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Anzianità di servizio: illegittimo escludere i termini

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8706/2025, ha dichiarato illegittimo il trasferimento di un lavoratore basato su un accordo sindacale che, nel calcolare l’anzianità di servizio, escludeva i periodi di lavoro svolti con contratto a termine. Tale criterio è stato ritenuto discriminatorio e contrario alla direttiva europea 1999/70/CE, poiché penalizza ingiustificatamente i lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato. La Corte ha confermato la decisione di merito che ordinava la riassegnazione del dipendente alla sua sede originaria.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Anzianità di servizio: no alla discriminazione dei contratti a termine

L’anzianità di servizio è un pilastro fondamentale nella gestione dei rapporti di lavoro, influenzando carriere, stipendi e graduatorie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8706 del 2025, ha ribadito un principio cruciale: escludere dal calcolo i periodi di lavoro svolti con contratti a termine costituisce una discriminazione illegittima. Questa decisione chiarisce come l’interpretazione degli accordi sindacali debba sempre rispettare le normative europee a tutela dei lavoratori a tempo determinato.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un assistente di volo di una nota compagnia aerea, trasferito da un aeroporto del nord-est a uno del nord Italia. La decisione del trasferimento si basava su una graduatoria stilata secondo i criteri di un accordo sindacale aziendale. Tale accordo, tuttavia, calcolava l’anzianità di servizio privilegiando i periodi di lavoro continuativo a tempo indeterminato, escludendo di fatto i precedenti contratti a termine del lavoratore.

Il dipendente ha impugnato il trasferimento, sostenendo che il criterio utilizzato fosse discriminatorio. Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello gli hanno dato ragione, dichiarando l’illegittimità del trasferimento e ordinando la sua riassegnazione alla sede originaria. La compagnia aerea ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la validità del criterio del continuous service (servizio continuo) previsto dall’accordo.

La corretta interpretazione dell’anzianità di servizio

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’accordo sindacale e nella sua compatibilità con la direttiva europea 1999/70/CE. La società ricorrente affermava che l’accordo valorizzava legittimamente la continuità del servizio, a prescindere dalla natura (a termine o indeterminata) dei rapporti precedenti. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi.

I giudici hanno spiegato che l’interpretazione di una norma contrattuale non può fermarsi al mero dato letterale, ma deve considerare la comune intenzione delle parti, il comportamento successivo e il contesto normativo, inclusi i principi comunitari. La Corte ha rilevato che, nei fatti, la graduatoria aveva escluso i contratti a termine del lavoratore, creando una palese discriminazione.

Il divieto di discriminazione e il calcolo dell’anzianità di servizio

La sentenza ribadisce con forza il principio sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro recepito dalla direttiva 99/70/CE. Tale principio impone al datore di lavoro di riconoscere l’anzianità maturata con contratti a tempo determinato nella stessa misura prevista per i lavoratori assunti ab origine a tempo indeterminato.

Qualsiasi trattamento differenziato è ammissibile solo se giustificato da ragioni oggettive, che non possono risiedere nella sola natura temporanea del rapporto. Nel caso di specie, la compagnia non ha fornito alcuna prova di tali ragioni oggettive, limitandosi a difendere un criterio che, di fatto, penalizzava chi aveva avuto un percorso lavorativo caratterizzato da contratti a termine.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso presentati dalla compagnia aerea. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente interpretato l’accordo sindacale, utilizzando un percorso logico-giuridico completo che teneva conto non solo del testo, ma anche del comportamento concreto delle parti (la formazione della graduatoria). L’esito di tale interpretazione ha rivelato un criterio discriminatorio, poiché penalizzava il lavoratore escludendo dal calcolo dell’anzianità i periodi di lavoro a termine. La Corte ha chiarito che il principio di non discriminazione derivante dalla normativa europea è direttamente applicabile e non può essere derogato da accordi collettivi che introducano differenziazioni ingiustificate. L’unico elemento che potrebbe giustificare un trattamento diverso non è la natura a termine del contratto, ma le specifiche caratteristiche della prestazione, che in questo caso non sono state né illustrate né dimostrate dalla società.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale a tutela dei lavoratori precari. Viene stabilito che l’anzianità di servizio deve essere calcolata includendo tutti i periodi di lavoro prestati per lo stesso datore, indipendentemente dalla forma contrattuale. Un accordo sindacale che adotti criteri diversi, come quello del continuous service interpretato in modo da escludere i rapporti a termine, è nullo per violazione di norme imperative e principi comunitari. Questa decisione rappresenta un importante monito per le aziende: le clausole dei contratti collettivi non possono creare discriminazioni a danno dei lavoratori che hanno avuto percorsi lavorativi non lineari.

I periodi di lavoro con contratto a termine possono essere esclusi dal calcolo dell’anzianità di servizio?
No, secondo la Corte di Cassazione, escludere i periodi di lavoro a termine dal calcolo dell’anzianità di servizio costituisce una discriminazione illegittima e viola la direttiva europea 1999/70/CE.

Un accordo sindacale può prevedere criteri di anzianità che favoriscono i contratti a tempo indeterminato?
No, un accordo sindacale non può introdurre criteri che creino una discriminazione ingiustificata a danno dei lavoratori a tempo determinato. Tali criteri sono nulli se si pongono in contrasto con principi di legge e norme comunitarie.

Cosa si intende per ‘ragioni oggettive’ che possono giustificare un diverso trattamento tra lavoratori a termine e indeterminati?
La sentenza chiarisce che le ‘ragioni oggettive’ non possono risiedere nella sola natura temporanea del contratto, ma devono riguardare le caratteristiche specifiche e la qualità della prestazione lavorativa, che devono essere concretamente dimostrate dal datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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