Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8422 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8422 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13578-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 339/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/12/2020 R.G.N. 764/2019;
Oggetto
Liquidazione anticipata NASpI
R.G.N. 13578/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’a ppello di Venezia ha respinto il gravame proposto da INPS avverso la sentenza di primo grado dichiarativa del diritto di NOME COGNOME a trattenere il beneficio di anticipazione NASpI concessogli ex art. 8 d.lgs. n. 22/2015 così respingendo la pretesa restitutoria dell’ente previdenziale.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto la compatibilità della liquidazione in unica soluzione finalizzata ad incentivare l’avvio di un lavoro autonomo effettivo con lo svolgimento di sporadica attività di lavoro subordinato (nella specie, 161 ore di lavoro intermittente iniziato il 5/3/2018 e terminato il 30/4/2018, percependo euro 1.800 euro) a fronte di un’autonoma attività di autonoleggio avviata nel febbraio 2017 (per la quale lo stesso richiedente aveva ottenuto l’anticipazione per l’importo complessivo di euro 18.000 circa); il tribunale aveva anche reputato irragionevole una diversa interpretazione, foriera di un’ingiustificata disparità di trattamento tra chi, prestando lo stesso lavoro, percepisce NASpI mensilmente e chi la ottiene sotto altra forma, perdendo, il primo, il solo beneficio mensile e, il secondo, l’intero trattamento anticipato.
La Corte territoriale, respingendo la tesi dell’istituto previdenziale basata su un’interpretazione letterale dell’art. 8 comma 4, che prevede la restituzione per intero della anticipazione ottenuta in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per il quale è riconosciuta la liquidazione anticipata, ha ritenuto che la norma in esame preveda una diversa modalità di erogazione del medesimo beneficio, il cui mutamento (una tantum o rateale)
non ne fa venir meno la natura assistenziale. E come nella disciplina dell’art. 9 non ogni lavoro subordinato provoca la perdita dell’intero beneficio NASpI erogato in forma differita, altrettanto varrebbe per l’erogazione in unica soluzione, come dimostre rebbe l’ultimo comma dell’art. 8 in cui è prevista la convivenza del beneficio una tantum con il lavoro subordinato instaurato con una cooperativa della quale l’assistito divenga socio, consentendo il godimento della NASpI anticipata integrale, a conferma dell’assenza di alcun automatismo nella perdita secca del beneficio. Una lettura in chiave sistematica e di ragionevolezza del testo normativo, in linea con la circolare INPS n.142/2015 sulla compatibilità tra lavoro intermittente e NASpI, consentiva dunque di escludere un’automatica applicazione dell’art. 8 comma 4 e di considerare anche il profilo reddituale, rilevando l’eventuale superamento dei limiti indicati dall’art. 9 (reddito annuale da lavoro subordinato superiore al reddito minimo escluso da imposizione).
L’INPS ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi ad un unico motivo, a cui NOME resiste con controricorso.
All’udienza camerale del 15 novembre 2024 la Corte si è riservata di decidere.
CONSIDERATO CHE
1.Il ricorrente istituto deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, primo e quarto comma, del D.Lgs. n. 22/2015, in riferimento agli artt. 13 primo comma, D.Lgs. n. 81/2015, vigente ratione temporis, ed art. 12 disp. prel. cod. civ., contrastando l’impugnata sentenza con l’interpretazione letterale e con la ratio della NASpI anticipata, avente natura giuridica di incentivo
all’autoimprenditorialità, cui si possono applicare gli stessi principi sviluppati in diritto vivente con riferimento all’indennità di mobilità anticipata ex art. 7 co.5 d.lgs. n. 223/1991, di analogo tenore letterale dell’art. 8 co .4 L. n. 22/2015, vertendosi in un beneficio erogato a titolo di incentivo ad avviare un’attività lavorativa autonoma, ed avente la finalità di ricollocare i lavoratori in mobilità al di fuori dell’area congestionata del lavoro subordinato.
Richiamate alcune pronunce di legittimità, l’istituto ricorrente rileva che l’erogazione in un’unica soluzione non è funzionale al sostegno dello stato di bisogno che nasce dalla disoccupazione, ma assume natura giuridica di contributo finanziario destinato a sopperire alle spese ini ziali di un’attività che il lavoratore in mobilità intenda svolgere in proprio. La restituzione delle somme in proporzione alla durata della rioccupazione, e non per l’intero, risulterebbe perciò contraddittoria con la ratio legis . L’Istituto c onfuta la tesi della Corte territoriale che non avrebbe colto nel segno sulla natura giuridica dell’istituto in esame : contributo finanziario destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività da svolgere in proprio e non prestazione assistenziale destinata a sopperire ad uno stato di bisogno. Non sarebbe stata colta l ‘autentica finalità della norma , consistente in un incentivo , né le coerenti ragioni restitutorie dell’intera somma percepita in caso di rioccupazione alle altrui dipendenze come lavoro subordinato sotto qualsiasi forma contrattuale (tempo indeterminato o determinato, a tempo pieno o parziale, con attività continua o discontinua).Ad avviso della ricorrente non assumerebbe rilievo la compatibilità di una possibile doppia fonte reddituale come disciplinata dall’art. 9 d.lgs. 22/2015 ( fra lavoro dipendente e trattamento NASpI erogato mensilmente), e dall’art. 10 cit. d. lgs. (lavoro autonomo/imprenditoriale
intrapreso durante il periodo di percezione NASpI). La soluzione legislativa di prevedere la restituzione per intero della anticipazione ottenuta, qualora il lavoratore che ne abbia fruito instauri un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la liquidazione anticipata, mira infatti a non vanificare lo scopo della norma e ad evitare un accertamento caso per caso sulla serietà del tentativo di intraprendere un’attività autonoma, restandone estranea la valutazione della circostanza inerente alla esiguità dei guadagni.
2. Nel controricorso la parte privata denuncia un aspetto punitivo del recupero dell’intera anticipazione, non essendo alternativa l’instaurazione di un lavoro subordinato al lavoro autonomo od impresa individuale, né incidendo sulla sua effettività e continuità, allorquando il disoccupato che abbia seriamente intrapreso un’attività autonoma grazie all’anticipazione NASpI intenda far fronte a momenti di difficoltà economica rioccupandosi alle dipendenze altrui per brevi periodi ed entro i limiti temporali d i cui all’art. 9 d.lgs. n. 22/2015. Richiama quindi l’ordinanza del Tribunale di Trento dell’1/6/2020 di rimessione alla Corte Costituzionale sul prospettato contrasto della norma dell’art. 8 ult. comma d.lgs. n. 22/2015 in relazione all’art. 3 Cost. per l’ingiustificata disparità di trattamento tra il lavoratore che percepisce mensilmente la NASpI, per il quale v’è compatibilità nei limiti reddituali del successivo art. 9, e il lavoratore che cercando di avviare u na attività autonoma richieda l’anticipo in un’unica soluzione, per il quale la compatibilità è esclusa a priori indipendentemente dalla durata del rapporto subordinato, dal reddito percepito e dall’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale intrapresa.
Il ricorso è fondato, nei limiti di seguito esposti.
3.1. La normativa introdotta con d.lgs. n. 22/2015 distingue l’indennità mensile di disoccupazione denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione (art. 1), dall’incentivo all’autoimprenditorialità (art. 8) avente ad oggetto la liquidazione anticipata in unica soluzione dell’importo complessivo del trattamento che spetterebbe al lavoratore avente diritto alla corresponsione della NASpI e che non gli è stato ancora erogato, a titolo di incentivo all’avvio di una attività lavorativa autonoma o di impresa individuale.
La prima ha natura previdenziale, è finalizzata a sollevare il lavoratore, che ha perduto involontariamente la propria occupazione per un fatto causativo di cessazione estraneo alla propria sfera di disponibilità, dallo stato di bisogno cagionato da inoccupazione.
La seconda ha natura assistenziale ed è finalizzata a sopperire al bisogno derivante da una iniziativa lavorativa autonoma o imprenditoriale propria, per il cui avviamento occorre sostenere delle spese necessarie.
3.2. La diversa denominazione riportata nella rubrica dei due articoli di legge suggerisce sin da subito la diversità ontologica, oggettiva e teleologica delle due misure. L ‘una tende a tutelare il lavoratore inoccupato nel periodo in cui è alla ricerca di nuova occupazione, e non è incompatibile con l’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato di breve durata (art. 9) o con il contemporaneo svolgimento di attività lavorativa in forma
autonoma o di impresa individuale (art. 10), salve le conseguenze di sospensione dal trattamento NASpI in presenza di perdurante ultrasemestralità del nuovo lavoro subordinato o di decadenza in presenza di condizioni reddituali tardivamente comunicate.
L ‘altra tende ad incentivare l’autoimprenditorialità come spinta eccentrica dall ‘ occupazione subordinata.
Questa Corte ha già considerato, in riferimento ad un caso di rioccupazione di un assicurato fruitore dell’omologo istituto di anticipazione dell’indennità di mobilità, in forza proprio di un contratto di lavoro intermittente (cfr. Cass. n. 24951/2021), che l’anticipazione di cui a ll’art. 7 c o. 5 della L.n.223/1991, ‘ risponde alla ratio di indirizzare il più possibile il disoccupato in mobilità verso attività autonome, al fine precipuo di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato, così perdendo la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale, e configurandosi non già come funzionale a sopperire ad uno stato di bisogno, ma come un contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese inziali di un’attività che il lavoratore i n mobilità svolge in proprio ‘.
4.1. Si t ratta, dunque, di una sorta di ‘finanziamento di scopo’, destinato all’investimento in un’attività autonoma o di impresa, la cui finalità incentivante viene meno nel caso di rioccupazione, anche temporanea, del beneficiario che intenda, invece, rientrare nel mercato del lavoro dipendente. Ne consegue, come previsto dal quarto comma dell’art. 8, l’obbligo restitutorio dell’intera anticipazione ottenuta dal lavoratore che instauri un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la liquidazione anticipate dalla NASpI
(calcolo, durata e decorrenza della prestazione sono previsti dagli artt. 4, 5, 6).
La disposizione normativa non sembra lasciare dubbi di sorta, sull’obbligo restitutorio dell’anticipazione in conseguenza della instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato (qualunque ne sia la forma, anche intermittente, per una prestazione a chiamata, su disposizione del datore di lavoro).
Tuttavia gli interventi chiarificatori e correttivi della Corte Costituzionale (si vedano le pronunce n. 194/2021, n.38/2024, e n.90/2024), sollecitati su questioni di parità di trattamento con le posizioni dei fruitori di NASpI che intraprendono attività di lavoro autonomo e alla luce di profili di ragionevolezza e proporzionalità suggeriti dalle ordinanze degli organi rimettenti, hanno consentito una rivalutazione sistematica della soluzione totalmente restitutoria prevista al quarto comma dell’art. 8 in esame.
Nel richiamare gli analoghi istituti di trattamento anticipato ASPI (art.2, comma 19 L. n. 92/2012) e di mobilità (art. 7 comma 5 L. n.223/1991), la sentenza Corte Cost. n. 194/2021 ha rilevato che « la finalità perseguita dal legislatore, quindi, è stata (ed è) quella di favorire il reimpiego del lavoratore ‘disoccupato’ in un’attività diversa da quella di lavoro subordinato, allo scopo di ridurre la pressione sul relativo mercato. Si tratta, in sostanza, di forme tipiche di legislazione promozionale, volte ad incentivare l’iniziativa autonoma individuale, quale forma di occupazione ‘alternativa’ rispetto al lavoro dipendente, ‘convertendo’ in lavoratori autonomi o imprenditori i lavoratori in cerca di occupazione, con l’ulteriore possibile effetto indotto, per lo stesso mercato del lavoro, della eventuale insorgenza di nuove occasioni di lavoro nel medio-lungo periodo » sicché la
previsione della integrale restituzione assolve anche alla finalità di contrasto del possibile abuso da parte di chi chieda il benefico senza poi intraprendere l’attività autonoma o di impresa, considerato che l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato nel periodo in cui spetterebbe, altrimenti, una prestazione periodica è un indice rivelatore della mancanza si effettività e autenticità del lavoro autonomo o di impresa.
5.1. Nella prima pronuncia la Corte, a cui non era sfuggito il rischio di una particolare rigidità della norma censurata al verificarsi in concreto di una situazione di svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato che « non abbia, specie in ragione della sua esigua durata, inciso in misura apprezzabile sull’effettività e sulla continuità dell’esercizio dell’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, il cui avvio è stato favorito dall’erogazione dell’incentivo all’autoimprenditorialità », aveva tuttavia ritenuto che rientrasse nell’esercizio della discrezionalità del legislatore in materia di politiche attive del lavoro, « l’individuazione delle soluzioni più opportune per ovviare ai profili critici segnalati dall’ordinanza di rimessione, i quali -pur non assurgendo al vizio di manifesta irragionevolezza della disciplina censurata -suggeriscono, tuttavia, l’introduzione di meccanismi di flessibilità per evitare che la rigidità della (pur temporanea) preclusione del lavoro subordinato, prevista dalla disposizione censurata, possa costituire, in concreto, un indiretto fattore disincentivante di genuine e virtuose iniziative di autoimprenditorialità o di lavoro autonomo, idonee a superare situazioni di disoccupazione involontaria ».
5.2. Nella successiva pronuncia n. 90/2024, evidenziata la possibilità di ipotizzare ‘ criteri alternativi, connotati da una qualche flessibilità ‘ non dissimili da quanto previsto per la
compatibilità della prestazione di ‘ lavoro subordinato di modesta entità ‘ con il trattamento periodico NASpI di cui al successivo art.9, è stata valorizzata la possibilità del rischio di impresa insito nella finalità stessa dell’incentivo, ossia la possibilità di considerare il possibile esito negativo dell’attività di impresa, la mancata prosecuzione dell’attività imprenditoriale ‘a causa di una condizione di impossibilità sopravvenuta o di insuperabile oggettiva difficoltà’, eventi che potrebbero in concreto « far diventare sproporzionata l’integralità dell’obbligo restitutorio, rendendo lo stesso inesigibile secondo i canoni di correttezza e buona fede, che in generale integrano il rapporto obbligatorio ».
Per evitare che il rigore eccessivo si traduca in intrinseca irragionevolezza e mancanza di proporzionalità, è stato quindi ritenuto ragionevole riparametrare l’obbligo restitutorio in ragione della durata del rapporto e del fatto sopravvenuto non imputabile al lavoratore che abbia comportato l’impossibilità o l’oggettiva insuperabile difficoltà di continuare l’attività autonoma o d’impresa. E’ stata quindi « dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015, nella parte in cui non limita l’obbligo restitutorio dell’anticipazion e della NASpI nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato, quando il lavoratore non possa proseguire, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l’attività di impresa per la quale l’anticipazione gli è stata erogata ».
La soluzione adeguatrice, nel solco della più recente pronuncia della Corte Costituzionale sul tema, consente di mitigare l’accoglimento delle ragioni del ricorrente nel senso sopra indicato.
La sentenza impugnata va dunque cassata nella parte in cui non ha considerato, a fronte di un ‘ interpretazione letterale, teleologica e sistematica dell’art. 8 , comma 4, d.lgs. n. 22/2015, la possibilità di ridurre (e non già di eliminare del tutto) l’obbligo restitutorio della liquidazione anticipata, nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato svolto, tenuto conto dell’effettiva continuazione dell’att ività autonoma o imprenditoriale esercitata e delle circostanze concrete (rimaste inesplorate nel giudizio di merito) di un’eventuale impossibilità od oggettiva difficoltà di proseguire l’attività di impresa, per la quale l’anticipazione era stata erogata al richiedente inoccupato.
Alla Corte territoriale si demanda quanto innanzi, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente grado di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 15 novembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME