Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23522 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23522 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22841-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2167/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/05/2023 R.G.N. 1243/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.22841/2023
COGNOME
Rep.
Ud 20/05/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata accertata la esistenza tra Unicredit s.p.a. e NOME COGNOME di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con decorrenza dal 17 agosto 2009, quale conseguenza della illecita interposizione di mano d’opera verificatasi in relazione all’appalto conferito dall’istituto di credito a la RAGIONE_SOCIALE, formale datrice di lavoro del COGNOME.
La Corte di merito, premesso che tra Unicredit e la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE erano stati stipulati in successione plurimi contratti di appalto nel periodo 2009/2017, ha osservato che l’attività effettivamente espletata dal COGNOME, quale ricostruita all’esito della prova testimoniale, attività consistente nello smistamento e consegna della corrispondenza, non era concettualmente riconducibile alla ‘movimentazione di materiale’, servizio oggetto dell’appalto conferito. Ha osservato che solo nel secondo contratto, intervenuto nell’anno 2012, era stata espressamente prevista nell’ambito dell’oggetto dell’appalto la voce ‘gestione corrispondenza e plichi’, soppressa nei contratti successivi a quello del 2012, e ritenuto che tanto autorizzava un’interpretazione del primo contratto nel senso di escludere la riconducibilità all’oggetto di appalto dell’attività di smistamento e consegna della corrispondenza. Ha quindi disatteso, considerata la complessiva condotta delle parti, l’assunto della società RAGIONE_SOCIALE in ordine alla configurabilità di un contratto di appalto, concluso per comportamento concludente, destinato a ricomprendere nel relativo oggetto anche la attività in concreto espletata dal COGNOME presso Unicredit, attività sovrapponibile a quell a svolta dai dipendenti dell’istituto bancario; i dipendenti Unicredit, infatti, quantomeno nella fase di acquisizione e smistamento della corrispondenza in entrata, erano impegnati nelle stesse attività oggetto del servizio appaltato, che quindi non veniva svolto in esclusiva dai dipendenti della cooperativa ai fini di un risultato produttivo autonomo; a questi un dipendente di Unicredit aveva fornito anche la password di accesso alla piattaforma aziendale. La Corte ha inoltre evidenziato che dalla prova espletata era emersa la assenza di eterodirezione da parte della cooperativa e che fino al 2012 non era stata neppure istituita la figura del referente
della cooperativa; era emerso, in sintesi, un inserimento strutturale del COGNOME nella rete organizzativa aziendale del committente e ciò a prescindere da eventuali irregolarità dei dipendenti Unicredit nella divulgazione di password personali.
La decisione è stata impugnata da Uncredit sulla base di tre motivi, illustrati da memoria; la parte intimata ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società deduce violazione dell’art. 1362 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere escluso la esistenza tra le parti contrattuali di un accordo per l’appalto del servizio di gestione della corrispondenza.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 1655 e 2697 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere escluso la configurabilità in concreto di un comportamento concludente delle parti stipulanti atto a ricomprendere nell’ambito del contratto di appalto anche l’attività di smistamento e consegna della corrispondenza in concreto espletata dal COGNOME; assume in particolare la illogicità e contrarietà a diritto delle argomentazioni che sorreggono la decisione in ordine a tale profilo.
Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 29 d. lgs n. 276/2003 censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto provata la eterodirezione delle prestazione del Brancati da parte di Unicredit.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto la modalità di deduzione di violazione delle regole legali di interpretazione non è conforme all’insegnamento della S.C. Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte infatti l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la
precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato mentre la denuncia del vizio di motivazione dev’essere invece effettuata mediante la consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza.
precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 03/09/2010 n. 19044; Cass. 12/07/2007 n. 15604, in motivazione; Cass. 22/02/2007 n. 4178) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. 14318/2013, Cass. 23635 2010.). Parte ricorrente non ha osservato i requisiti prescritti al fine della valida deduzione di violazione delle regole legali di interpretazione limitandosi alla prospettazione meramente contrappositiva di una interpretazione diversa da quella fatta propria dalla Corte distrettuale , intrinsecamente inidonea a dare contezza dell’errore interpretativo ascritto alla sentenza impugnata.
5. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
5.1. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte , il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, nei limiti consentiti dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis . Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che quest’ultima censura , e non la
prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ( cfr., fra le altre, n. 14468/2015 ) .
5.2. I l motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. deve essere dedotto a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 5353/2005; Cass. n. 11501/2006).
5.3. E’ stato inoltre precisato che la falsa applicazione di legge di cui al n.3 dell’art. 360 co.1 c.p.c. consiste ‘o nell’assumere la fattispecie concreta sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione’ (v. Cass., n. 18715/2016, che cita altresì Cass. n. 18782 del 2005 e n. 15499 del 2004).
5.4. Parte ricorrente, pur formalmente deducendo violazione e falsa applicazione di norma di diritto, non incentra le proprie censure sul significato e sulla portata applicativa delle norme evocate in rubrica ma investe in realtà l’accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice di merito, concernente la verifica della esistenza di un comportamento concludente delle parti stipulanti il contratto di appalto nel senso di ricomprendere anche l’attività in concreto svolta dal COGNOME nell’ambito di Unicredit. La Corte distrettuale, con valutazione congrua e priva di vizi logici, è pervenuta all’accertamento negativo della esistenza di condotte significative nel senso di ritenere ricompreso nell’oggetto dell’appalto anche l a attività in concreto svolta dal COGNOME nell’ambito del servizio corrispondenza; a tal fine ha valorizzato la circostanza che nei plurimi contratti intervenuti tra le parti solo quello dell’anno 2012 conteneva la espressa previsione della ‘ gestione corrispondenza e plichi’, voce non riconducibile all’ambito della movimentazione di materiale e merci oggetto del primo contratto e al servizio di gestione
del materiale in partenza ed in arrivo ed alle altre attività ( quali ad esempio commissioni esterne alla baca , gestione del materiale di cancelleria ecc. ). Tale accertamento, sorretto da <> ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis , non è validamente attinto dalle censure articolate che si risolvono nella prospettazione meramente contrappositiva a quella fatta propria dalla Corte in ordine al significato negoziale da attribuire alla condotta delle parti, oltre che nella deduzione della sussistenza di pretese intese verbali evocate, in violazione del principio di specificità del ricorso per cassazione, senza indicare le allegazioni a riguardo formulate negli atti del giudizio di merito e gli eventuali elementi di riscontro acquisiti .
Il terzo motivo è anch’esso inammissibile valendo a riguardo le considerazioni già espresse in relazione al secondo motivo. Invero anche in questo caso attraverso la denunzia di violazione e falsa applicazione di norma di diritto parte ricorrente mira in realtà ad incrinare l’accertamento di fatto alla base della decisione in punto di assoggettamento del Brancati alle direttive dell’odierna ricorrente ed all’assenza di eterodirezione da parte della formale datrice di lavoro, sollecitando un riesame nel merito delle emergenze in atti estraneo al sindacato di legittimità .
All’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME