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Anzianità di servizio: non basta per la carriera

Un dipendente pubblico, trasferito a un nuovo ente, si è visto negare il riconoscimento della piena anzianità di servizio ai fini della progressione economica. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la progressione non è automatica ma dipende dalle specifiche previsioni della contrattazione collettiva del nuovo ente, che possono valorizzare criteri diversi dalla mera anzianità.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Anzianità di Servizio e Carriera: Non è un Automatismo

L’anzianità di servizio è spesso vista come un titolo di merito che garantisce, quasi automaticamente, avanzamenti di carriera e miglioramenti retributivi. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che, specialmente nel pubblico impiego e in caso di passaggio tra diverse amministrazioni, questa equazione non è affatto scontata. La Suprema Corte ha chiarito che la progressione economica non dipende dall’anzianità “assoluta”, ma dalle specifiche regole definite dalla contrattazione collettiva, che possono privilegiare altri criteri.

Il Caso: Trasferimento tra Enti Pubblici e Anzianità Contestata

La vicenda riguarda un dipendente pubblico che, dopo essere stato trasferito da un’amministrazione a un’altra, ha partecipato a una procedura selettiva per la progressione alla fascia economica superiore. Il lavoratore sosteneva che, per il calcolo del punteggio, si dovesse tener conto di tutta l’anzianità di servizio maturata fin dalla sua prima assunzione nel 1989. L’amministrazione di destinazione, invece, aveva considerato valida solo l’anzianità maturata a partire dal 2010, data di una precedente progressione.

Il dipendente ha quindi avviato un’azione legale, ritenendo che il suo diritto a veder riconosciuta l’intera anzianità fosse stato violato, richiamando anche i principi sulla continuità del rapporto di lavoro in caso di trasferimento. Dopo una decisione sfavorevole in appello, il caso è approdato in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sull’Anzianità di Servizio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito che l’assunto del ricorrente, secondo cui i passaggi di fascia sarebbero una conseguenza automatica dell’anzianità di servizio, è errato. La progressione economica, infatti, non è un automatismo legato al mero trascorrere del tempo, ma è disciplinata da regole precise contenute nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) e negli accordi integrativi aziendali.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti chiave:

1. Distinzione tra anzianità assoluta e anzianità per la progressione: La Cassazione ha sottolineato che un conto è l’anzianità di servizio complessiva, un altro è quella utile ai fini specifici della progressione economica. I CCNL applicabili al caso non collegano la progressione all’anzianità totale, ma a requisiti specifici e a procedure selettive. In particolare, la contrattazione integrativa prevedeva che il punteggio fosse attribuito in base alla permanenza nella fascia economica precedente, non all’anzianità di servizio generale.

2. La natura selettiva della progressione: I giudici hanno ribadito che le progressioni economiche non sono automatiche. L’art. 18 del CCNL 2006/2009, ad esempio, prevede una selezione basata su criteri che valorizzano le capacità reali dei dipendenti, l’esperienza professionale e le effettive conoscenze, specificando di “evitare di considerare la mera anzianità di servizio”.

3. Limiti alla tutela in caso di trasferimento: Richiamando l’art. 2112 del Codice Civile (applicabile ai trasferimenti tra enti pubblici), la Corte ha chiarito che, se da un lato il lavoratore conserva i diritti economici e normativi già acquisiti, non può vantare una mera “aspettativa” a future progressioni di carriera secondo le regole del vecchio datore di lavoro. Il nuovo datore di lavoro ha il diritto di applicare la propria disciplina contrattuale e di valorizzare l’esperienza professionale maturata secondo i propri criteri, anche differenziandola da quella pregressa.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante chiarimento: l’anzianità di servizio, di per sé, non costituisce un diritto acquisito che garantisce automaticamente l’avanzamento di carriera. I lavoratori, soprattutto in caso di mobilità tra diverse amministrazioni o aziende, devono essere consapevoli che la loro progressione economica sarà soggetta alle regole, ai criteri selettivi e alla contrattazione collettiva del nuovo datore di lavoro. È fondamentale, quindi, fare riferimento a tali accordi per comprendere quali siano i reali requisiti per l’avanzamento, che spesso includono valutazioni di merito, performance e formazione, oltre alla mera anzianità in una specifica fascia retributiva.

L’anzianità di servizio maturata presso un precedente datore di lavoro pubblico vale automaticamente per la progressione di carriera con il nuovo datore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’anzianità di servizio “assoluta” non garantisce una progressione automatica. La progressione economica è regolata dalle specifiche norme del CCNL e della contrattazione integrativa del nuovo datore di lavoro, che possono prevedere criteri selettivi diversi dalla mera anzianità.

Cosa prevedono i Contratti Collettivi Nazionali (CCNL) riguardo alla progressione di carriera?
I CCNL citati nella sentenza non prevedono automatismi legati all’anzianità di servizio. Essi stabiliscono che le progressioni avvengono tramite procedure selettive basate su criteri che valorizzano le capacità, l’impegno, la prestazione e l’arricchimento professionale, e non la semplice anzianità accumulata.

In caso di trasferimento di un lavoratore, quali diritti sono garantiti riguardo all’anzianità pregressa?
In caso di trasferimento, il lavoratore conserva i diritti già entrati nel suo patrimonio (es. trattamento retributivo acquisito). Tuttavia, l’anzianità pregressa non può essere usata per rivendicare ricostruzioni di carriera o miglioramenti basati sulla diversa disciplina del nuovo datore. Quest’ultimo può legittimamente valorizzare in modo differente l’esperienza professionale maturata alle proprie dipendenze rispetto a quella precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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