LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Appalto illecito: le conseguenze sulla retribuzione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha confermato che in caso di appalto illecito si costituisce un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore finale. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di tutte le retribuzioni dal momento del licenziamento fino alla riammissione effettiva, escludendo l’applicazione dei regimi indennitari più favorevoli previsti per la semplice conversione dei contratti a termine.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Appalto Illecito: La Cassazione Conferma il Diritto alla Piena Retribuzione

In un mondo del lavoro sempre più flessibile, distinguere tra un legittimo contratto di appalto e un appalto illecito che maschera una somministrazione di manodopera è fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: quando un lavoratore, formalmente dipendente di una società appaltatrice, è in realtà gestito e diretto dalla società committente, il suo vero datore di lavoro è quest’ultima. E le conseguenze economiche non sono di poco conto.

Il Contesto del Caso: Somministrazione di Manodopera Mascherata

Il caso analizzato riguarda un lavoratore, formalmente assunto da una società (la “Fornitrice S.p.A.”), che prestava la sua attività lavorativa in via esclusiva presso un’importante azienda committente (la “Utilizzatrice S.p.A.”). Le indagini processuali hanno rivelato che l’organizzazione del lavoro, l’esercizio del potere direttivo e persino l’autorizzazione di ferie e permessi erano interamente nelle mani dei responsabili della società utilizzatrice.

I giudici di primo e secondo grado avevano già riconosciuto la situazione come un caso di somministrazione irregolare di manodopera, dichiarando l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente tra il lavoratore e l’Utilizzatrice S.p.A. Di conseguenza, avevano condannato l’azienda a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli tutte le retribuzioni maturate dalla data di interruzione del rapporto fino alla reintegrazione.

La Tesi dell’Azienda e la Decisione della Corte

L’azienda utilizzatrice ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo una tesi differente. A suo avviso, la violazione delle norme sulla somministrazione avrebbe dovuto portare all’applicazione del regime indennitario previsto per la conversione dei contratti a tempo determinato (come l’art. 28 del D.Lgs. 81/2015), che prevede un risarcimento forfettario e non il pagamento di tutte le retribuzioni. In sostanza, chiedeva uno “sconto” sulla condanna.

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente questa interpretazione, confermando le sentenze precedenti e chiarendo la netta differenza tra le due fattispecie.

Le Motivazioni della Sentenza in caso di Appalto Illecito

La Corte ha spiegato che nel caso di un appalto illecito, non si assiste alla “conversione” di un contratto a termine in uno a tempo indeterminato. Piuttosto, si assiste all'”accertamento” della realtà effettiva dei fatti. Il giudice si limita a riconoscere che, fin dall’inizio, l’unico e vero datore di lavoro è sempre stato l’utilizzatore della prestazione.

Il contratto stipulato tra il lavoratore e la società fornitrice è considerato meramente formale, una finzione giuridica che nasconde il reale rapporto di lavoro. Pertanto, l’emersione di questa realtà travolge qualsiasi termine o condizione apposta al contratto fittizio.

Il rapporto di lavoro con l’utilizzatore, essendo privo dei requisiti di legge per l’apposizione di un termine, non può che essere considerato a tempo indeterminato sin dalla sua origine. Per questo motivo, le norme che prevedono un’indennità onnicomprensiva per la conversione di contratti a termine non sono applicabili. Queste ultime, infatti, presuppongono l’esistenza di un contratto a termine (seppur illegittimo) tra le parti, mentre qui il rapporto intercorreva con un soggetto diverso da quello formale.

Le Conclusioni: Implicazioni per Aziende e Lavoratori

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale a tutela dei lavoratori: in presenza di un appalto illecito, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti dipendente dell’azienda che ha beneficiato della sua prestazione. Questo comporta due conseguenze pratiche di enorme importanza:

1. Costituzione del rapporto: Il rapporto di lavoro si costituisce ex tunc, cioè fin dall’inizio, con l’utilizzatore.
2. Piena tutela economica: In caso di allontanamento illegittimo, il lavoratore ha diritto non a un’indennità forfettaria, ma al risarcimento integrale, ovvero al pagamento di tutte le retribuzioni che avrebbe percepito dal giorno dell’interruzione del rapporto fino alla sua effettiva riammissione in servizio.

Questa pronuncia serve da monito per le aziende che ricorrono a schemi contrattuali elusivi: nascondere una fornitura di manodopera dietro un contratto di appalto non solo è illegale, ma espone a conseguenze economiche ben più gravose rispetto alla semplice violazione delle norme sui contratti a termine.

Cosa succede quando un’azienda utilizza un lavoratore assunto da un’altra società tramite un appalto illecito?
Si costituisce un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con l’azienda che ha effettivamente utilizzato il lavoratore, fin dall’inizio della prestazione.

In caso di appalto illecito, al lavoratore spetta un’indennità forfettaria o la retribuzione completa in caso di licenziamento?
Al lavoratore spetta la retribuzione completa dal giorno dell’interruzione del rapporto fino alla sua effettiva reintegrazione, non l’indennità forfettaria prevista per la conversione dei contratti a termine.

Perché non si applicano le norme sull’indennità forfettaria (come l’art. 28 del D.Lgs. 81/2015) in questi casi?
Perché non si tratta di “convertire” un contratto a termine illegittimo, ma di “accertare” l’esistenza di un unico e diretto rapporto di lavoro con l’utilizzatore, che è sempre stato a tempo indeterminato fin dall’origine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati