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Appalto di manodopera: quando è illecito?

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di un istituto bancario e di una società di servizi, confermando l’illegittimità di un appalto di manodopera. La Suprema Corte ha ribadito che, per essere genuino, l’appalto richiede che l’appaltatore eserciti un effettivo potere direttivo sui propri dipendenti e possegga una propria organizzazione con assunzione del rischio d’impresa. In assenza di questi elementi, si configura un’interposizione illecita di manodopera, con conseguente costituzione del rapporto di lavoro in capo al committente.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Appalto di manodopera illecito: la Cassazione stabilisce i confini tra genuinità e somministrazione abusiva

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla distinzione tra un legittimo appalto di servizi e un appalto di manodopera illecito. La vicenda, che ha visto contrapposti un noto istituto bancario, una società di servizi e un gruppo di lavoratori, offre spunti fondamentali per comprendere i requisiti di genuinità di un contratto di appalto e le tutele previste per i dipendenti.

I Fatti di Causa: l’Appalto Sotto Esame

Il caso nasce dalla dichiarazione di illegittimità, da parte della Corte d’Appello, di un contratto di appalto stipulato tra un istituto bancario (committente) e una società di servizi (appaltatrice). I lavoratori, formalmente dipendenti della società appaltatrice ma impiegati presso la banca, avevano agito in giudizio per veder riconosciuto il loro rapporto di lavoro diretto con l’istituto di credito. La Corte territoriale aveva accolto la loro domanda, ritenendo che si trattasse di una mera interposizione di manodopera, e aveva disposto la costituzione del rapporto di lavoro con la banca a far data dal 1° gennaio 2014.

La Decisione della Corte d’Appello e i Motivi del Ricorso

La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione sulla constatazione che l’istituto bancario manteneva il sostanziale controllo e potere direttivo sui lavoratori. L’organizzazione del lavoro, le direttive quotidiane e il controllo sulla prestazione erano, di fatto, esercitati dalla banca committente e non dalla società appaltatrice, formale datore di lavoro.

Contro questa decisione, sia la banca che la società di servizi hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse censure:

1. Violazione dei termini di decadenza: Entrambe le società sostenevano che l’azione dei lavoratori fosse tardiva, in quanto il termine per impugnare l’appalto sarebbe dovuto decorrere dall’inizio del contratto e non dalla cessazione del rapporto.
2. Errata valutazione dei requisiti dell’appalto: Secondo le ricorrenti, i giudici di merito avrebbero dato un peso eccessivo all’esercizio del potere direttivo, trascurando altri elementi come l’esistenza di una genuina organizzazione aziendale e l’assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatrice.
3. Confusione tra potere direttivo e potere conformativo: Si contestava alla Corte d’Appello di aver confuso il legittimo potere del committente di definire le caratteristiche del servizio (potere conformativo) con l’illegittimo esercizio del potere direttivo sui dipendenti altrui.

I Requisiti di Genuinità dell’appalto di manodopera

La Suprema Corte ha respinto integralmente entrambi i ricorsi, consolidando principi giurisprudenziali di fondamentale importanza. I giudici hanno chiarito che, ai fini della liceità di un appalto di opere o servizi, devono sussistere congiuntamente due requisiti costitutivi:

1. Organizzazione autonoma e rischio d’impresa: L’appaltatore deve disporre di una propria struttura organizzativa (mezzi, capitali, know-how) e assumersi il rischio economico legato all’esecuzione del contratto. Non deve essere un mero “schermo” societario.
2. Esercizio del potere organizzativo e direttivo: L’appaltatore deve esercitare un effettivo e autonomo potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti impiegati nell’appalto.

La mancanza anche di uno solo di questi due elementi determina la non genuinità dell’appalto, trasformandolo in una somministrazione illecita di manodopera.

Le motivazioni della Cassazione sull’appalto di manodopera

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni delle società ricorrenti.

Sulla questione della decadenza, ha ribadito un principio ormai consolidato: il termine per impugnare non si applica all’azione del lavoratore che, ancora formalmente inquadrato come dipendente dell’appaltatore, mira a ottenere l’accertamento del suo reale rapporto di lavoro con il committente. L’azione non è volta a contestare un licenziamento, ma a far emergere la vera natura del rapporto.

Nel merito, la Cassazione ha sottolineato come la valutazione circa la sussistenza del potere direttivo in capo al committente anziché all’appaltatore sia un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente rilevato che la sostanziale organizzazione della prestazione lavorativa, le direttive e il controllo erano rimasti in capo alla banca, rendendo l’appalto fittizio.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per le aziende che ricorrono a contratti di appalto. La distinzione tra un appalto lecito e una fornitura illecita di manodopera risiede nella sostanza dei rapporti e non nella loro forma contrattuale. Per evitare di incorrere in contenziosi, il committente deve astenersi da qualsiasi ingerenza diretta nella gestione dei dipendenti dell’appaltatore, limitandosi a fornire indicazioni sul risultato finale del servizio. D’altro canto, l’appaltatore deve dimostrare di essere un’impresa genuina, dotata di autonomia organizzativa e gestionale. Per i lavoratori, questa pronuncia conferma una solida tutela, permettendo loro di far valere la realtà del rapporto di lavoro senza essere vincolati da brevi termini di decadenza.

Quando inizia a decorrere il termine per impugnare un appalto di manodopera ritenuto illecito?
Il termine di decadenza per l’impugnazione non si applica all’azione del lavoratore che, pur essendo formalmente dipendente di un appaltatore, agisce per l’accertamento del rapporto di lavoro in capo al committente, specialmente se il rapporto formale non è ancora cessato e non vi è stato un atto equipollente al recesso.

Quali sono i requisiti essenziali per un appalto di servizi genuino?
Per essere considerato genuino, l’appalto deve presentare due requisiti fondamentali e congiunti: 1) l’appaltatore deve avere una propria organizzazione autonoma e assumersi il rischio d’impresa; 2) l’appaltatore deve esercitare l’effettivo potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto. La mancanza di anche solo uno di questi elementi rende l’appalto illecito.

Il committente può dare istruzioni ai dipendenti dell’appaltatore?
Il committente può esercitare un potere di coordinamento per definire le caratteristiche del servizio richiesto, ma non può impartire ordini e direttive dirette ai dipendenti dell’appaltatore sulle modalità di esecuzione del lavoro. Un’ingerenza di questo tipo configura l’esercizio del potere direttivo, che è un indice della non genuinità dell’appalto e della sussistenza di un’interposizione illecita di manodopera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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