Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6959 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12695/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME– COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, che ha indicato il seguente indirizzo di posta elettronica certificata: ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commis- sario straordinario p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, che ha indicato il seguente indirizzo di posta elettronica certificata:
;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 803/22, depositata il 6 luglio 2022.
Civile Ord. Sez. 1   Num. 6959  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE Convenne in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 144/97, emesso il 27 maggio 1997, con cui il Presidente del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE le aveva intimato il pagamento della somma di Lire 2.410.000.856, oltre interessi di cui all’art. 62 della legge della Regione Calabria 17 dicembre 1981, n. 21, a titolo di saldo del corrispettivo per prestazioni sanitarie in regime di ricovero erogate nell’anno 1995 dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE NOME, gestita dRAGIONE_SOCIALE convenuta.
A sostegno dell’opposizione, l’RAGIONE_SOCIALE eccepì che tenuta al pagamento era la Regione Calabria, trattandosi di un debito facente capo RAGIONE_SOCIALE gestione pregressa dell’RAGIONE_SOCIALE; sostenne inoltre di aver legittimamente corrisposto soltanto le somme dovute per le prestazioni erogate in conformità di quanto previsto dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, nonché di aver correttamente applicato le tariffe approvate con delibere n. 691 del 20 febbraio 1995 e n. 1685 del 29 marzo 1995, aventi efficacia retroattiva.
Si costituì la RAGIONE_SOCIALE, e resistette all’opposizione, chiedendone il rigetto, e proponendo in subordine domanda di riconoscimento dell’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento.
1.1. Con sentenza n. 843 del 2004, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE dichiarò il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario.
 Il  giudizio  fu  pertanto  riassunto  dinanzi  al  Tribunale  amministrativo RAGIONE_SOCIALE per la Calabria, Sede di RAGIONE_SOCIALE, che con sentenza del 19 dicembre 2011 dichiarò il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo.
Il giudizio fu nuovamente riassunto dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, che con sentenza del 23 gennaio 2019 rigettò la domanda proposta dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE,  ritenendo  legittima  l’applicazione  retroattiva  delle  tariffe  regionali, escludendo il  diritto  RAGIONE_SOCIALE  remunerazione  per  le  prestazioni  rese  in  assenza della prescrizione del medico di fiducia, e dichiarando infondata la domanda di riconoscimento dell’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento.
L’impugnazione proposta dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è stata rigettata dRAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 6 luglio 2022.
Premesso che la sentenza impugnata era rimasta incensurata, nella parte in cui aveva ritenuto legittima l’applicazione retroattiva delle tariffe regionali approvate nell’anno 1995, la Corte ha confermato che l’art. 8, comma quinto, del d.lgs. n. 502 del 1992, nell’attribuire agli assistiti la facoltà di scegliere liberamente le strutture o i professionisti cui rivolgersi, tra quelli accreditati dal RAGIONE_SOCIALE, subordina l’erogazione delle prestazioni sanitarie RAGIONE_SOCIALE prescrizione del proprio medico di fiducia, aggiungendo che tale principio è stato ribadito dall’art. 41, comma sesto, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dall’art. 2, comma ottavo, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché dRAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale, che con sentenza n. 416 del 1995 ha riconosciuto la permanenza dei poteri di controllo, indirizzo e verifica spettanti alle Regioni ed alle usl. Ha rilevato inoltre che con circolare prot. 09207 del 3 maggio 1995 l’RAGIONE_SOCIALE, nel segnalare la necessità della prescrizione ai fini del ricovero degli assistiti presso le strutture accreditate, aveva precisato che l’inosservanza di tale disposizione avrebbe escluso la remunerabilità della prestazione.
Quanto poi RAGIONE_SOCIALE domanda di riconoscimento dell’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, premesso che, in quanto proponibile soltanto in via residuale, la stessa non può trovare accoglimento ove sia ipotizzabile un’azione diversa, indipendentemente dRAGIONE_SOCIALE circostanza che l’esercizio di quest’ultima risulti in concreto precluso per prescrizione o decadenza, la Corte ha osservato che i presupposti richiesti dall’art. 2041 cod. civ. devono sussistere anche nel caso di proposizione della domanda nei confronti della Pubblica RAGIONE_SOCIALE, richiamando inoltre il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, che esclude la necessità del riconoscimento esplicito o implicito dell’utilità della prestazione da parte del soggetto pubblico, e pone a carico di quest’ultimo l’onere di provare il rifiuto dell’arricchimento o l’impossibilità del rifiuto per inconsapevolezza. Ciò posto, e precisato che l’indennizzo non è dovuto quando lo squilibrio economico sia giustificato dal consenso della parte che assume di essere stata danneggiata, ha confermato l’infondatezza della domanda, ritenendo che le prestazioni rese dRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, fossero state consapevolmente erogate in violazione di legge, in quanto eseguite  volontariamente,  nonostante  la  conoscenza  della  subordinazione delle stesse RAGIONE_SOCIALE prescrizione del medico di fiducia.
Avverso la predetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo. Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, succeduta all’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda subordinata di riconoscimento dell’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, per difetto di sussidiarietà, senza tenere conto delle ragioni che hanno determinato il rigetto della domanda principale, le quali impediscono ad essa ricorrente di far valere i propri diritti in via contrattuale o extracontrattuale. Premesso di aver fornito la prova dell’esecuzione delle prestazioni, la cui regolarità, attestata dai funzionari preposti al controllo attraverso la convalida dei rendiconti mensili da essa trasmessi all’RAGIONE_SOCIALE, trovava conferma nell’avvenuta liquidazione degli acconti da parte del Direttore generale, sostiene che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva mai sollevato rilievi o contestazioni in ordine all’effettiva erogazione del RAGIONE_SOCIALEo, né aveva manifestato la volontà di rifiutare l’arricchimento. Lamenta la violazione dei doveri di correttezza e buona fede gravanti sull’RAGIONE_SOCIALE nella gestione del rapporto convenzionale, nonché dei principi di legalità e certezza dei rapporti giuridici, che escludono la facoltà della Pubblica RAGIONE_SOCIALE d’incidere unilateralmente e retroattivamente sulle situazioni soggettive dei privati, mediante provvedimenti limitativi della loro sfera giuridica. Aggiunge che, nell’escludere la legittimità delle prestazioni rese in assenza della prescrizione del medico di fiducia, la sentenza impugnata ha omesso d’indicare la norma violata, nonché di applicare l’art. 8quinquies , comma primo, lett. d) , del d.lgs. n. 502 del 1992, che consente di remunerare le prestazioni rese oltre i limiti quantitativi previsti dal contratto.
1.1. Il ricorso è infondato.
Ai fini del rigetto della domanda di riconoscimento dell’indennizzo per in-
giustificato arricchimento, la sentenza impugnata non ha affatto escluso la sussistenza del presupposto di cui all’art. 2042 cod. civ., avendo specificamente richiamato il principio enunciato da questa Corte, secondo cui l’azione è proponibile soltanto nel caso in cui il danneggiato non disponga ab origine di un altro titolo da far valere a sostegno della propria pretesa, restando invece preclusa allorché quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subìto o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico (cfr. Cass., Sez. Un., 5/12/2023, n. 33954; Cass., Sez. III, 18/10/2024, n. 27008; 13/03/2024, n. 6735). La Corte territoriale si è invece conformata all’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il depauperato che agisca ai sensi dell’art. 2041 cod. civ. nei confronti della Pubblica RAGIONE_SOCIALE è tenuto esclusivamente a provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dell’utilità della prestazione, giacché tale riconoscimento non integra un fatto costitutivo della domanda; ciò non implica, peraltro, un affievolimento delle esigenze di tutela delle finanze pubbliche, né una sottovalutazione delle dimensioni e della complessità dell’articolazione interna dell’RAGIONE_SOCIALE, la cui considerazione trova adeguata giustificazione nel principio di diritto comune del c.d. arricchimento imposto, in virtù del quale l’RAGIONE_SOCIALE è ammessa ad eccepire e provare che l’indennizzo non è dovuto, avendo l’arricchito rifiutato la locupletazione ovvero non avendo avuto la possibilità di rifiutarlo, perché inconsapevole dell’ eventum utilitatis (cfr. Cass., Sez. Un., 26/05/2015, n. 10798; Cass., Sez. III, 27/05/2024, n. 14735; Cass., Sez. I, 27/06/2017, n. 15937). Tali principi, costituenti ormai jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte, hanno trovato applicazione anche in riferimento all’ipotesi in cui, come nella specie, l’azione d’ingiustificato arricchimento sia stata esercitata da un professionista o dal gestore di una struttura privata che abbia reso prestazioni in favore degli assistiti dal RAGIONE_SOCIALE in difetto dei requisiti o degli adempimenti che, ai sensi delle disposizioni che ne disciplinano l’erogazione, legittimano l’imposizione a carico dell’RAGIONE_SOCIALE dell’obbligo di provvedere al pagamento del corrispettivo: si è ritenuto, ad esempio, che sia configurabile un
arricchimento imposto nel caso in cui la struttura fosse priva dell’accreditamento, per intervenuta revoca dello stesso (cfr. Cass., Sez. III, 20/06/2024, n. 16980), oppure avesse superato il limite quantitativo delle prestazioni stabilito dal contratto (c.d. budget o tetto di spesa: cfr. Cass., Sez. VI, 5/11/ 2020, n. 24642; Cass., Sez. III, 6/07/2020, n. 13884; 24/04/2019, n. 11209 cit.).
In mancanza dei predetti requisiti o adempimenti, nessun rilievo possono assumere né l’effettiva esecuzione delle prestazioni, avvenuta non solo in assenza di un titolo contrattuale ma anche in contrasto con le norme che disciplinano il funzionamento del RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE, né l’esito positivo dei controlli amministrativi e contabili, aventi ad oggetto esclusivamente il riscontro della regolarità della documentazione prodotta e la quantificazione dell’importo dovuto, né infine il pagamento di eventuali acconti da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, privo di un valido titolo giustificativo: tali elementi, di cui la ricorrente lamenta l’omessa valutazione ai fini dell’accertamento del consenso prestato dall’RAGIONE_SOCIALE all’erogazione delle prestazioni, sono stati correttamente trasRAGIONE_SOCIALEti dRAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a fronte della mancata dimostrazione dell’avvenuta effettuazione dei ricoveri sulla base delle prescrizioni dei medici di fiducia, indispensabili per la valutazione dell’utilità delle prestazioni erogate, in quanto aventi la funzione di attestare le condizioni di salute degli assistiti, le patologie che ne hanno reso necessario od opportuno il ricovero e l’appropriatezza dello stesso alle esigenze di RAGIONE_SOCIALE emergenti dalle indagini cliniche eventualmente effettuate.
Irrilevanti, a fronte dell’inosservanza delle norme legislative e amministrative che disciplinano il ricovero degli assistiti presso le strutture sanitarie, sono stati correttamente ritenuti il tempo trascorso dall’effettuazione delle prestazioni e la mancata formulazione di rilievi da parte dell’RAGIONE_SOCIALE in ordine RAGIONE_SOCIALE regolarità delle stesse, inidonei ad ingenerare nel gestore un legittimo affidamento in ordine all’utilità delle prestazioni ed al diritto RAGIONE_SOCIALE remunerazione, avuto riguardo RAGIONE_SOCIALE circostanza, opportunamente evidenziata dRAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, che esso era a conoscenza delle predette disposizioni, o comunque avrebbe dovuto acquisirne la consapevolezza, con l’uso della diligenza richiesta dall’attività esercitata; non merita consenso, in quest’ottica, nep-
pure il riferimento della ricorrente all’arbitrarietà del rifiuto opposto dall’RAGIONE_SOCIALE al pagamento del corrispettivo, che non potrebbe giustificare il riconoscimento dell’indennizzo di cui all’art. 2041 cod. civ., ma, al più, la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni, per violazione dei canoni di correttezza e buona fede nello svolgimento del rapporto convenzionale.
Inappropriato risulta infine il richiamo della ricorrente all’art. 8quinquies , comma primo, lett. d) , del d.lgs. n. 502 del 1992, che demanda alle Regioni il compito d’individuare i criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture, ove le stesse abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato: l’oggetto del presente giudizio non è costituito infatti dal pagamento del corrispettivo di prestazioni rese nel rispetto della disciplina legislativa ed amministrativa che le regola, ma oltre il limite quantitativo stabilito nel contratto ai sensi del comma secondo, lett. b) dell’art. 8quinquies , bensì dall’accertamento della locupletazione che l’RAGIONE_SOCIALE ha asseritamente ritratto da prestazioni erogate in violazione delle predette regole, e per le quali la ricorrente non poteva dunque vantare un diritto al pagamento del corrispettivo, ma solo chiedere il riconoscimento di un indennizzo commisurato all’importo inferiore tra il predetto arricchimento e la diminuzione patrimoniale da essa subìta, subordinatamente RAGIONE_SOCIALE prova dell’utilità delle prestazioni, come si è detto non fornita. Inconferente è quindi anche l’invocazione del principio d’irretroattività dei provvedimenti amministrativi incidenti sulla sfera giuridica del privato con effetto limitativo delle sue posizioni giuridiche soggettive, ritenuto peraltro non incompatibile con la fissazione di tetti massimi di spesa (c.d. budget ) per le prestazioni sanitarie già erogate dalle strutture private accreditate (cfr. Cass., Sez. I, 19/09/2024, n. 25184).
2. Le spese processuali seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente,  delle  spese  del  giudizio  di  legittimità,  che  liquida  in  Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 27/11/2024