LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Appalto illecito: la retribuzione non si tocca

In un caso di appalto illecito, la Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro effettivo deve corrispondere l’intera retribuzione al lavoratore, senza poter detrarre le somme che quest’ultimo ha percepito dal datore di lavoro fittizio. La Corte ha chiarito che l’obbligazione ha natura puramente retributiva e non risarcitoria, rendendo inapplicabile il principio della “compensatio lucri cum damno”.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Appalto Illecito: Perché la Retribuzione Dovuta al Lavoratore è Intoccabile

L’ordinanza n. 1036/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: la gestione delle retribuzioni in caso di appalto illecito. La questione centrale è se il datore di lavoro, una volta accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato diretto, possa ridurre le retribuzioni dovute sottraendo quanto il lavoratore ha percepito dal datore di lavoro fittizio. La risposta della Suprema Corte è netta e consolida un orientamento a tutela del lavoratore.

I Fatti del Caso

Un lavoratore, dopo aver ottenuto una sentenza che dichiarava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato diretto con una società committente a causa di un appalto illecito, metteva a disposizione le proprie energie lavorative. La società, tuttavia, rifiutava la prestazione. Successivamente, il lavoratore otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento delle retribuzioni non corrisposte per il periodo di inattività forzata.
La società si opponeva, sostenendo che dall’importo dovuto dovessero essere detratte le somme che il lavoratore aveva comunque percepito, nello stesso periodo, dal datore di lavoro formale (l’appaltatore fittizio). Mentre il Tribunale accoglieva parzialmente questa tesi, la Corte d’Appello la respingeva, condannando la società al pagamento dell’intera somma a titolo di retribuzione lorda.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Appalto Illecito

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Il principio affermato è che l’obbligazione del datore di lavoro effettivo (il committente) ha natura puramente retributiva e non risarcitoria. Di conseguenza, non è possibile applicare il principio della compensatio lucri cum damno, che consentirebbe di detrarre l’aliunde perceptum (quanto guadagnato altrove).

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte basa la sua decisione su un solido orientamento giurisprudenziale, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 2990/2018). I punti chiave del ragionamento sono i seguenti:
1. Natura Retributiva dell’Obbligazione: Una volta che il giudice accerta l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato diretto, l’obbligo del datore di lavoro di pagare le retribuzioni deriva direttamente dal contratto. Non si tratta di un risarcimento per un danno subito dal lavoratore, ma dell’adempimento di una prestazione contrattuale fondamentale.
2. Mora del Creditore (Datore di Lavoro): Quando il lavoratore offre la sua prestazione e il datore di lavoro la rifiuta illegittimamente, quest’ultimo si trova in una situazione di mora credendi. In tale stato, il datore di lavoro rimane obbligato a pagare lo stipendio, anche se non ha beneficiato del lavoro.
3. Inapplicabilità della Compensatio Lucri cum Damno: Questo principio si applica solo quando si deve quantificare un risarcimento del danno. Poiché l’obbligo del datore di lavoro è di natura retributiva, tale principio non trova applicazione. Le somme percepite dal lavoratore da un altro soggetto (anche se è l’appaltatore fittizio) derivano da un rapporto di lavoro diverso e non possono estinguere l’obbligazione retributiva del datore di lavoro effettivo.
4. Interpretazione Restrittiva della Legge: La Corte chiarisce che la norma (art. 27, co. 2, D.Lgs. 276/2003) che prevede la liberazione del committente per i pagamenti effettuati dall’appaltatore si riferisce solo ai pagamenti fatti all’interno del rapporto di lavoro illecito e non a quelli provenienti da rapporti di lavoro diversi.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza la tutela dei lavoratori coinvolti in fenomeni di appalto illecito e interposizione di manodopera. Le implicazioni pratiche sono significative:
* Piena Tutela Retributiva: Il lavoratore ha diritto all’intera retribuzione dal datore di lavoro effettivo, a partire dal momento in cui offre la propria prestazione lavorativa, senza alcuna decurtazione.
* Disincentivo per le Aziende: Le aziende che ricorrono a pratiche di appalto illecito non possono sperare di ridurre il loro debito retributivo facendo leva su pagamenti effettuati da terzi. Questo aumenta il costo e il rischio associato a tali pratiche illecite.
* Certezza del Diritto: La decisione consolida un principio chiaro, offrendo una guida sicura per i tribunali e per le parti coinvolte in contenziosi simili, ribadendo che la retribuzione derivante da un rapporto di lavoro riconosciuto giudizialmente è un diritto non negoziabile.

In un caso di appalto illecito, il datore di lavoro può detrarre dalla retribuzione dovuta i soldi che il lavoratore ha guadagnato da un altro impiego?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo del datore di lavoro è di natura retributiva, non risarcitoria. Pertanto, le somme guadagnate altrove dal lavoratore non possono essere detratte.

Perché il principio della ‘compensatio lucri cum damno’ non si applica in questo caso?
Questo principio si applica solo alle obbligazioni di natura risarcitoria (cioè per compensare un danno). Poiché l’obbligo del datore di lavoro è quello di pagare la retribuzione contrattualmente dovuta, e non di risarcire un danno, il principio non è applicabile.

Cosa succede se il lavoratore offre la sua prestazione ma il datore di lavoro la rifiuta?
Se il rifiuto del datore di lavoro è illegittimo, egli si trova in una situazione di ‘mora credendi’. Questo significa che è comunque obbligato a pagare la retribuzione al lavoratore, anche se non ha utilizzato la sua prestazione lavorativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati