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Anzianità di servizio: vale anche a tempo determinato

Un dirigente sanitario, dopo diversi contratti a termine e un’assunzione a tempo indeterminato, si è visto negare il riconoscimento del servizio pregresso ai fini retributivi. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1065/2024, ha accolto il suo ricorso, stabilendo che escludere l’anzianità di servizio maturata con contratti a termine costituisce una discriminazione vietata dalla normativa europea. La Corte ha chiarito che le interruzioni tra i contratti non sono decisive, a meno che non siano così lunghe da rendere irrilevante l’esperienza professionale acquisita.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Anzianità di Servizio: Riconoscimento Anche per i Contratti a Termine

L’ordinanza n. 1065/2024 della Corte di Cassazione segna un punto fondamentale per la tutela dei lavoratori a tempo determinato, affermando un principio di non discriminazione cruciale. La Corte ha stabilito che l’anzianità di servizio maturata attraverso una successione di contratti a termine deve essere pienamente riconosciuta ai fini retributivi, anche dopo la stabilizzazione. Questa decisione chiarisce che le interruzioni tra un contratto e l’altro non possono giustificare, di per sé, la perdita di un diritto economico e professionale, allineando la giurisprudenza italiana ai principi del diritto europeo.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un dirigente sanitario veterinario che, dopo aver lavorato per un Istituto Zooprofilattico con quattro contratti a tempo determinato, è stato finalmente assunto a tempo indeterminato. Il lavoratore ha richiesto che il servizio prestato durante i contratti a termine venisse conteggiato per calcolare l’indennità di esclusività e la retribuzione di posizione.

La sua richiesta è stata però respinta sia dal Tribunale di primo grado sia dalla Corte d’Appello. Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che le pause temporali intercorse tra i vari contratti costituissero una “soluzione di continuità”, un’interruzione che, secondo una lettura letterale del contratto collettivo nazionale, impediva di sommare i periodi di lavoro ai fini dell’anzianità. Insoddisfatto, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione.

La Questione dell’Anzianità di Servizio e l’Interpretazione dei Giudici

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione di alcune clausole del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) della Dirigenza medica. La Corte d’Appello si era fermata a un’interpretazione strettamente letterale delle norme contrattuali, sostenendo che la presenza di intervalli tra i contratti creava una “soluzione di continuità” che escludeva il riconoscimento del servizio pregresso.

Secondo i giudici di merito, questa interpretazione era l’unica possibile di fronte al “dato letterale univoco” della disciplina. Tale approccio, tuttavia, non aveva tenuto conto di un aspetto fondamentale: la compatibilità di tale interpretazione con i principi superiori del diritto dell’Unione Europea, in particolare con la Direttiva 1999/70/CE che vieta la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato.

La Decisione della Cassazione: Piena Valorizzazione dell’Anzianità di Servizio

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione della Corte d’Appello, accogliendo i motivi del lavoratore. I giudici supremi hanno evidenziato un duplice errore dei giudici di merito: da un lato, essersi fossilizzati sul significato letterale delle parole del contratto collettivo, violando il principio ermeneutico che impone di indagare la comune intenzione delle parti; dall’altro, non aver verificato la compatibilità di tale interpretazione con la normativa europea.

Le Motivazioni

La Corte ha affermato che l’interpretazione dei contratti non può fermarsi al “senso letterale delle parole” (art. 1362 c.c.), ma deve considerare il contesto e la finalità delle norme. Soprattutto, ha ribadito che la Direttiva 1999/70/CE e l’accordo quadro allegato escludono qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato.

Negare il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata con contratti a termine per la retribuzione di posizione e l’indennità di esclusività costituisce un’oggettiva discriminazione. Pertanto, la clausola del contratto collettivo che impedisce tale riconoscimento deve essere disapplicata dal giudice nazionale.

La Corte ha inoltre chiarito il concetto di “soluzione di continuità”: non si tratta di una qualsiasi interruzione, ma di un intervallo temporale talmente significativo da rendere l’esperienza professionale precedente irrilevante per le nuove mansioni. Spetta al giudice di merito valutare, caso per caso, se la durata delle pause sia tale da giustificare la perdita dell’anzianità maturata.

Le Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, che dovrà decidere nuovamente la questione attenendosi a un preciso principio di diritto. Tale principio stabilisce che l’anzianità di servizio maturata con uno o più contratti a termine deve essere riconosciuta sia per la retribuzione di posizione che per l’indennità di esclusività. La “soluzione di continuità” che esclude tale riconoscimento si verifica solo quando l’intervallo tra i contratti è così ampio da annullare l’utilità dell’esperienza professionale pregressa. Questa sentenza rafforza significativamente i diritti dei lavoratori precari, garantendo che la loro professionalità ed esperienza vengano correttamente valorizzate anche dopo la stabilizzazione.

Il servizio prestato con contratti a tempo determinato vale per calcolare l’anzianità di servizio?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il servizio prestato con uno o più rapporti di lavoro a tempo determinato deve essere riconosciuto ai fini della maturazione dell’anzianità complessiva, sia per la maggiorazione della retribuzione di posizione sia per l’indennità di esclusività.

Cosa si intende per “soluzione di continuità” tra contratti che impedisce il riconoscimento dell’anzianità?
La “soluzione di continuità” rilevante non è una qualsiasi interruzione temporale, ma solo un intervallo così lungo da far ritenere che l’esperienza professionale maturata nei periodi precedenti non sia più utile per svolgere al meglio le mansioni assegnate con il contratto successivo.

Un contratto collettivo nazionale può escludere il riconoscimento dell’anzianità maturata con contratti a termine?
No, una clausola di un contratto collettivo che vieta in modo assoluto di tener conto dell’anzianità maturata con contratti a tempo determinato è in contrasto con la Direttiva europea 1999/70/CE. Di conseguenza, tale clausola deve essere disapplicata dal giudice nazionale perché discriminatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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