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Aspettativa e comporto: come salva il posto di lavoro

La Cassazione chiarisce il rapporto tra aspettativa e comporto. Una lavoratrice, licenziata per superamento del periodo di malattia, viene reintegrata perché aveva richiesto l’aspettativa prima della scadenza del comporto. La Corte stabilisce che la richiesta sospende il calcolo, rendendo illegittimo il licenziamento.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Aspettativa e Comporto: Come una Richiesta Tempestiva Annulla il Licenziamento

Nel complesso mondo del diritto del lavoro, il bilanciamento tra le esigenze dell’azienda e la tutela della salute del lavoratore trova un punto critico nella gestione del periodo di comporto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una richiesta di aspettativa presentata prima della scadenza del periodo massimo di malattia è uno strumento efficace per conservare il posto di lavoro. Analizziamo come l’interazione tra aspettativa e comporto possa determinare la legittimità o meno di un licenziamento.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice, dipendente di una grande società consortile, si trovava in un prolungato periodo di assenza per malattia. Prossima al superamento del periodo di comporto di dodici mesi, previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di categoria, inviava al datore di lavoro una richiesta di aspettativa non retribuita della durata di tre mesi. La comunicazione veniva spedita via fax in data 13 gennaio 2017, ben prima della data in cui si sarebbe compiuto il superamento del comporto, fissata al 9 marzo 2017.

Nonostante la richiesta, l’azienda procedeva al licenziamento della dipendente proprio per superamento del periodo massimo di malattia. La società sosteneva di non aver mai ricevuto la comunicazione via fax, contestando così l’efficacia della richiesta di aspettativa.

Il Percorso Giudiziario e l’importanza dell’aspettativa e comporto

Il caso ha visto esiti opposti nei primi due gradi di giudizio. Il Tribunale di primo grado rigettava il ricorso della lavoratrice, ritenendo non provata la ricezione della richiesta da parte dell’azienda. La Corte d’Appello, invece, ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado accertavano che la lavoratrice aveva fornito prova sia della spedizione che della ricezione del fax, il cui numero corrispondeva a quello presente sulla carta intestata della società.

Di conseguenza, la Corte d’Appello annullava il licenziamento, ordinava la reintegrazione della lavoratrice e condannava la società al pagamento di un’indennità risarcitoria. La decisione si fondava sul fatto che la richiesta di aspettativa, prevista dal CCNL come un diritto del lavoratore, avrebbe dovuto essere concessa, sospendendo di fatto il conteggio dei giorni di malattia e impedendo il superamento del comporto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La società datrice di lavoro ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale ha però rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità della decisione dei giudici di secondo grado. Vediamo i punti salienti del ragionamento della Suprema Corte.

La Funzione Protettiva dell’Aspettativa

La Cassazione ha chiarito che l’aspettativa prevista dal CCNL non è una concessione discrezionale del datore di lavoro, ma uno strumento di tutela posto a favore del lavoratore proprio per evitare che la malattia possa portare alla perdita del posto. Presentare la richiesta prima della scadenza del comporto è non solo possibile, ma anche prudente.

Attendere il superamento del limite, infatti, esporrebbe il lavoratore al rischio concreto di essere licenziato prima ancora di poter formalizzare la domanda, vanificando la tutela prevista dal contratto collettivo.

L’Aspettativa come Periodo “Neutro”

Il punto cruciale della decisione riguarda gli effetti della richiesta di aspettativa sul calcolo del comporto. La Corte ha stabilito che il periodo di aspettativa non va sommato alle assenze precedenti, ma deve essere considerato un “periodo neutro”. Questo significa che, una volta richiesta l’aspettativa, il conteggio dei giorni di malattia si sospende.

Il datore di lavoro potrà esercitare il diritto di recesso solo se, al termine dell’aspettativa, il lavoratore non rientri in servizio o si assenti nuovamente per malattia, e la somma delle assenze (quelle prima e quelle dopo l’aspettativa) superi il limite del comporto, calcolato escludendo il periodo “neutro” dell’aspettativa.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha respinto la tesi della società secondo cui la violazione del diritto all’aspettativa potesse dare luogo solo a un risarcimento del danno. Al contrario, ha affermato che negare l’aspettativa inficia la validità stessa del licenziamento, perché impedisce la configurazione del suo presupposto fondamentale: il superamento del periodo di comporto.

Nel caso specifico, la lavoratrice aveva presentato richiesta il 13 gennaio 2017 per un’aspettativa che sarebbe iniziata il 20 gennaio e terminata il 20 aprile 2017. Il licenziamento è avvenuto il 9 marzo 2017. A quella data, grazie all’effetto sospensivo della richiesta di aspettativa, il limite del comporto non era stato ancora superato. Pertanto, il licenziamento era del tutto illegittimo perché privo del suo presupposto di fatto e di diritto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un’importante lezione sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Per i lavoratori, sottolinea l’importanza di agire tempestivamente, richiedendo l’aspettativa prima che il periodo di comporto si esaurisca. Per i datori di lavoro, ribadisce che le clausole dei CCNL che prevedono l’aspettativa non sono mere formalità, ma diritti sostanziali la cui violazione può portare all’annullamento del licenziamento e alla reintegrazione del dipendente. Una gestione attenta e corretta delle comunicazioni e dei diritti contrattuali è essenziale per evitare contenziosi costosi e per garantire un rapporto di lavoro equo e conforme alla legge.

Quando va richiesta l’aspettativa per malattia per interrompere il periodo di comporto?
La richiesta deve essere presentata prudenzialmente prima della scadenza del periodo di comporto. Presentarla dopo esporrebbe il lavoratore al rischio di essere licenziato prima che la richiesta possa essere valutata, vanificando la tutela.

Il datore di lavoro può rifiutare la richiesta di aspettativa prevista dal CCNL?
No, secondo l’interpretazione della Corte basata sul CCNL applicato in questo caso, la concessione dell’aspettativa non è discrezionale. Se richiesta, il datore di lavoro è tenuto a concederla.

Cosa succede se il datore di lavoro licenzia il dipendente nonostante la richiesta di aspettativa?
Il licenziamento è illegittimo. La richiesta di aspettativa sospende il calcolo del periodo di comporto. Di conseguenza, il licenziamento intimato per superamento di tale periodo è privo del suo presupposto e viene annullato, con conseguente diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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