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Appalto non genuino: quando si ha somministrazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una grande società committente, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva riconosciuto l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato diretto con un lavoratore, formalmente dipendente di una ditta appaltatrice. La Suprema Corte ha ribadito che si configura un appalto non genuino quando l’appaltatore non ha una reale autonomia organizzativa e il personale è di fatto diretto e controllato dal committente, trasformando l’appalto in una somministrazione illecita di manodopera.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Appalto non genuino: La Cassazione chiarisce quando il contratto nasconde una somministrazione illecita

La distinzione tra un appalto di servizi legittimo e un appalto non genuino che maschera una somministrazione illecita di manodopera è uno dei temi più delicati e ricorrenti nel diritto del lavoro. Con l’ordinanza n. 9521/2024, la Corte di Cassazione è tornata sul punto, ribadendo i principi fondamentali per distinguere le due fattispecie e confermando la condanna di una grande azienda committente.

I Fatti del Caso: Un Appalto Sotto Esame

Il caso riguarda un lavoratore, formalmente assunto da diverse società appaltatrici nel corso degli anni, che svolgeva mansioni di autista per un servizio di trasporto e consegna per conto di una grande società di servizi postali. Sebbene il suo contratto fosse con le società appaltatrici, il lavoratore sosteneva di operare a tutti gli effetti come un dipendente della società committente, ricevendo da quest’ultima direttive, istruzioni e subendo il suo potere di controllo.

Il Tribunale di primo grado aveva già accertato l’illecita interposizione di manodopera, dichiarando l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con la società committente. La Corte d’Appello, successivamente, non solo confermava tale impostazione, ma retrodatava l’inizio del rapporto di lavoro, riconoscendo al lavoratore ulteriori differenze retributive.

La Decisione dei Giudici di Merito e l’appalto non genuino

La Corte d’Appello ha ritenuto che l’appalto fosse non genuino sulla base di diversi elementi. In particolare, è emerso che le società appaltatrici non avevano una reale organizzazione autonoma. I loro compiti si limitavano alla gestione amministrativa del rapporto (buste paga, ferie), mentre il potere direttivo e di controllo sull’attività del lavoratore era esercitato esclusivamente da personale della società committente. Quest’ultima forniva modelli operativi molto dettagliati e stringenti, senza lasciare margini di autonomia all’appaltatore, il quale, di fatto, si limitava a ‘prestare’ il proprio personale.

Il Ricorso in Cassazione della Società Committente

L’azienda committente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare la fornitura di modelli operativi standardizzati come prova sufficiente per qualificare l’appalto non genuino. Secondo la difesa, tali modelli erano semplici direttive finalizzate a garantire la qualità e l’uniformità del servizio, rientrando quindi nel normale potere di coordinamento del committente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo un punto fondamentale: il giudice di merito non si era basato esclusivamente sui modelli operativi. La sua decisione era, invece, il risultato di una valutazione complessiva e integrata di tutte le prove raccolte, incluse le testimonianze. Queste ultime avevano confermato che il controllo sull’attività degli autisti era esercitato unicamente da dipendenti della committente e che le società appaltatrici erano, di fatto, semplici ‘intestatarie’ dei furgoni, prive di qualsiasi potere conformativo sull’attività lavorativa. La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La valutazione delle prove e l’individuazione delle fonti del proprio convincimento sono prerogative esclusive del giudice di merito. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti, mascherandola come una violazione di legge, rende il ricorso inammissibile. La Corte ha quindi concluso che la decisione della Corte d’Appello era correttamente motivata, in quanto fondata su un’analisi complessiva che dimostrava la totale assenza di autonomia gestionale e organizzativa da parte delle società appaltatrici.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende

Questa ordinanza rafforza un principio cardine: in un appalto genuino, l’appaltatore deve esercitare un reale potere organizzativo e direttivo sui propri dipendenti e assumersi il rischio d’impresa. Il committente può certamente fornire indicazioni sul risultato finale del servizio, ma non può ingerirsi nella gestione quotidiana dei lavoratori dell’appaltatore. Quando il potere direttivo, di controllo e disciplinare è esercitato di fatto dal committente, l’appalto si considera non genuino e si configura una somministrazione illecita di manodopera. Le conseguenze per il committente possono essere molto gravi, a partire dalla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore ‘somministrato’, con tutti gli oneri retributivi e contributivi che ne derivano.

Cosa rende un contratto di appalto un ‘appalto non genuino’?
Un appalto è considerato non genuino quando l’impresa appaltatrice non possiede una reale autonomia organizzativa e gestionale e non si assume il rischio d’impresa. In pratica, se il personale dell’appaltatore è diretto, controllato e organizzato dall’azienda committente, il contratto maschera una fornitura illecita di manodopera.

La sola fornitura di modelli operativi standardizzati al personale dell’appaltatore rende l’appalto illecito?
No, di per sé non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che tale elemento deve essere valutato nel contesto generale del rapporto. La non genuinità emerge quando, oltre a fornire direttive, il committente esercita un potere di controllo diretto e costante sui lavoratori, svuotando di ogni contenuto il ruolo di datore di lavoro dell’appaltatore.

Qual è il rischio principale per un’azienda che utilizza un appalto non genuino?
Il rischio principale, come confermato in questa ordinanza, è che venga dichiarato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente tra il lavoratore e l’azienda committente. Ciò comporta l’obbligo di pagare le differenze retributive, i contributi previdenziali pregressi e di regolarizzare la posizione del lavoratore come proprio dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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