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Accordo sindacale: legittima la scelta sul superminimo

Un dipendente di un’azienda di trasporto pubblico ha contestato un accordo sindacale che subordinava l’accesso a nuove voci retributive alla rinuncia al proprio superminimo individuale. La Cassazione ha respinto il ricorso, affermando la legittimità della scelta offerta al lavoratore, in quanto l’accordo ha operato una riorganizzazione dei trattamenti accessori collettivi senza intaccare unilateralmente il diritto individuale.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Accordo Sindacale e Retribuzione: Quando la Scelta del Lavoratore è Legittima

Un recente accordo sindacale aziendale ha posto i lavoratori di fronte a una scelta cruciale: mantenere il proprio superminimo individuale o accedere a nuove voci retributive. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9136/2024, ha affrontato il tema, stabilendo la piena legittimità di questa operazione di riorganizzazione salariale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un dipendente di una grande azienda di trasporto pubblico si era rivolto al tribunale per ottenere il riconoscimento di nuove indennità (denominate ERA 1 ed ERA 2) introdotte da un accordo aziendale. Il lavoratore, tuttavia, non intendeva rinunciare al suo ‘superminimo’ o ‘assegno ad personam’, un trattamento economico migliorativo concordato a livello individuale. L’accordo aziendale, infatti, prevedeva che l’accesso alle nuove indennità fosse subordinato proprio alla rinuncia a tale superminimo.

Mentre in primo grado il lavoratore aveva ottenuto un parziale accoglimento, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, dando ragione all’azienda. Il caso è quindi giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno stabilito che l’operazione negoziale messa in atto dall’azienda e dalle organizzazioni sindacali era del tutto legittima e non violava i diritti del dipendente.

Le Motivazioni dietro l’Accordo Sindacale

La Corte ha basato la sua decisione su una distinzione fondamentale tra le fonti che regolano il rapporto di lavoro:
1. Fonte Collettiva: I contratti collettivi (nazionali o aziendali) agiscono come fonte esterna (eteronoma) e le loro disposizioni non si incorporano definitivamente nel contratto individuale. Ciò significa che un accordo sindacale successivo può modificare, anche in peggio, le condizioni previste da un accordo precedente, con il solo limite dei ‘diritti quesiti’, cioè quelli già definitivamente maturati dal lavoratore.
2. Fonte Individuale: Il contratto individuale tra lavoratore e azienda, che può prevedere condizioni di maggior favore come, appunto, il superminimo.

Nel caso specifico, l’accordo sindacale non ha toccato unilateralmente il superminimo del lavoratore (diritto individuale), ma ha modificato le indennità accessorie di natura collettiva, sostituendole con le nuove voci ERA. Queste nuove voci erano state pensate per razionalizzare la struttura retributiva, premiare la presenza effettiva in servizio e contenere i costi in un contesto di crisi aziendale.

L’elemento chiave, secondo la Corte, è che al lavoratore è stata offerta una scelta chiara:
* Mantenere il proprio superminimo individuale, rinunciando però alle nuove indennità collettive (poiché le vecchie erano state soppresse).
* Rinunciare al superminimo (diritto disponibile) e, in cambio, accedere al nuovo sistema di indennità ERA, formalizzando tale scelta in una sede protetta per garantirne la validità.

Questa operazione non è stata considerata una frode alla legge né una violazione del principio di irriducibilità della retribuzione, poiché non imponeva una diminuzione salariale, ma rimetteva al lavoratore una valutazione personale e strategica sulla convenienza economica tra le due opzioni.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio consolidato: l’autonomia collettiva ha il potere di rimodulare i trattamenti economici derivanti da contratti collettivi precedenti, anche con effetti peggiorativi per i lavoratori. La legittimità di un accordo sindacale che offre una scelta tra un trattamento individuale preesistente e un nuovo trattamento collettivo è piena, specialmente quando persegue interessi meritevoli di tutela come la riorganizzazione aziendale, l’omogeneizzazione delle retribuzioni e la razionalizzazione dei costi. La decisione offre quindi un importante chiarimento sui limiti e le prerogative della contrattazione collettiva nella gestione delle dinamiche retributive aziendali.

Un nuovo accordo sindacale può peggiorare le condizioni economiche previste da un accordo precedente?
Sì, la giurisprudenza consolidata afferma che le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contratto individuale ma operano dall’esterno. Pertanto, un accordo successivo può modificare, anche in peggio, le previsioni di quello precedente, con il solo limite dei diritti già definitivamente acquisiti (diritti quesiti).

È legittimo subordinare l’accesso a nuove indennità alla rinuncia a un superminimo individuale?
Sì, la Corte ha ritenuto legittima questa operazione. L’accordo non ha eliminato d’imperio il superminimo, ma ha rimesso al lavoratore la scelta se mantenerlo (perdendo le nuove indennità collettive) o rinunciarvi (accedendo alle nuove indennità). Trattandosi di diritti disponibili, questa scelta è valida.

Perché l’accordo aziendale è stato considerato valido e non una frode alla legge?
Perché perseguiva interessi meritevoli di tutela, come la riorganizzazione del sistema retributivo, la razionalizzazione della spesa e la premialità legata alla presenza. Inoltre, non ha imposto una riduzione unilaterale della retribuzione, ma ha offerto al lavoratore una scelta tra due diversi regimi economici, lasciando a lui la valutazione di convenienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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