Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2603 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2603 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 30287/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dal l’AVV_NOTAIO, come da procura in calce al ricorso
-ricorrente – contro
NOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, come da procura in calce al controricorso
-controricorrente – e contro
RAGIONE_SOCIALE g.e.i.e.
N. 30287/22 R.G.
avverso la sentenza n. 466/2022 del la Corte d’appello di Cagliari, depositata il 25.10.2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza camerale del 29.11.2023 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 25.10.2022, dichiarò inammissibile l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE -perché tardivo -avverso la sentenza del Tribunale di Oristano del 5.3.2020, che aveva a sua volta rigettato l’opposizione all’esecuzione da essa società appellante proposta in relazione al pignoramento immobiliare promosso in suo danno da NOME COGNOME, cui aveva aderito lo stesso RAGIONE_SOCIALE (quale preteso effettivo proprietario dell’immobile pignorato). Osservò il giudice d’appello che anche a voler considerare che le appellanti avessero effettivamente voluto avanzare un appello revocatorio, ai sensi dell’art. 396 c.p.c., la pretesa scoperta di documenti falsi non autorizzava, comunque, ad operare una proroga di 30 giorni al termine lungo ex art. 327 c.p.c., nella specie cadente il 9.11.2020 (trattandosi di controversia in materia di opposizione esecutiva, non soggetta dunque a sospensione feriale dei termini, e tenendo conto della ‘ sospensione Covid ‘ ), giacché la pretesa scoperta era comunque avvenuta ben prima della scadenza (maggio o al più luglio 2020); pertanto, il meccanismo di cui all’art. 396, comma 2, c.p.c. (secondo cui se la scoperta della falsità dei documenti avviene durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno della
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scoperta, in modo da raggiungere i 30 giorni dalla scoperta stessa), non avrebbe potuto operare.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso NOME COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memoria. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con l’unico motivo si denuncia ‘ violazione ed erronea interpretazione delle disposizioni di cui all’art. 327 c.p.c. in ordine all’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 396, 2° comma, c.p.c. che ha determinato il giudizio di inammissibilità dell’atto di appello relativo al proc. N. RG 470/2020 definito con l’impugnanda sentenza n. 466/2022 emessa in data 19.10.2022 e pubblicata in data 25.10.2022 ‘ .
2.1 Il ricorso è palesemente inammissibile, per violazione dell’art. 366, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., nel testo vigente ratione temporis .
2.2 Anzitutto, le vicende processuali e sostanziali, per come esposte in ricorso, sono praticamente inintellegibili; per poter comprendere ciò è accaduto nel corso del giudizio di merito (e a ben vedere, quale ne sia l’oggetto) , occorre leggere (almeno) la sentenza impugnata, il che denota, indiscutibilmente, il deficit espositivo in cui è incorsa la ricorrente.
Del resto, è noto che il requisito dell’autosufficienza è posto a presidio della possibilità che la Corte abbia di ‘ percepire con una certa immediatezza il fatto
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sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale e, quindi, acquisire l ‘ indispensabile conoscenza, sia pure sommaria, del processo, in modo da poter procedere alla lettura dei motivi di ricorso in maniera da comprenderne il senso ‘ (così, Cass. n. 593/2013, in motivazione). Può anche aggiungersi, sul punto, come sia ben noto che gli elementi di contenuto-forma di cui all ‘ art. 366, comma 1, c.p.c., sono propri del ricorso e non possono ricavarsi aliunde (come appunto, nella specie, dalla sentenza impugnata), ‘ perché la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo ‘ (così, Cass. n. 18623/2016) .
2.3 Il ricorso, poi, è inammissibile per difetto di specificità.
Invero, la Corte sarda ha espresso un chiaro ed ineccepibile percorso motivazionale, onde escludere la sostenibilità della semplicistica tesi della odierna ricorrente (ossia quella per cui, nel caso di scoperta di documenti suscettibili di giustificare il c.d. appello revocatorio, ex art. 396, comma 2, c.p.c., il termine di proposizione dello stesso andrebbe computato mediante sommatoria del termine lungo ex art. 327 c.p.c. oltre ulteriori trenta giorni).
Ebbene, ciononostante, in ricorso non viene svolta una chiara e precisa critica alle statuizioni del giudice d’appello , con cui la ricorrente neppure si confronta. La ricorrente stessa solo si limita a contrapporre una tesi diversa ed utile a giustificare la pretesa tempestività del proprio appello, senza affatto chiarire perché la Corte territoriale sarebbe incorsa nell’errore pure denunciato .
3.1 -Davvero solo ad abundantiam , può aggiungersi come la tesi che -da quanto è dato comprendere -emerge dal ricorso è palesemente destituita di fondamento, perché il preteso fatto revocatorio non è stato scoperto né a
termine scaduto (il che avrebbe giustificato la revocazione, ex art. 395 c.p.c.), né a termine prossimo alla scadenza per l’impugnazione , allorquando mancavano meno di trenta giorni: solo in tale ultimo caso avrebbe potuto giustificarsi la proroga del termine per l’appello , come appunto previsto dall’art. 396, comma 2, c.p.c., fino a raggiungere i trenta giorni dalla scoperta del fatto, ai fini della proposizione del gravame, come correttamente statuito dalla Corte territoriale. Ciò perché scopo della previsione in parola è quello di determinare la conversione del motivo di revocazione in motivo d’appello , non certo quello di ampliare il termine per l’impugnazione sic et simpliciter , ove nel suo corso emerga un fatto revocatorio, come pretenderebbe la ricorrente.
4.1 -In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Nulla va disposto nei confronti dell’intimata, questa non avendo svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell ‘ applicabilità dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della
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ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno