Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29828 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29828 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11231-2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 10/09/2025
CC
avverso la sentenza n. 2009/2020 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 12/10/2020 R.G.N. 3056/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO. FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la decisione con cui il tribunale locale aveva rigettato la sua originaria domanda, diretta al riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato a tempo ind eterminato, instaurato dal settembre 2000, tutt’ora in corso, con la RAGIONE_SOCIALE
La corte di merito aveva valutato che, come già accertato dal tribunale, la RAGIONE_SOCIALE, di cui era dipendente il ricorrente, inquadrato al 5^ livello CCNL Logistica, era dotata di propria autonomia ed organizzazione imprenditoriale (circostanza non contestata dal ricorrente) e che le domande di ferie e permessi erano rivolte e decise dalla RAGIONE_SOCIALE così rilevando, attraverso le testimonianze rese, che l’appalto in questione risultava essere genuino. Invero accertava che la richiesta dei lavoratori per attività di RAGIONE_SOCIALE era fatta dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE con indicazione del numero necessario, che gli operai da impiegare erano scelti dalla cooperativa in base alle richieste settimanali, che era presente un responsabile per la sicurezza della cooperativa, che solo una volta individuati i lavoratori erano loro indicati i compiti dai dipendenti RAGIONE_SOCIALE, e che gli strumenti di lavoro , quali dispositivi di sicurezza e carrellini di trasporto, erano messi a disposizione dalla cooperativa. Sulla base di tali riscontri la corte d’appello valutava la genuinità dell’appalto ed escludeva la sussistenza di un diretto rapporto di lavoro con la RAGIONE_SOCIALE.
Avverso detta decisione il ricorrente proponeva ricorso, cui resistevano la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE con distinti controricorsi.
Erano depositate successive memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con primo motivo è dedotta la violazione degli artt. 1655 c.c., art. 1 l.n. 1369/1960 e art. 29 D,lgs n. 276/2003. È lamentata l’interpretazione data dalla corte territoriale al tema della messa a disposizione, in quanto i contratti di appalto non indicavano un opus o un servizio specifico o un risultato da conseguire autonomamente dai lavoratori della cooperativa. I contratti in questione indicavano solo l’attività di manovalanza e dunque la mera messa a disposizione dei lavoratori, che, dunque, seguivano in tutto le direttive degli operatori RAI.
2)- In subordine il secondo motivo deduce la violazione delle stesse norme sopra indicate con riferimento alla ‘realizzazione di un risultato produttivo autonomo’ all’impego di mezzi propri, all’autonomia dell’organizzazione al reale assoggettamento dei la voratori al potere di controllo dell’appaltatore.
3)- In via ulteriormente subordinata, è denunciata la violazione dell’art. 2094 c.c., con riguardo al potere direttivo dell’appaltatore negli appalti di manodopera.
4)- Con ultimo motivo è dedotta la nullità della sentenza con riguardo alla circostanza, affermata in sentenza, circa la ‘lettura’ data alla mancata impugnazione del licenziamento e del provvedimento di esclusione da socio, attestativa della genuinità del contratto di appalto.
I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto relativi alla natura del rapporto intercorso ed alle caratteristiche di rilievo circa la asserita diretta dipendenza dalla società convenuta.
Occorre preliminarmente rilevare che è stato da tempo chiarito (Cass.n. 18455/2023; Cass.n. 12551/2020) che in tema d’interposizione nelle prestazioni di lavoro, l’utilizzazione, da parte dell’appaltatore, di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante dà luogo ad una presunzione legale assoluta di sussistenza della fattispecie vietata dall’art. 1 della l. n. 1369 del 1960, solo quando detto conferimento di mezzi sia di rilevanza tale da rendere del tutto marginale ed accessorio l’apporto dell’appaltatore; la sussistenza o meno della modestia di tale apporto,
e quindi la stessa reale autonomia dell’appaltatore, deve essere accertata in concreto dal giudice, alla stregua dell’oggetto e del contenuto intrinseco dell’appalto; con la conseguenza che -nonostante la fornitura di macchine ed attrezzature da parte dell’appaltante l’anzidetta presunzione legale assoluta non è configurabile ove risulti un rilevante apporto dell’appaltatore, mediante il conferimento di capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni ed in genere per sostenere il costo del lavoro), “know how”, “software” o altri beni immateriali, aventi rilievo preminente nell’economia dell’appalto. A tal fine, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003, mentre in appalti che richiedono l’impiego di importanti mezzi o materiali, c.d. “pesanti”, il requisito dell’autonomia organizzativa deve essere calibrato se non sulla titolarità, quanto meno sull’organizzazione di questi mezzi, negli appalti c.d. “leggeri”, in cui l’attività si risolve prevalentemente o quasi esclusivamente nella prestazione di lavoro, è sufficiente che in capo all’appaltatore sussista una effettiva gestione dei propri dipendenti’.
In sostanza l’appalto di opere o servizi espletato con mere prestazioni di manodopera è lecito a condizione che il requisito della “organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore”, previsto dall’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, costituisca un servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto, eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore (cfr. Cass.10/06/2019 n. 15557). È necessario verificare, specie nell’ipotesi di appalti ad alta intensità di manodopera (cd. “labour intensive”), che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui
propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa, dovendosi invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l’ intuitus personae nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro (Cass.n. 11936/2024; Cass. 25/06/2020 n. 12551).
Tanto premesso deve darsi atto che la Corte territoriale si è attenuta ai principi esposti e, in tale prospettiva, ha proceduto alla valutazione del materiale probatorio evidenziando che la richiesta di personale per lavori di RAGIONE_SOCIALE veniva formulata dalla RAI con l’indicazione del numero degli operai necessari per ciascuna lavorazione; gli operai da impiegare ed i turni da osservare venivano predisposti dalla cooperativa in base alle richieste settimanali; era presente un responsabile sicurezza della cooperativa cui era indicato il numero dei lavoratori da impiegare in ciascuna attività; all’esito di tale distribuzione gli operatori seguivano le indicazioni del personale RAI sulle operazioni da compiere attraverso l’utilizzo di materiali messi a disposizione dalla cooperativa e consistenti nei dispositivi di sicurezza e , talvolta, in carrellini per il trasporto di materiale.
Quanto al potere disciplinare, le prove testimoniali hanno accertato che lo stesso era esercitato dalla cooperativa, (come provato da quelle irrogate allo stesso ricorrente) e, allo stesso modo, per quanto acquisito e sopra indicato, il potere direttivo era sempre in capo alla cooperativa, che sceglieva gli operai da utilizzare, ne fissava i turni di lavoro e si occupava di concedere permessi e ferie.
Quanto al concetto di opus nello specifico contesto delle attività delle cooperative RAGIONE_SOCIALE, esso si sostanzia nella fornitura del servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza diretti interventi dispositivi e di controllo dell’appaltante sulle persone dipendenti dall’altro soggetto (Cass. n. 8643/2001; Cass. n. 30694/2018).
La valutazione espressa dal giudice del merito, così elaborata e motivata, risulta dunque coerente con i principi in materia con specifico riferimento ai c.d. appalti leggeri, in cui l’appalto si caratterizza specificamente per l’utilizzo di prestazioni la vorative che, effettivamente, siano guidate e dirette dal datore di lavoro e siano quindi connotate dall’organizzazione di quest’ultimo nella gestione del personale, come nel caso in esame dimostrato.
I motivi sono pertanto da disattendere.
Con l’ultima censura il ricorrente si duole della valutazione circa la avvenuta conciliazione intervenuta tra le parti contenente rinuncia del lavoratore ad impugnare il provvedimento di esclusione da socio. Tale circostanza è posta dalla corte di merito a sostegno della valutazione circa la genuinità del rapporto.
Si tratta, a ben vedere, di una statuizione non dirimente ai fini della decisione, ma solo di un argomento aggiuntivo a sostegno della valutazione già effettuata dal giudice, fondata su accertamento di merito circa le connotazioni del rapporto in esame. La doglianza è dunque priva di rilievo e deve essere disattesa.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate per ciascun controricorrente, seguono il principio della soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, delle spese processuali liquidate in E. 4.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Cosi’ deciso in RAGIONE_SOCIALE il 10 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME