Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 27719  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10911-2020 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
 avverso  la  sentenza  n.  401/2019  della  CORTE  D’APPELLO  di VENEZIA, depositata il 13/09/2019 R.G.N. 182/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
R.G.N. 10911/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/09/2025
CC
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza in atti, ha respinto il gravame proposto dai lavoratori COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME avverso la sentenza del tribunale di Vicenza che aveva rigettato la domanda intesa ad accertare che il loro rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE fosse regolato, al pari del rapporto di altri dipendenti della società, secondo le disposizioni contenute nel CCNL per i dipendenti delle aziende RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) anziché da quello applicato sin dalla loro assunzione (ossia il CCNL Gas-acqua, RAGIONE_SOCIALE), in ragione della attività svolta.
A fondamento della decisione la Corte di appello ha richiamato la sentenza del primo giudice il quale aveva affermato che l’iscrizione del datore di lavoro all’associazione firmataria del contratto collettivo di lavoro coerente con l’attività svolta dai lavoratori vincolava solo nei confronti del sindacato e non nei confronti dei lavoratori e non comportava l’obbligo di applicare lo stesso contratto di lavoro, dovendo ritenersi prevalente la scelta delle parti in sede di stipulazione del contratto di applicare un differente contratto collettivo.
Inoltre,  la  Corte  d’appello  ha  escluso  che  l’applicazione  del contratto collettivo contestato fosse fondata su un elemento di costrizione, in mancanza degli elementi ex artt. 1414 o 1427 c.c.
Ha  poi escluso che l’applicazione del contratto collettivo coerente con l’attività di lavoro potesse derivare dall’art. 2070 c.c.  che  detta  il  criterio  merceologico;  e,  richiamando  il  2° comma dell’art.2070 c.c., ha precisato che nel caso di specie non era stata  dimostrata  l’accessorietà  dell’attività  svolta  dai ricorrenti.
Inoltre,  la  Corte  di  appello  ha  richiamato  la  sentenza  delle Sezioni unite n. 2665 del 1997 con la quale si è definitivamente affermato  che  nel  nostro  sistema  l’efficacia  soggettiva  del contratto  collettivo  di  diritto  comune  si  fonda  sulle  regole civilistiche della rappresentanza in base all’iscrizione all’associazione sindacale.
Secondo la Corte di appello non poteva rilevare nemmeno la giurisprudenza amministrativa citata dagli appellanti che riguardava  il  diverso  caso  dell’affidabilità  del  datore,  ai  fini dell’acquisizione  di  un  appalto  pubblico  di  una  società  che applicava ai suoi dipendenti un contratto collettivo cosiddetto innaturale.
Infine, la Corte di appello ha osservato che la pretesa sussistenza  di  un  obbligo  in  capo  al  datore  di  lavoro  di inquadrare tutti i lavoratori obbligati alla medesima prestazione contrattuale nel contratto contenutisticamente corretto in quanto descrittivo delle reali prestazioni richieste al lavoratore, configura un’affermazione inconciliabile con la premessa, accettata dagli appellanti, circa l’assenza di un principio di parità di trattamento.
L’unico profilo rispetto al quale una doglianza del genere poteva essere  vagliata  era  costituito  dalla  violazione  del  parametro costituzionale dell’art. 36 della Cost.
(‘Nel caso di specie il collegio, pur consapevole che tale richiamo all’articolo 36 Costituzione deve considerarsi comunque implicitamente  suscitato  dalla  pretesa  ad  un  adeguamento retributivo del lavoratore, rileva che nel caso di specie proprio in  ragione  della  conclamata  adeguatezza  e  sufficienza  del trattamento  retributivo assicurato da  entrambi  i contratti collettivi applicati dalla società, come ricordato, sottoscritti da organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, non è
giustificata  la  doglianza  degli  appellati  neppure  sotto  tale ulteriore profilo’).
Contro  la  sentenza  hanno  proposto  ricorso  per  cassazione  i lavoratori sopra indicati con un motivo al quale ha resistito RAGIONE_SOCIALE  con  controricorso.  Le  parti  hanno  depositato  memorie prima dell’udienza. Dopo la decisione, il Collegio ha autorizzato il  deposito della motivazione nel termine di 60 giorni previsto dalla legge.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c.; e si censura la sentenza della Corte d’appello di Venezia nella parte in cui non riconosce il diritto dei ricorrenti a che il loro rapporto di lavoro venga regolato, al pari del rapporto di altri dipendenti della stessa società preposti alle medesime mansioni da essi svolte, dalle disposizioni contenute nel CCNL per i dipendenti delle aziende RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), che nell’articolo 3 descrive le mansioni effettivamente svolte dagli stessi ricorrenti, anziché da quello applicato sin dalla loro assunzione (ossia il CCNL RAGIONE_SOCIALE), che attiene a mansioni diverse ed agli stessi estranee; e ciò in ragione dell’iscrizione del datore di lavoro all’associazione stipulante il CCNL Ambiente.
In particolare la censura evidenzia come la quaestio iuris che si sottopone a questa Suprema Corte è di accertare l’erroneità di un’interpretazione per la quale sia concesso al datore di lavoro che svolge più di un’attività e che, come nel caso di specie sia iscritto a più organizzazioni di RAGIONE_SOCIALE che hanno rispettivamente sottoscritto CCNL diversi per le diverse attività (CCNL  RAGIONE_SOCIALE,  da  una  parte-destinato  alle  attività  di
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE,  corrispondenti  alle  mansioni  effettivamente svolte dai ricorrenti nell’impianto in cui sono impiegati e CCNL RAGIONE_SOCIALE,  dall’altra,  destinato  alle  mansioni  del  settore gas-acqua estranee alle reali ed effettive mansioni svolte dai lavoratori  ricorrenti)  di  poter  applicare,  arbitrariamente,  ai lavoratori, anche se non iscritti ad alcuna associazione sindacale,  un  CCNL  piuttosto  che  un  altro,  potendo  così prescindere dalle mansioni loro effettivamente demandate.
Inoltre, si chiede a questa Corte di cassazione di accertare la sussistenza di un diritto del lavoratore alla parità di trattamento non meramente retributiva ma sostanziale, scongiurando che l’affiliazione del datore di lavoro a più associazioni di RAGIONE_SOCIALE possa diventare lo strumento per veicolare un’ingiusta disparità di inquadramento contrattuale tra lavoratori in concreto impiegati in mansioni identiche e perfettamente sovrapponibili. 2.- Il motivo di ricorso deve ritenersi fondato nei limiti e per le ragioni di seguito indicate.
3.In primo luogo va evidenziato che, come precisato testualmente in ricorso, la questione demandata a questa Corte riguarda il tema della applicazione di contratti collettivi nazionali di RAGIONE_SOCIALE diversi all’interno di una stessa azienda che esercita attività differenti, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia iscritto alle associazioni stipulanti più CCNL (nella fattispecie sia il CCNL Ambiente che il CCNL RAGIONE_SOCIALE), mentre alcuni lavoratori addetti ad un settore (nel caso di specie dei rifiuti) si vedono applicare non il CCNL coerente con l’attività da essi svolta, come gli altri colleghi di lavoro, ma il CCNL ( nello specifico quello RAGIONE_SOCIALE) relativo ad un altro diverso settore di attività in cui opera la stessa impresa.
4.- Quanto allo svolgimento di due distinte attività, che occorre considerare ai fini  della  causa,  la  stessa  controricorrente  non
contesta l’esistenza del presupposto sostenendo che ‘ l’applicazione del contratto RAGIONE_SOCIALE non può essere contestata ancorché il contratto medesimo possa considerarsi in un certo senso ‘innaturale’ rispetto ( non già all’attività di RAGIONE_SOCIALE complessivamente considerata, ma) al settore di attività svolto da quella parte di RAGIONE_SOCIALE della quale i ricorrenti sono dipendenti ‘. Per la controricorrente l’esistenza di due distinti settori di attività non avrebbe alcun rilievo, come non l’avrebbe l’iscrizione alle associazioni stipulanti i due CCNL applicabili nei medesimi settori: per la controricorrente ‘la libera scelta del contratto ex art 39 Cost. prevale sulle caratteristiche specifiche dell’attività produttiva’.
La stessa ratio decidendi è stata posta dai giudici di merito a fondamento della decisione impugnata attribuendo prevalenza alla scelta del Ccnl in sede di pattuizione individuale anziché alle distinte attività esercitate da RAGIONE_SOCIALE ed  alla sua iscrizione alle associazioni  datoriali  stipulanti  o  all’applicazione  di  fatto  del medesimo contratto agli altri lavoratori.
5.- Tale premessa consente di superare anzitutto le eccezioni di inammissibilità sollevate nel controricorso per mancata indicazione delle norme di diritto violate, posto che, quando è chiara la censura sollevata (v. Cass. n. 21819/2017), non è inammissibile l’impugnazione per omessa indicazione delle norme di legge che si assumono violate, la cui presenza non costituisce requisito autonomo ed imprescindibile del ricorso, ma è solo funzionale a chiarirne il contenuto e a identificare i limiti della censura formulata, sicché la relativa omissione può comportare l’inammissibilità della singola doglianza solo se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, precludendo la delimitazione delle questioni sollevate.
6.- Inoltre la ricognizione appena effettuata rivela l’errore contenuto nella sentenza impugnata posto che in tema di efficacia soggettiva del CCNL, secondo quanto afferma costantemente la giurisprudenza di legittimità, in seguito alla sentenza della Sez. Unite n. 2665 del 26/03/1997, l’is crizione del datore all’associazione stipulante è uno dei modi che serve a conferire efficacia vincolante al CCNL di diritto comune (cfr. sentenza n. 24160 del 2015, n. 26742 del 2014 ) ed essa è sufficiente a garantire l ‘efficacia della stessa RAGIONE_SOCIALE anche nei confronti del lavoratore non iscritto.
Infatti ‘Il primo comma dell’art. 2070 cod. civ. (secondo cui l’appartenenza alla RAGIONE_SOCIALE professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore) non opera nei riguardi della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di diritto comune, che ha efficacia vincolante limitatamente agli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e a coloro che, esplicitamente o implicitamente, al contratto abbiano prestato adesione. Pertanto, nell’ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell’attività svolta dell’imprenditore, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso, se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo eventualmente richiamare tale disciplina come termine di riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., deducendo la non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato.’ ( S.U. n. 2665/1997).
7.- Il  criterio  è  stato  ribadito  da  ultimo  da  Cass.  n.  7203  del 18/03/2024 la quale, in coerenza con quanto affermato dalle Sez. Unite cit., ha così statuito: ‘La sfera di efficacia soggettiva
del contratto collettivo di diritto comune non va individuata in applicazione del criterio c.d. merceologico dell’attività svolta dal prestatore ai sensi dell’art. 2070, comma 1, c.c., ma è invece frutto dell’esercizio dell’autonomia negoziale manifestata con l’iscrizione ad un sindacato o ad un’associazione imprenditoriale o anche con comportamento concludente; conseguentemente, ai lavoratori che lo richiedono, pur se assunti in tempi diversi, va applicato il contratto collettivo in essere, anche in fatto, nell’impresa, indipendentemente dall’attività svolta, con la precisazione che, se il datore esercita distinte attività economiche, occorre individuare, il contratto collettivo riferibile al personale addetto alle singole attività, fermo – in ogni caso i l rispetto dell’art. 36 Cost.’
Nella fattispecie in esame, come già detto, proprio di questo si tratta (di distinte attività esercitate dalla RAGIONE_SOCIALE), non  già dell’ipotesi (ultronea) dello svolgimento di un’attività ausiliaria rispetto ad un’ipotetica attività principale su cui pure, tra l’altro, si  è  soffermata  contraddittoriamente  la  pronuncia  di  appello (riconoscendo – appunto – che non vi fosse prova del carattere accessorio dell’una attività rispetto all’altra).
8.- La questione sollevata col ricorso è, quindi, fondata, non essendo consentito dall’ordinamento al datore, iscritto ad una associazione che ha sottoscritto un contratto collettivo di lavoro coerente con il tipo di attività esercitata dai lavoratori, di applicare ad alcuni lavoratori un contratto collettivo differente ( e che determini una riduzione del trattamento retributivo) da quello applicato in azienda agli altri lavoratori, solo perché egli è pure iscritto ad altra organizzazione sindacale che ha stipulato un contratto collettivo relativo a un diverso settore di attività che però non è coerente con quella svolta dai lavoratori che agiscono in giudizio.
Infatti, con l’iscrizione alle associazioni stipulanti uno o diversi contratti collettivi di lavoro, di natura privatistica, il datore di lavoro, in virtù del principio volontaristico, si  obbliga  ad applicare nella propria azienda i contratti coerenti con l’attività di lavoro svolta dai lavoratori, secondo la sfera di applicazione oggettiva  (c.d.  perimetrazione  della  RAGIONE_SOCIALE)  descritta  negli stessi contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni a cui ha conferito il mandato.
Del  resto,  l’autonomia  RAGIONE_SOCIALE  si  estrinseca  proprio  nella stipulazione del contratto collettivo, che disciplina all’interno del  settore  merceologico  o  tipo  di  attività  che  ne  costituisce l’oggetto –  il  trattamento  minimo  a  tutela  del  lavoratore, derogabile a suo favore (ex art. 2077 c.c.), e con individuazione delle categorie e dei livelli retributivi corrispondenti alle mansioni, anch’esse derogabili solo a favore del lavoratore.
 Pertanto,  a  fronte  di  tale  vincolatività  originaria,  risultante dall’iscrizione  ad  un’associazione  stipulante,  non  può  essere ritenuta valida la successiva volontà manifestata dalle parti in sede  di  RAGIONE_SOCIALE  individuale  quando  essa  si  traduca nell ‘applicazione  di  un  trattamento  di  minor  favore  per  il lavoratore.
10.- Con la recente pronuncia, sopra indicata (n. 7203/2024), questa Corte ha affermato che l’applicazione di fatto e reiterata di un contratto collettivo RAGIONE_SOCIALE di lavoro garantisce l’uniformità dei trattamenti contrattuali e l’efficacia generalizzata del CCNL di diritto comune all’interno dell’azienda, con obbligo del datore di lavoro di applicare i contratti collettivi osservati a tutti i lavoratori; l’applicazione di fatto crea quindi un vincolo che può prevalere (attraverso la tecnica dell’inderoga bilità in peius) sulla scelta del contratto collettivo successivamente indicato in sede di contratto individuale.
11.L’iscrizione del datore all’organizzazione datoriale stipulante è un altro dei modi con cui il datore di lavoro si obbliga all’applicazione del CCNL in azienda, onde garantire trattamenti uniformi a parità di mansioni, quanto ovviamente al trattamento economico e normativo di base.
Ed anche questo obbligo, che nasce con la volontaria affiliazione, limita la scelta delle parti e si impone rispetto alla volontà espressa dalle parti in sede di stipula del contratto individuale, laddove, come si sostiene a fondamento della domanda azionata dai ricorrenti, il rinvio al contratto collettivo RAGIONE_SOCIALE si sarebbe risolto nella applicazione di un trattamento economico e normativo peggiorativo. Ma la questione dovrà essere oggetto di un puntuale esame in sede di rinvio da parte del giudice che, giudicando nel merito della domanda svolta, dovrà svolgere gli accertamenti del caso con applicazione di appropriati criteri di giudizio.
Si può dunque affermare che la scelta del CCNL è sì libera, ma deve essere pur sempre coerente con l’ordinamento e con gli obblighi assunti dal datore di lavoro iscrivendosi volontariamente  all’associazione  datoriale,  nonché  con  quelli derivanti dalla reiterata applicazione del contratto collettivo in via di fatto nei confronti della generalità dei lavoratori dipendenti che svolgano una medesima attività.
12.- Del resto se la volontà espressa dalle parti in sede individuale (con individuazione di un trattamento retributivo peggiorativo) dovesse prevalere su quella che deriva per effetto della reiterata applicazione del CCNL in azienda o della iscrizione da toriale all’associazione di RAGIONE_SOCIALE, o persino dell’iscrizione di entrambe le parti alle organizzazioni stipulanti, il contratto collettivo finirebbe per smarrire la sua funzione perdendo qualsiasi efficacia generalizzata sul piano soggettivo,
che la giurisprudenza e la dottrina hanno cercato di garantire almeno attraverso meccanismi di diritto comune, stante l’inattuazione dell’art.39 Cost.
Tanto è pure paradigmaticamente riscontrabile nel caso in esame ove la controricorrente ammette che, per propri interessi organizzativi, nell’assorbire numerose aziende pubbliche, essa ‘ ha di volta in volta conservato il trattamento collettivo dalle stesse applicato, individuando nel singolo contratto individuale di assunzione, la disciplina RAGIONE_SOCIALE da applicare al singolo rapporto di lavoro ‘; senza alcuna coerenza, quindi, né con la propria iscrizione all’associazione di RAGIONE_SOCIALE, né con il contratto collettivo applicato nello stesso settore (gas-acqua o ambiente) agli altri dipendenti.
13.E’ necessario inoltre evidenziare che proprio nella ‘sentenza madre’ n. 2665 del 1997 prima indicata, e mai superata, le Sezioni unite, hanno pure affermato che il criterio merceologico dell’art. 2070 c.c. sopravvive nel limitato caso in cui, come nella fattispecie in oggetto, il datore di lavoro eserciti più attività e sia iscritto alle corrispondenti associazioni di RAGIONE_SOCIALE firmatarie di diversi CCNL, sicché occorre scegliere il CCNL applicabile con coerenza rispetto alla sua iscrizione. Ed infatti esse scrivono: ‘Ma v’è anche un orientamento giurisprudenziale opposto, vale a dire conforme alla sopra illustrata tesi della dottrina, secondo cui il contratto collettivo postcorporativo è applicabile esclusivamente ai datori di lavoro iscritti all’associazione sindacale stipulante o, in difetto di iscrizione, a quelli che abbiano esplicitamente aderito al contratto stesso, ovvero che lo abbiano implicitamente accettato. In altre parole, nell’ordinamento attuale le categorie professionali hanno rilevanza giuridica non in base a classificazioni autoritative, bensì in base alla spontanea
organizzazione sindacale ed alle scelte dell’autonomia privata (ex multis Cass. 22 gennaio 1992 n. 695, 30 gennaio 1992 n. 976, 26 gennaio 1993 n. 928, 9 giugno 1993 n. 6412). Alla stregua di questo orientamento il primo comma dell’art. 2070 conserva una sua residua operatività, oltreché per i contratti collettivi di cui alla legge n. 741 del 1959 sopra richiamata e per quelli a cui atti aventi forza di legge operino un rinvio ricettizio, anche per le ipotesi in cui l’imprenditore svolga diverse attività economiche, sia iscritto alle rispettive associazioni sindacali ed occorra individuare il contratto collettivo applicabile al personale addetto alle singole attività (Cass. n. 976 del 1992 cit.). L’articolo non sarebbe stato perciò tacitamente abrogato dalla normativa postcorporativa. Ritengono le Sezioni unite che questo secondo orientamento esprima l’interpretazione esatta dell’art. 2070 cod. civ., in quanto meglio inquadrabile nel sistema attuale del diritto del lavoro, ossia più coerente con le altre norm e e con i principi costituzionali’.
14.- È perciò da escludere che i dipendenti di una medesima impresa che espletano la stessa attività (nel caso di specie nel settore  dei  rifiuti)  possano  essere  inquadrati  con  contratti collettivi diversi.
Tale conclusione vale, ovviamente, per il trattamento economico e normativo previsto dal contratto collettivo applicato all’interno della azienda ed in virtù dei criteri di inquadramento che attribuiscono rilevanza ai contenuti delle prestazioni ed al ruolo effettivamente assegnato al lavoratore nell’organizzazione aziendale, a prescindere da qualsivoglia comparazione intersoggettiva; posto che non esiste il principio generale di parità di trattamento nei rapporti di lavoro (cfr. Sez un. 4570 del 1996; Cass. 2 luglio 2020 n. 13617; Cass. 7 marzo 2006 n. 4850; Cass. 17 maggio 2003 n. 7752) per quanto
attiene  la  materia      dei  trattamenti  individuali  di  favore  (ad personam,  livelli  di  inquadramento  superiori,  altri  incentivi  e miglioramenti economici).
Ma  nel  caso  qui  affrontato  non  si  tratta  di  sottoporre  a valutazione  né  l’autonomia  RAGIONE_SOCIALE  esercitata  dalle  parti collettive, né tanto meno  di riconoscere un trattamento individuale  vantaggioso  per  effetto  della  comparazione  con colleghi di lavoro più favoriti, sicché risulta (del pari) fuori luogo il  richiamo  effettuato  dai  giudici  del  merito  all’inesistenza  del principio  di  parità  di  trattamento  che  opera  in  effetti  su  un diverso terreno di confronto.
15.- Come è noto, anche la Corte cost. con la sentenza 9 marzo 1989 n. 103 aveva riconosciuto l’esistenza del principio di parità di trattamento in materia di inquadramento, come corollario del principio di tutela della dignità personale del lavoratore sancito dall’art. 41 Cost., sostenendo che ‘… per tutte le parti, anche quelle sociali, vige il dovere di rispettare i precetti costituzionali. Essi assicurano, in via generale … la proporzionalità tra retribuzione e quantità e qualità di lavoro … e, in via più specifica, la pari dignità sociale anche dei lavoratori; … proprio in virtù del precetto costituzionale di cui all’art. 41 della Costituzione, il potere di iniziativa dell’imprenditore non può esprimersi in termini di pura discrezionalità o addirittura di arbitrio, ma deve essere sorretto da una causa coerente con i principi fondamentali dell’ordinamento…È demandato al giudice l’accertamento e il controllo dell’inquadramento dei lavoratori nelle categorie e nei livelli retributivi in base alle mansioni effettivamente svolte … con il rispetto dei richiamati precetti costituzionali e dei principi posti in via generale dall’ordinamento giuridico vigente’.
Ai fini che qui rilevano, occorre rimarcare, che nella sentenza n.103/89 della Corte cost. risulta esplicita l’affermazione della illegittimità costituzionale delle differenziazioni di trattamento che derivino da un mero arbitrio dell’imprenditore; sicchè la ‘parità di trattamento’, che la sentenza deduce come corollario dal principio di tutela della dignità personale del lavoratore, è sinonimo di divieto di ogni disparità di trattamento che non sia ragionevolmente ricollegabile a una disparità di situazio ni (‘ad una causa coerente con i principi fondamentali dell’ordinamento’).
16.- Inoltre, ove si consentisse al datore di lavoro iscritto all’associazione di RAGIONE_SOCIALE di praticare inquadramenti professionali differenziati, ad libitum, e di corrispondere trattamenti retributivi differenti, all’interno della stessa impresa, pur a parità di attività e di mansioni, si determinerebbe un’ulteriore frizione con l’art.36 Cost. e, segnatamente, con la regola della proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro svolto (pure testualmente richiamata, come si è visto, dalla Corte Cost. n. 103/1989) di cui i giudici ordinari sono tenuti a garantire l’osservanza ( in quanto norma immediatamente precettiva) all’interno di ogni singolo contratto individuale avendo riguardo al parametro esterno, normalmente, costituito proprio dal contratto collettivo RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE (v. da ultimo Cass. n. 27711 del 02/10/2023 la quale ha statuito che: Nell’attuazione dell’art. 36 Cost. il giudice deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, in via preliminare alla retribuzione stabilita dalla RAGIONE_SOCIALE, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’art. 36 Cost., e ciò
anche se il rinvio alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, dovendo il giudice darne una interpretazione costituzionalmente orientata; il giudice può, altresì, servirsi, a fini parametrici, del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe e, nell’ambito dei propri poteri ex art. 2099, comma 2 c.c., può fare riferimento ad indicatori economici e statistici secondo quanto suggerito dalla Direttiva 2022/2041/UE).
I citati parametri costituzionali sono stati inoltre invocati e discussi anche in questa causa e comunque, come hanno precisato le Sez. Unite n. 2665/1997 – nel delineare i poteri spettanti al giudice nell’ambito della materia -‘sul piano processuale, nella domanda con la quale il lavoratore chiede il pagamento di quanto spettantegli sulla base di un contratto collettivo, deve ritenersi implicita, anche se questo si riveli inapplicabile alla fattispecie, la richiesta di adeguamento della retribuzione medesima alla stregua dell’art. 36 Cost. (Cass.14 dicembre 1982 n. 6885)’.
16.- La tesi accolta dai giudici di merito si pone in definitiva in contrasto, in modo duplice, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 26665 del 1997 la quale, nel sistema contrattuale privatistico, non solo ha attribuito efficacia vincolante alla iscrizione del datore all’associazione stipulante, ai fini del superamento del criterio della RAGIONE_SOCIALE a favore appunto del diritto comune; ma ha anche salvaguardato uno spazio di operatività dell’art.2070 c.c. che perciò viene ritenuto non abrogato dopo l’entr ata in vigore della Cost. – per il caso in cui l’imprenditore, come nel nostro caso, svolga diverse attività economiche, sia iscritto alle rispettive associazioni sindacali ed occorra individuare il contratto collettivo applicabile al personale addetto alle singole attività.
17.- Inoltre, la conclusione assunta dalla Corte territoriale secondo cui ‘sussiste una conclamata adeguatezza e sufficienza del trattamento retributivo assicurato da entrambi i CCNL applicati dalla società sottoscritti da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. maggiormente rappresen tative’ – pone il problema del rispetto del principio costituzionale di proporzionalità del salario minimo corrisposto ai lavoratori ricorrenti sulla scorta di un CCNL appartenente ad una RAGIONE_SOCIALE diversa da quello che regolamenta il lavoro prestato, proprio con riferimento alla quantità e qualità dello stesso.
18.- Sulla scorta di quanto fin qui osservato, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rimessa al giudice del merito, indicato in dispositivo, per ogni valutazione conseguente. Nella decisione della lite il giudice si atterrà ai principi sopra affermati ed in particolare al seguente principio di diritto: ‘L’individuazione della sfera di efficacia soggettiva del contratto collettivo di diritto è rimessa all’autonomia negoziale delle parti, esercitata attraverso l’iscrizione ad un sindacato o ad un’associazione imprenditoriale oppure sulla scorta di un comportamento concludente, a prescindere dal criterio dell’attività svolta. Il datore di lavoro che svolga attività economiche diverse e sia iscritto alle associazioni datoriali stipulanti i rispettivi contratti collettivi è tenuto ad applicare nella propria azienda il contratto collettivo coerente con ciascun settore di attività ‘.
19.- Il giudice del rinvio  procederà altresì alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.
20.-   Non sussistono le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La  Corte  accoglie  il  ricorso,  cassa  la  sentenza  impugnata  in relazione  e  rinvia  la  causa  alla  Corte  d’appello  di  Venezia,  in diversa  composizione,  anche  per  le  spese  del  giudizio  di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 9.9.2025 La Presidente dott.ssa NOME COGNOME