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Anzianità di servizio e pubblico impiego: la Cassazione

Una ex dipendente della Polizia di Stato, transitata ai ruoli civili del Ministero dell’Interno, ha richiesto il riconoscimento della sua pregressa anzianità di servizio ai fini delle progressioni economiche. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto il ricorso. Ha stabilito che, sebbene il trattamento economico acquisito sia garantito al momento del passaggio, le future progressioni di carriera sono regolate esclusivamente dalla contrattazione collettiva del nuovo comparto. Quest’ultima può legittimamente valorizzare in modo differente l’anzianità di servizio maturata all’interno dello stesso settore rispetto a quella maturata in precedenza in un altro ordinamento, come quello delle Forze di Polizia.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Anzianità di servizio nel pubblico impiego: cosa succede in caso di passaggio tra ruoli?

L’anzianità di servizio rappresenta un pilastro fondamentale nel rapporto di lavoro, ma il suo valore può cambiare in caso di transito tra diversi comparti della Pubblica Amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una dipendente passata dai ruoli della Polizia di Stato a quelli civili del Ministero dell’Interno, chiarendo i limiti del riconoscimento del servizio pregresso ai fini delle progressioni economiche.

I Fatti di Causa: Il Passaggio dalla Polizia di Stato ai Ruoli Civili

La vicenda riguarda una lavoratrice, dipendente del Ministero dell’Interno dal 1989, inizialmente inquadrata nei ruoli della Polizia di Stato dove aveva raggiunto la qualifica di Ispettore Capo. A seguito di inabilità ai servizi di polizia, nel 2001 transitava nei ruoli del personale civile dello stesso Ministero, con la qualifica di collaboratore amministrativo.

La dipendente sosteneva di aver diritto al pieno riconoscimento dell’anzianità maturata nel servizio di polizia (oltre 12 anni) per partecipare alle progressioni economiche indette dal Ministero per il personale civile. A suo avviso, il mancato riconoscimento violava la normativa sul transito del personale e comportava un ingiusto trattamento, non valorizzando la sua lunga esperienza professionale.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, ritenendo che, una volta inserita nel nuovo contesto lavorativo, la sua carriera dovesse seguire le regole, anche per l’anzianità di servizio, previste dalla contrattazione collettiva del comparto Ministeri.

L’Anzianità di Servizio e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso della lavoratrice. Il principio di diritto affermato è cruciale per comprendere la dinamica dei passaggi di ruolo nel pubblico impiego.

La Distinzione tra Mantenimento del Trattamento Economico e Progressione di Carriera

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra due concetti:
1. Conservazione dei diritti acquisiti: La legge garantisce che il lavoratore, nel passaggio a un nuovo ruolo, mantenga il trattamento economico precedentemente goduto. Questo avviene, se necessario, attraverso l’erogazione di un “assegno ad personam”, destinato a essere riassorbito con i futuri aumenti contrattuali. L’obiettivo è evitare un peggioramento economico immediato (reformatio in peius).
2. Regole per la progressione futura: Le modalità con cui si avanza di livello economico nel nuovo ruolo (progressioni orizzontali) sono disciplinate esclusivamente dalla normativa e, soprattutto, dalla contrattazione collettiva del comparto di destinazione.

Il Ruolo della Contrattazione Collettiva nel Definire l’Anzianità di Servizio Valida

La Corte ha stabilito che la contrattazione collettiva ha piena autonomia nel definire i criteri per le progressioni economiche. È quindi legittimo che un contratto collettivo (in questo caso, quello del comparto Ministeri) preveda di valorizzare principalmente o esclusivamente l’anzianità di servizio maturata all’interno dello stesso comparto, piuttosto che quella maturata in un ordinamento diverso e speciale come quello della Polizia di Stato. Questa scelta non è irragionevole, in quanto mira a premiare l’esperienza specifica e le competenze acquisite nel contesto lavorativo di appartenenza.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il passaggio tra ruoli diversi, pur garantendo la continuità giuridica del rapporto di lavoro, comporta l’applicazione integrale del trattamento giuridico ed economico del comparto di destinazione. L’anzianità pregressa non è un “diritto quesito” da far valere in assoluto, ma un fatto giuridico il cui rilievo dipende dalle norme che disciplinano il nuovo rapporto. La normativa speciale sul transito del personale di polizia (d.P.R. n. 339/1982) assicura la conservazione della qualifica e del trattamento economico, ma non impone di valutare l’anzianità passata per le future progressioni di carriera, che restano soggette alla disciplina collettiva del nuovo inquadramento. La Corte ha inoltre escluso che tale approccio crei una disparità di trattamento ingiustificata, poiché risponde all’esigenza di valorizzare l’esperienza professionale pertinente al nuovo ruolo.

Conclusioni

L’ordinanza chiarisce un aspetto importante per tutti i dipendenti pubblici che affrontano un passaggio tra diversi comparti. Se da un lato è garantita la stabilità economica al momento del transito, dall’altro lo sviluppo di carriera futuro è interamente soggetto alle regole del nuovo ambiente lavorativo. L’anzianità di servizio maturata in precedenza non si traduce automaticamente in un vantaggio per le progressioni economiche, se la contrattazione collettiva di destinazione sceglie di privilegiare l’esperienza maturata al proprio interno. Questa decisione ribadisce la centralità e l’autonomia della contrattazione collettiva nel definire i percorsi di carriera nel pubblico impiego.

Quando un dipendente pubblico passa da un comparto a un altro (es. dalla Polizia ai ruoli civili), l’anzianità di servizio maturata in precedenza viene persa?
No, l’anzianità di servizio non viene persa in senso assoluto. Il rapporto di lavoro prosegue e l’anzianità maturata viene conservata ai fini del trattamento economico acquisito, che non può essere peggiorativo. Tuttavia, il suo valore ai fini delle future progressioni di carriera dipende dalle regole del nuovo comparto.

L’anzianità di servizio pregressa deve essere considerata per le progressioni economiche nel nuovo ruolo?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che le progressioni economiche sono regolate dalla contrattazione collettiva del comparto di destinazione. Se questa prevede di considerare solo l’anzianità maturata al suo interno, tale criterio è legittimo e non è obbligatorio riconoscere l’anzianità pregressa a tali fini.

La contrattazione collettiva del nuovo comparto può dare un peso diverso all’anzianità maturata al suo interno rispetto a quella maturata altrove?
Sì. Secondo la Corte, la contrattazione collettiva può legittimamente privilegiare l’esperienza professionale e l’anzianità maturate specificamente nel proprio ambito, differenziandole da quelle provenienti da altri comparti o ordinamenti. Questa scelta è considerata obiettiva e ragionevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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