari a dodici mesi nell’ultimo triennio, calcolato a ritroso d 09/03/2017. omissis
COGNOME
Numero registro generale 212E5/2021 Numero sezionale 1545,2024 Numero di raccolta generale 15568,2024 Data p ubblicazione 04.436/2024
2.- Il Tribunale rigettava Virnpugnazione del licenziamento, ritenendo che la richiesta di aspettativa della ricorrente non fosse stata recapitata a RAGIONE_SOCIALE.
3.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame interposto dalla lavoratrice e per l’effetto annullava i licenziamento, ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro e condannava la RAGIONE_SOCIALE a pagare l’indennità risarcitoria in misura pari a 9 mensilit dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
è pacifico tra le parti che il rapporto di lavoro fosse regolato dal ccr per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati;
l’art. 51 del citato ccril, al co. 4, prevede il periodo di comporto (anc per sommatoria) di 12 mesi nell’arco di 36 mesi consecutivi che precedono l’ultimo giorno di malattia considerato;
l’art. 51, al co. 7, prevede che superati i limiti di conservazione posto l’azienda, su richiesta del lavoratore, concederà un periodo di aspettativa non superiore a 4 mesi durante il quale il rapporto di lavoro rimane sospeso a batti gli effetti senza diritto a retribuzione e alcun istituto contrattuale;
contrariamente all’assunto del Tribunale, la lavoratrice ha dato prova di spedizione e di ricezione dell’istanza di aspettativa di 3 mesi d 20/01/2017 al 20/04/2017 mediante fax del 13/01/2017, spedito in pari data con esito positivo al numero di fax I omissis I, che effettivamente compare sulla carta intestata della RAGIONE_SOCIALE appellata;
in ordine a tale notifica la RAGIONE_SOCIALE ha negato di aver ricevuto l’atto mezzo fax, ma nulla ha dedotto in ordine alla ricevuta di notifica prodotta dalla ricorrente, limitandosi a sostenere di non avere avuto la possibilità di visionare i documenti della controparte;
non è chiaro cosa abbia impedito alla RAGIONE_SOCIALE di prendere cognizione degli atti e dei documenti allegati al ricorso e di svolgere adeguat difesa;
COGNOME
Numero registro generale NUMERO_DOCUMENTO
Numero sezionale 1545,2024
Numero di raccolta generale 15568,2024
04,06/2024
NOME COGNOME g) l’art. 51 ccril non lascia margini di discrezionalità al datore che deve concedere l’aspettativa se richiesta;
si tratta di uno strumento previsto dal ccril a tutela del lavorator proprio per evitare di superare il periodo di comporto, come chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 12233/2013;
se la RAGIONE_SOCIALE avesse concesso l’aspettativa il rapporto di lavor sarebbe rimasto sospeso fino al 20/04/2017 e quindi solo dopo quella data si sarebbe potuto verificare se andando a ritroso di 36 mesi il periodo di comporto fosse stato superato oppure no;
deve concludersi che il superamento del periodo di comporto posto a base del recesso è del tutto insussistente;
trova applicazione la tutela reale di cui al co. 7 dell’art. 18 L 300/1970, che richiama quella del co. 4, non avendo la RAGIONE_SOCIALE dimostrato l’insussistenza del requisito dimensionale ed avendo anzi affermato di avere 2.500 dipendenti su tutto il territorio nazionale.
4.- Avverso tale sentenza I COGNOME omissis COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
5.NOMECOGNOME ha resistito con controricorso.
6.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c la RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta “violazione o falsa applicazione” degli artt 2110 c.c., 18 L. n. 300/1970 e 51 ccril multiservizi del 31/05/2011 p avere la Corte territoriale ritenuto che l’aspettativa sospendesse il calco del comporto, laddove il ccril prevede che l’aspettativa vada concessa solo una volta superati i limiti di conservazione del posto di lavoro.
Il motivo è infondato.
Il tenore letterale della clausola non implica la conseguenza voluta dalla ricorrente.
E’ infatti evidente che se il dipendente restasse in malattia oltre il peri di comporto e presentasse l’istanza solo successivamente al superamento del predetto periodo correrebbe il concreto rischio di vedersi licenziato (pe superamento del periodo di comporto) senza aver potuto presentare l’istanza. Questo significato finirebbe per comportare una vera e propria
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pr ai4é ogicadir e 04,06/2024 interpretatio abrogans della clausola, in contrasto con il conservazione espresso dall’art. 1367 c.c.
La clausola contrattual-collettiva va allora interpretata nel senso per cu l’aspettativa – che ben può e prudenzialmente deve essere richiesta prima della scadenza del periodo di comporto – opera e spiega ovviamente i suoi effetti oltre il termine dei 12 mesi di comporto, determinandone il naturale prolungamento, proprio a causa ed in conseguenza della sospensione del rapporto di lavoro espressamente prevista dallo stesso art. 51 ccnI cit.
Contrariamente all’assunto della RAGIONE_SOCIALE ricorrente, poi, la violazione de diritto all’aspettativa non determina solo una conseguenza risarcitoria, ma inficia la validità del licenziamento, perché impedisce la configurazione di u superamento del periodo di comporto, ossia del fatto per il quale è intervenuto il licenziamento. Questa Corte ha già affermato, infatti, che i relativo periodo non può essere computato nell’arco temporale dei trentasei mesi previsti dal ccril, ma va considerato come periodo “neutro”, sicché il datore di lavoro può legittimamente esercitare il diritto di recesso soltant ove, al termine dell’aspettativa, il lavoratore non rientri in servizio assenti nuovamente per malattia e l’assenza, sommata alle precedenti, superi il periodo cosiddetto “interno” entro l’arco temporale esterno, quest’ultimo da calcolarsi pur sempre escludendo il periodo di aspettativa (Cass. n. 2794/2015; Cass. n. 799/2017).
Infondata è anche l’ulteriore censura della ricorrente, secondo cui il recesso era comunque legittimo, perché il presupposto di legge – ossia i superamento del periodo di comporto – si era già verificato. Basti al contrario considerare che tale presupposto, nella tesi della RAGIONE_SOCIALE, sarebbe verificato in data 09/03/2017, mentre l’istanza di aspettativa (di t mesi decorrenti dal 20/01/2017) – come accertato in fatto dalla Corte territoriale – era stata presentata dalla lavoratrice in data 13/01/201 quindi ben prima che quel presupposto si fosse realizzato.
Dunque la decisione dei giudici d’appello cima l’insussistenza del presupposto del superamento del periodo di comporto alla data del 09/03/2017 è conforme a diritto (v. Cass. n. 12233/2013), sicché licenziamento risulta essere stato intimato in violazione dell’art. 2110 c. Sul piano delle conseguenze è pertanto esatta la sussunzione della
COGNOME
fattispecie nell’art. 18, co. 7, L. n. 300/1970.
Numero registro generale 212E5/2021 Numero sezionale 1545,2024 Numero di raccolta generale 15568,2024 Data pubblicazione 04,06/2024
COGNOME
2.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
3.- In caso di diffusione deve essere omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti e dei terzi coinvolti nel p giudizio, ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 196/2003.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario del spese generali e accessori di legge, con attribuzione al difensore del controricorren12e, dichiaratosi antistatario.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai se dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricor norma dell’art. 13, co. 1 bis, d. P. R. cit., se dovuto.
In caso di diffusione dispone che sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti e dei terzi coinvolti nel p giudizio, ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 196/2003.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 04/04/2024.