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Anzianità di servizio: vale il periodo a termine?

Una società di trasporti si rifiutava di calcolare l’anzianità di servizio di un dipendente includendo i periodi lavorati con contratti a tempo determinato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, stabilendo che tale esclusione costituisce una discriminazione vietata dalla normativa europea. L’ordinanza ribadisce che, ai fini degli scatti retributivi, l’anzianità di servizio deve comprendere tutto il periodo lavorativo, indipendentemente dalla natura a termine o indeterminata dei contratti, in ossequio al principio di parità di trattamento.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Anzianità di Servizio: il Lavoro a Termine Conta Sempre?

L’anzianità di servizio è un pilastro fondamentale nel rapporto di lavoro, influenzando direttamente la retribuzione attraverso gli scatti periodici. Ma cosa accade quando un lavoratore passa da una serie di contratti a tempo determinato a un’assunzione a tempo indeterminato? Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale derivante dal diritto europeo: la non discriminazione. I periodi lavorati con contratti a termine devono essere pienamente computati, e qualsiasi esclusione deve essere giustificata da ragioni oggettive e concrete, non da generiche peculiarità del settore.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, dopo diversi contratti a tempo determinato e di somministrazione, veniva assunto a tempo indeterminato da un’azienda di mobilità e trasporti. Successivamente, chiedeva in giudizio il riconoscimento dei periodi di lavoro precedenti ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio e, di conseguenza, degli scatti retributivi. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano parzialmente la sua domanda, riconoscendo il diritto per i periodi maturati con contratti a termine stipulati direttamente con l’azienda. Quest’ultima, non accettando la decisione, proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’azienda datrice di lavoro basava il suo ricorso su due motivi principali:
1. Violazione delle norme sulla prescrizione: Sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente ritenuto valida l’interruzione della prescrizione da parte del lavoratore, senza verificare adeguatamente il contenuto della nota inviata dal dipendente.
2. Errata interpretazione delle norme contrattuali e di legge: L’azienda affermava che, secondo il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) degli autoferrotranvieri e normative storiche (R.D. 148/1931), l’immissione in ruolo a tempo indeterminato creasse uno status diverso, tale da escludere dal calcolo dell’anzianità i periodi di lavoro precario precedenti.

Calcolo dell’Anzianità di Servizio e il Principio di Non Discriminazione

La Corte di Cassazione dichiara il secondo motivo infondato, centrando la sua analisi sul principio di non discriminazione sancito dalla direttiva europea 1999/70/CE. La clausola 4 di tale direttiva impone che i lavoratori a tempo determinato non ricevano un trattamento meno favorevole di quelli a tempo indeterminato comparabili, a meno che non sussistano “ragioni oggettive”.

La Suprema Corte, allineandosi alla giurisprudenza consolidata sia europea (Corte di Giustizia) che nazionale, chiarisce che:
– L’anzianità di servizio è una condizione di impiego e, pertanto, deve essere calcolata includendo tutti i periodi di lavoro prestati, anche a termine.
– Le “ragioni oggettive” che possono giustificare una differenza di trattamento devono essere specifiche, concrete e legate a reali esigenze organizzative o alle peculiarità delle mansioni. Non è sufficiente invocare genericamente la “precarietà” del rapporto a termine o le specificità del settore autoferrotranviario.
– Escludere in modo generale e automatico i periodi a termine dal computo dell’anzianità costituisce una discriminazione vietata.

La Questione della Prescrizione

Il primo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione, viene giudicato inammissibile. La Corte spiega che l’azienda, sotto l’apparenza di una violazione di legge, stava in realtà tentando di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove (nello specifico, il contenuto della lettera interruttiva della prescrizione). Questo tipo di riesame è precluso nel giudizio di legittimità, che si limita a verificare la corretta applicazione del diritto e non a rivalutare il merito della controversia. La censura è stata inoltre ritenuta troppo generica e non conforme ai requisiti di specificità richiesti per il ricorso in Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione respinge il ricorso perché i motivi presentati dall’azienda non sono fondati. Sul tema centrale dell’anzianità di servizio, la Corte riafferma con forza il principio di parità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato. La discriminazione basata unicamente sulla durata del contratto è contraria al diritto dell’Unione Europea. Il datore di lavoro ha l’obbligo di includere nel calcolo dell’anzianità anche il servizio prestato con contratti a termine, a meno di non poter dimostrare l’esistenza di ragioni oggettive, concrete e specifiche che giustifichino un trattamento differenziato, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. Per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione, la Corte la dichiara inammissibile poiché la ricorrente chiedeva una rivalutazione del merito dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la tutela dei lavoratori precari. Stabilisce chiaramente che l’esperienza e la professionalità acquisite durante i rapporti a termine non possono essere “cancellate” al momento dell’assunzione a tempo indeterminato. Per i datori di lavoro, la sentenza rappresenta un monito: qualsiasi trattamento differenziato deve poggiare su basi solide e oggettive, altrimenti rischia di essere qualificato come discriminatorio e, quindi, illegittimo. Il principio di non discriminazione prevale sulle interpretazioni di contratti collettivi o normative nazionali che non siano conformi al diritto europeo.

I periodi di lavoro con contratto a tempo determinato devono essere contati ai fini dell’anzianità di servizio per gli scatti retributivi?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il principio di non discriminazione sancito dalla direttiva europea 1999/70/CE impone al datore di lavoro di includere nel calcolo dell’anzianità utile per la progressione economica anche i periodi di servizio prestati sulla base di contratti a tempo determinato.

È possibile giustificare un trattamento diverso tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato basandosi sulle specificità di un settore lavorativo?
No, un generico riferimento alle peculiarità di un settore (in questo caso, quello autoferrotranviario) non costituisce una “ragione oggettiva” sufficiente a giustificare un trattamento differenziato. Le ragioni devono essere concrete, specifiche e legate a reali esigenze organizzative o alle peculiarità delle mansioni svolte.

Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione mira a una nuova valutazione dei fatti già decisi nei gradi precedenti?
Il motivo di ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto, non riesaminare i fatti storici o le prove già valutate dai giudici dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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