Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26154 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26154 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE), in persona dell’Amministratore Straordinario e legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO del Foro di Napoli, con procura speciale in calce al controricorso, giusta determinazione n. 136/2022, ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del difensore;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. e P_IVA), in persona del legale rappresentante, e NOME COGNOME, entrambi rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO del Foro di RAGIONE_SOCIALE con distinte procure speciali in calce al ricorso ed elettivamente domiciliati agli indirizzi PEC dei difensori iscritti nel REGINDE;
-controricorrenti e ricorrenti incidentale –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 103 depositata il 7 marzo 2022 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 gennaio 2024 dal Presidente NOME COGNOME.
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che :
-con ricorso depositato presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, l’ingegnere NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE proponevano opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 35/2018 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con la quale veniva loro ingiunto il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di euro 3.011,16, per avere riscontrato, in seguito ad un controllo effettuato dall’RAGIONE_SOCIALE, presso l’impianto di depurazione comunale sito nel Comune di Gonnosfanadiga, il superamento del limite allo scarico di ‘ azoto ammoniacale ‘, secondo il parametro previsto dalla tabella 3 dell’Allegato 5 alla parte terza del d.lgs. 2 aprile 2006, n. 152 deducendo la non applicabilità di tale parametro al caso di specie, poiché i reflui trattati dall’impianto non erano di tipo misto e i valori rilevati non potevano essere considerati per la presenza di una situazione eccezionale dovuta ad un guasto meccanico del carroponte del sedimentatore, che era fuori servizio, in esecuzione l’intervento manutentivo di ripristino. Inoltre, i ricorrenti sostenevano che la condotta sanzionata doveva essere scriminata per avere gli stessi agito in stato di necessità e nell’adempimento di un dovere, non potendo essere il servizio pubblico di gestione dei reflui urbani interrotto o sospeso, neanche a causa di un guasto meccanico che avrebbe pregiudicato il corretto trattamento delle acque;
instaurato il contraddittorio e istruita la causa, il Tribunale adito, rigettate in via preliminare l’eccezione di prescrizione del diritto
dell’amministrazione a riscuotere le somme ingiunte e quella di difetto di legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, nel merito accoglieva il ricorso ritenendo che l’impianto di depurazione non fosse di tipo misto, ma di trattamento dei soli reflui domestici e delle acque meteoriche di dilavamento, per cui doveva essere assoggettato ai limiti di cui all’art. 14, comma 5 RAGIONE_SOCIALE Direttiva regionale che richiamava il rispetto RAGIONE_SOCIALE sola tabella 1 e non anche RAGIONE_SOCIALE tabella 3 dell’Allegato 5 al d.lgs. 152/2006;
-in virtù di gravame interposto dall’Amministrazione, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nella resistenza dell’appellato, che proponeva anche appello incidentale, con la sentenza n. 103/2022, pubblicata il 7 marzo 2022, rigettava l’appello principale, confermando la sentenza impugnata.
A sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione la Corte territoriale, per ancora qui di interesse, evidenziava come l’impianto oggetto RAGIONE_SOCIALE controversia fosse un impianto a ‘fanghi attivi’ e dimensionato per trattare i reflui urbani di un’utenza di 16.000 A.E. a servizio di un Comune di 6.254 abitanti, non provato che i reflui urbani contenessero anche acque reflue industriali, secondo la definizione di cui all’art. 74, comma 1 lett. H) d.lgs. 152/2006, ragione per la quale non era applicabile al caso di specie la tabella 3 dell’Allegato 5. Aggiungeva il Collegio che doveva essere applicata solo la tabella 1, in quanto, oltre alla mancata prova RAGIONE_SOCIALE presenza di acque reflue industriali nelle acque oggetto del trattamento, sia dalla scheda anagrafica dei depuratori del RAGIONE_SOCIALE, sia dal contenuto dell’autorizzazione allo scarico n. 153 del 2 aprile 2012, emergeva che l’impianto di depurazione del Comune di Gonnosfanadiga, trattava rispettivamente ‘ acque reflue urbane senza componente industriale ‘ e ‘ reflui domestici ‘. Pertanto, riteneva ininfluente che tra le prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico vi fosse anche il rispetto dei ‘ limiti di emissione dei
parametri previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5 d.lvo 152/2006 ‘, giacchè la sanzione irrogata con l’ordinanza ingiunzione impugnata aveva il proprio presupposto nell’art. 133, comma 1 d.lgs. cit.; – per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, articolato in due motivi, la RAGIONE_SOCIALE del Sud RAGIONE_SOCIALE, cui hanno resistito l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con controricorso contenente anche ricorso incidentale ‘subordinato’ ( rectius : condizionato) affidato a tre motivi; in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato
-anche il deposito di memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c.
Atteso che :
-con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3) c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 74 e 133, comma 1 d.lgs. n. 152/2006, oltre alle prescrizioni dell’Allegato 5 alla parte terza del d.lgs. cit., nonché degli artt. 2697 e 2721 e ss. c.c., per avere il giudice di secondo grado ritenuto erroneamente applicabile al caso di specie la sola tabella 1 dell’Allegato 5 e non anche la tabella 3, escludendo, in quanto non provata, la natura mista dei reflui urbani trattati dall’impianto di depurazione del Comune di Gannosfanadiga. Siffatta natura, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente, rientrerebbe nella stessa definizione di ‘ agglomerato ‘, di cui all’art. 74, comma 1 lettera n), per cui il giudice di merito avrebbe dovuto applicare la presunzione, prevista dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il trattamento dei reflui urbani provenienti da agglomerato devono essere considerati di natura mista e, per la stessa sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione n. 11479 del 16 maggio 2006, l’impianto di trattamento deve essere presuntivamente assoggettato ai parametri di cui alla tabella 3 dell’Allegato 5.
Inoltre, aggiunge la ricorrente, il giudice del gravame avrebbe violato l’art. 2697 c.c., non avendo riconosciuto l’onere di provare l’assenza di reflui industriali nelle acque convogliate in capo all’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, e a NOME COGNOME, suo legale rappresentante, trattandosi di un fatto impeditivo per l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzione, non essendo sufficiente la mera negazione RAGIONE_SOCIALE composizione mista delle acque reflue trattate.
Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12 e 14 RAGIONE_SOCIALE Direttiva RAGIONE_SOCIALE Regione RAGIONE_SOCIALE, in materia di ‘ Disciplina Regionale degli scarichi ‘, approvata con Deliberazione G.R. n. 69/25 del 10 dicembre 2008, per non avere il Giudice del gravame considerato che le prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico, che impongono il rispetto RAGIONE_SOCIALE tabella 3, siano conformi al dettato RAGIONE_SOCIALE normativa regionale, la quale deve essere comunque applicata al caso di specie trattandosi di un impianto con un carico di utenza pari a 16.000 A.E., poiché l’art. 14 impone agli impianti per il trattamento di acque reflue urbane, ‘ aventi dimensioni superiori ai 2000 A.E.’ , il rispetto RAGIONE_SOCIALE tabella 3.
I due motivi del ricorso principale sono infondati e per la connessione argomentativa che li avvince possono essere trattati congiuntamente.
Occorre premettere che nella specie assume particolare rilevanza la definizione e la distinzione normativa tra ‘ acque reflue urbane ‘, ‘ acque reflue domestiche ‘ e ‘ acque reflue industriali ‘. Ai sensi dell’art. 74 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, quelle sopra elencate sono le diverse tipologie di acque reflue, normativamente definite in rapporto tra loro, in modo negativo o in rapporto di genere a specie. Secondo il comma 1, lettera g) dell’art. 74 d.lgs. n. 152/2006, le ‘ acque reflue domestiche ‘ sono le « acque reflue
provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche ». Al contrario, in modo negativo rispetto alle suddette, le ‘ acque reflue industriali ‘, per la definizione di cui alla lettera h) , sono « qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni » che siano, però, « diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento ». In rapporto di genere a specie, invece, rispetto alle precedenti tipologie di acque reflue, la normativa individua le “acque reflue urbane ‘, come quelle che sono costituite da ‘acque reflue domestiche’ o dal «miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato» (art. 74, comma 1, lett. i ) .
Le incertezze possono sorgere nell’interpretazione e nella definizione di ‘ acque reflue urbane’ e, in particolare, dalla eventuale sussistenza di una presunzione iuris tantum riguardante la presenza di ‘acque reflue industriali’ nelle ‘ acque reflue urbane’ , qualora l’impianto di scarico sia collegato ad una rete fognaria di tipo misto. Da tale presunzione, infatti, deriverebbe l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE tabella 3, all’Allegato 5, d.lgs. n. 152/2006, la cui nota 2 prevede, invece, la sua non applicabilità qualora lo scarico non convogli acque reflue industriali, ma solo reflui domestici e acque meteoriche di dilavamento.
Al riguardo, è opportuno rilevare che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, a prescindere dall’interpretazione RAGIONE_SOCIALE nota 2), i limiti di emissione da prendere in considerazione, qualora ci si trovi dinnanzi a scarichi che convogliano delle ‘acque reflue urbane’ , sono quelli di cui alla tabella 3 e non alla tabella 1. In particolare, in presenza di un sistema fognario misto, assistito da un impianto di depurazione, ove sicuramente le acque che convogliano nella
rete provengono da un agglomerato, i valori-limite cui lo scarico deve conformarsi, sono quelli di cui alla tabella 3, riferita precipuamente alle “acque reflue industriali” . Tali valori, più restrittivi, infatti, devono pur sempre essere rispettati in presenza di quella peculiare tipologia di ‘ acque reflue urbane ‘ definite come ‘ miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato ‘, di cui all’ dall’art. 74, comma 1, lettera i) del d.lgs. 2 aprile 2006 n. 152. Inoltre, per stabilire la tipologia del refluo trattato da un depuratore comunale – e, quindi, dello scarico -occorre fare riferimento alla natura e alla composizione delle acque di fatto scaricate. Infatti, se in esso non vengono convogliate delle “acque reflue industriali” , il refluo trattato è da considerarsi di tipo domestico. Non bisogna dimenticare che la normativa di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, per adeguarsi alle direttive europee, ha dettato una disciplina degli scarichi chiaramente ispirata dall’intento di privilegiare la tipologia delle acque reflue immesse nel corpo idrico recettore rispetto alla provenienza dello scarico, tant’è che -sotto il profilo del trattamento sanzionatorio – si è abbandonato qualsiasi riferimento alla dicotomia “scarico derivante da insediamento civile/scarico derivante da insediamento produttivo” per assumere il diverso criterio di differenziazione fondato sulla qualità delle acque, ora, non più presunta in relazione alla sua provenienza ma espressamente definita. Nel sistema introdotto dal d.lgs. n. 152/2006, quindi, la distinzione degli scarichi è, in definitiva, fondata sulla natura delle acque reflue da questi scaricate.
Pertanto, nel concetto di “acque reflue urbane” sono pur sempre comprese -o, comunque, possono esserlo -le “acque reflue industriali”, se è vero che costituiscono “acque reflue urbane” – oltre alle “acque reflue domestiche” -il
“miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, ovvero meteoriche di dilavamento” a condizione che, in questo caso, si tratti di acque “convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato” (v. in termini, Cass. n . 11479 del 2006, che seppure riguardante fattispecie disciplinata dal precedente d.lgs. n. 152/1999, tuttavia si tratta di principi ancora validi per essere state dalla novella del 2006 confermate le predette distinzioni).
In presenza, quindi, a contrario , di un sistema fognario per il trattamento delle sole acque reflue domestiche e delle acque meteoriche di dilavamento, quale è quello nel caso di specie, i limiti di emissione da rispettare sono soltanto quelli indicati dalla tabella 1 dell’Allegato 5 al d.lgs. citato e non anche quelli RAGIONE_SOCIALE tabella 3.
La Corte d’appello, peraltro, nel fare riferimento ai principi sopra esposti, ha correttamente fatto richiamo al contenuto dell’autorizzazione allo scarico n. 153 del 2 aprile 2012, di cui la RAGIONE_SOCIALE risulta essere titolare e nella quale viene testualmente dichiarato che l’impianto del Comune di Gonnosfanadiga trattava rispettivamente delle ‘ acque reflue urbane senza componente industriale ‘ e soli ‘ reflui domestici’ , per cui il giudice di merito ha correttamente ritenuto applicabile al caso di specie la sola tabella 1 di cui all’Allegato 5. Infatti, in materia di tutela dell’ambiente , solo « nel caso di fognature miste, assistite da un impianto di depurazione, che raccolgano non solo acque reflue domestiche, ma anche acque reflue industriali, provenienti da un agglomerato, è altresì obbligatorio il rispetto dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3 dell’Allegato 5 al d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riferita precipuamente alle acque industriali » (Cass. n. 13962 del 2006), e non anche nel caso di impianti per il trattamento di soli reflui domestici e acque meteoriche di dilavamento, quale risulta essere quello in oggetto, non avendo per
di più l’Amministrazione ricorrente provato, nel giudizio di merito, la presenza nelle acque reflue trattate dall’impianto di acque reflue industriali.
Così, nel caso di specie, alla luce di quanto sopra esposto, non rilevano le censure sollevate con il secondo motivo, perché, alla luce RAGIONE_SOCIALE disciplina di rango primario, secondo l’interpretazione sopra richiamata, non può essere applicata la tabella 3 ma solo la tabella 1 di cui all’Allegato 5 del d.lgs. 152/2006, trattandosi di un depuratore per la gestione delle sole acque reflue domestiche e meteoriche da dilavamento, per cui non può trovare applicazione la disciplina prevista dall’art. 14, comma 5 RAGIONE_SOCIALE ‘ Direttiva regionale agli scarichi ‘ (DRG n. 69/25), né rilevano le prescrizioni che impongono il rispetto RAGIONE_SOCIALE tabella 3 contenute nell’autorizzazione allo scarico rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE, per essere la sanzione irrogata ai ricorrenti fondata dall’Amministrazione nella previsione dell’art. 133, comma 1, d.lgs. 152/2006 per violazione dei parametri di cui alle tabelle contenute nell’Allegato 5, e non nell’art. 133, comma 3, per violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione allo scarico;
-passando all’esame del ricorso incidentale ‘subordinato’ ( rectius : condizionato), che con le tre censure ripropone le questioni non decise dal giudice di merito, perché ritenute assorbite, ne va ritenuta l’inammissibilità.
Per costante giurisprudenza di legittimità, « il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza, cosicché è inammissibile il ricorso proposto dalla parte che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, proposto al solo scopo di risollevare questioni che non sono state decise dal giudice di merito perché assorbite dall’accoglimento di altra tesi, avente carattere preliminare, salva
la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento RAGIONE_SOCIALE sentenza » (Cass. n. 29662 del 2023).
In virtù di questo orientamento consolidato, quindi, si deve dichiarare l’inammissibilità del presente ricorso incidentale per cassazione, anche se condizionato, rilevando il difetto del presupposto necessario RAGIONE_SOCIALE soccombenza dei ricorrenti incidentali nel giudizio di secondo grado.
Conclusivamente va rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale condizionato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza sostanziale.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti che si liquidano in complessivi euro 1.300,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda