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APE sociale: ok con lavori brevi dopo licenziamento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30258/2024, ha stabilito che un lavoratore ha diritto all’APE sociale anche se, dopo la perdita del lavoro principale, ha svolto contratti a tempo determinato di durata inferiore a sei mesi. Secondo la Corte, questi brevi periodi lavorativi non interrompono lo stato di disoccupazione necessario per accedere al beneficio. La decisione respinge il ricorso dell’ente previdenziale, chiarendo che i requisiti vanno valutati in riferimento all’ultimo rapporto di lavoro significativo cessato, e non alle successive occupazioni precarie.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

APE sociale e Lavori Brevi: La Cassazione Fa Chiarezza

L’accesso all’APE sociale rappresenta una tutela fondamentale per i lavoratori vicini alla pensione che perdono il lavoro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30258 del 25 novembre 2024, ha affrontato un tema cruciale: la compatibilità tra questo beneficio e lo svolgimento di lavori a termine di breve durata. La Corte ha stabilito un principio importante, affermando che rioccupazioni inferiori a sei mesi non precludono il diritto all’indennità.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava un lavoratore che, dopo aver perso il suo impiego a tempo indeterminato, aveva richiesto l’accesso all’APE sociale. L’ente previdenziale aveva respinto la domanda, sostenendo che il lavoratore avesse interrotto il suo stato di disoccupazione accettando alcuni contratti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a sei mesi.

Mentre il tribunale di primo grado aveva dato ragione all’ente previdenziale, la Corte d’Appello di Firenze aveva ribaltato la decisione. Secondo i giudici d’appello, tali brevi rapporti di lavoro non eliminavano lo stato di disoccupazione rilevante ai fini della prestazione, in conformità con la disciplina generale sulle indennità di disoccupazione. L’ente previdenziale, non condividendo questa interpretazione, ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La questione dell’accesso all’APE sociale

Il cuore della controversia era l’interpretazione dell’articolo 1, comma 179, lettera a) della Legge 232/2016, che istituisce l’APE sociale. La norma la destina ai soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale.

L’ente previdenziale sosteneva che i requisiti andassero verificati con riferimento all’ultimo rapporto di lavoro cessato prima della domanda. Di conseguenza, i brevi contratti a termine successivi al licenziamento principale avrebbero “azzerato” il diritto del lavoratore, poiché la disoccupazione non sarebbe più derivata dalla causa originaria (il licenziamento dal lavoro a tempo indeterminato).

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che la normativa sull’APE sociale deve essere letta in modo coerente con la disciplina generale della disoccupazione.

La Corte ha sottolineato che lo stesso ente previdenziale, con un suo messaggio del 2017, aveva precisato che i rapporti di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi non fanno venir meno lo stato di disoccupazione, ma lo sospendono soltanto. Pertanto, non possono ostacolare l’accesso all’APE sociale.

Secondo la Suprema Corte, i requisiti di accesso alla prestazione devono essere riferiti all’ultimo rapporto di lavoro “significativo”, ovvero quello a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata superiore a sei mesi, la cui cessazione ha dato origine allo stato di disoccupazione. Le eventuali e successive rioccupazioni precarie, di durata inferiore a sei mesi, sono irrilevanti ai fini del diritto.

Conclusioni

Questa sentenza stabilisce un principio di grande importanza pratica per la tutela dei lavoratori. Si afferma che la finalità dell’APE sociale è sostenere chi perde un’occupazione stabile in prossimità della pensione. Permettere che brevi e precari rapporti di lavoro, spesso accettati per necessità, annullino questo diritto sarebbe contrario allo spirito della legge. La decisione garantisce quindi che i lavoratori non siano penalizzati per aver cercato di rimanere attivi nel mercato del lavoro attraverso occupazioni temporanee, consolidando una protezione sociale fondamentale in una fase delicata della vita lavorativa.

Aver svolto un lavoro a termine per meno di sei mesi dopo il licenziamento fa perdere il diritto all’APE sociale?
No. Secondo la sentenza, una rioccupazione con un contratto di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi non fa venir meno lo stato di disoccupazione e, pertanto, non preclude l’accesso all’APE sociale.

Quale rapporto di lavoro viene considerato per valutare i requisiti di accesso all’APE sociale?
I requisiti di accesso, come l’occupazione per 18 mesi nei 36 mesi precedenti, devono essere valutati in riferimento all’ultimo rapporto di lavoro significativo cessato (a tempo indeterminato o determinato superiore a sei mesi), non alle eventuali occupazioni precarie successive.

Lo svolgimento di lavori brevi dopo la perdita del lavoro principale interrompe lo stato di disoccupazione?
No, in base alla disciplina generale richiamata dalla Corte, lo svolgimento di lavori temporanei o precari di durata non superiore a sei mesi non determina la perdita dello stato di disoccupazione, ma ne causa solo la sospensione per il periodo di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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