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Appello rito sommario: forma e termini perentori

Un soggetto ha impugnato un’ordinanza emessa a seguito di un procedimento sommario depositando un ricorso anziché notificando un atto di citazione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, dichiarando l’impugnazione inammissibile. Il principio chiave ribadito è che l’appello rito sommario deve essere introdotto con atto di citazione. Di conseguenza, per rispettare il termine perentorio di 30 giorni, rileva la data di notifica all’appellato e non quella del deposito in cancelleria. L’appello è stato quindi giudicato tardivo.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Appello Rito Sommario: Citazione Obbligatoria, il Ricorso Non Salva dai Termini

Nel complesso panorama della procedura civile, la scelta della forma dell’atto introduttivo non è mai un dettaglio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo ribadisce con forza, soffermandosi sulla disciplina dell’appello rito sommario. La decisione chiarisce in modo definitivo che l’impugnazione avverso un’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c. deve essere proposta con atto di citazione, e non con ricorso. Scegliere la forma sbagliata può avere conseguenze fatali, come la dichiarazione di inammissibilità per tardività, anche se l’atto è stato depositato nei termini.

I Fatti del Caso: un Appello Tardivo

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma, emessa a conclusione di un procedimento sommario. La parte soccombente decideva di proporre appello. Tuttavia, invece di notificare un atto di citazione alla controparte, depositava un ricorso in Corte d’Appello il 29 ottobre 2016, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento (avvenuta il 30 settembre 2016). La notifica di tale ricorso, però, veniva eseguita solo il 14 gennaio 2017, ben oltre il termine perentorio previsto dalla legge.

La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza impugnata in Cassazione, dichiarava l’appello inammissibile proprio per tardività, sostenendo che, dovendo l’appello essere introdotto con citazione, il termine si interrompe solo con la notifica dell’atto, non con il suo mero deposito.

La Decisione: l’Appello Rito Sommario Esige la Citazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del soccombente, confermando in toto la decisione dei giudici d’appello. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per consolidare un principio giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica.

Il punto centrale della controversia era stabilire quale forma dovesse assumere l’atto di appello avverso l’ordinanza conclusiva del rito sommario e, di conseguenza, quale fosse il momento determinante per considerare l’impugnazione tempestiva.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha basato la propria decisione su un’interpretazione rigorosa della normativa e su precedenti consolidati.

La Forma dell’Atto d’Appello

I giudici hanno ribadito che l’impugnazione dell’ordinanza conclusiva del giudizio sommario (ex art. 702-ter c.p.c.) può essere proposta esclusivamente nella forma ordinaria dell’atto di citazione. Il legislatore, infatti, non ha previsto per il secondo grado di giudizio l’adozione del rito sommario come modalità alternativa a quello ordinario. Pertanto, l’appellante non ha facoltà di scegliere tra citazione e ricorso.

Il Momento Rilevante per la Tempestività dell’Appello Rito Sommario

Poiché l’appello deve essere proposto con citazione, la conseguenza logica è che, ai fini del computo del termine di trenta giorni stabilito dall’art. 702-quater c.p.c., il momento rilevante è quello della notifica dell’atto introduttivo alla parte appellata. Il precedente deposito del ricorso in cancelleria è un atto proceduralmente irrilevante per impedire la decadenza.

Nel caso di specie, la notifica era avvenuta quasi quattro mesi dopo la comunicazione dell’ordinanza di primo grado, rendendo l’appello irrimediabilmente tardivo. La Corte ha inoltre precisato che non è applicabile in appello lo strumento del “mutamento del rito” previsto per il primo grado (art. 4, d.lgs. 150/2011), che avrebbe potuto “salvare” gli effetti dell’impugnazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un monito cruciale per tutti gli operatori del diritto: nel proporre un appello rito sommario, la forma non è una scelta, ma un obbligo. L’unica via corretta è l’atto di citazione, e la tempestività va garantita attraverso la notifica alla controparte entro il termine di 30 giorni, non con il semplice deposito. La scelta errata del ricorso non solo non interrompe i termini, ma espone l’appellante a una sicura declaratoria di inammissibilità e a possibili sanzioni per lite temeraria, come accaduto nel caso in esame, dove il ricorrente è stato condannato a pagare somme aggiuntive sia alla controparte che alla cassa delle ammende.

Come si propone l’appello avverso un’ordinanza emessa in un rito sommario di cognizione?
L’appello deve essere proposto esclusivamente nella forma ordinaria dell’atto di citazione. Non è ammessa l’introduzione del giudizio di secondo grado tramite ricorso.

Se per errore si introduce l’appello con ricorso, quale data è valida per il rispetto del termine di 30 giorni?
La data che rileva ai fini della tempestività dell’impugnazione è quella della notifica del ricorso e del decreto del giudice alla parte appellata, non la data del deposito del ricorso in cancelleria.

È possibile sanare un appello introdotto erroneamente con ricorso tramite il meccanismo del mutamento del rito?
No. Secondo la Corte di Cassazione, nel giudizio di appello non è possibile applicare lo strumento del mutamento del rito per sanare gli effetti di un’impugnazione introdotta con una forma dell’atto errata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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