Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21716 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21716 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23407/2021 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
Autorità di Sistema Portuale del Mare Ligure Occidentale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Genova n. 28/2021, pubblicata il 4 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME già dipendente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, ha chiesto il risarcimento dei danni da lui patiti in
conseguenza di una condotta inadempiente e contraria a correttezza e buona fede della stessa Autorità.
Egli ha prospettato che l’Autorità in questione, con un accordo quadro del 9 settembre 2014, antecedente al suo pensionamento anticipato, avvenuto il 31 luglio 2017, si era determinata ad accedere al meccanismo di esodo anticipato introdotto dall’art. 4 de lla legge n. 92 del 2012. Avendo egli aderito a detto Accordo, l’Autorità avrebbe assunto, quindi, un obbligo nei suoi confronti, ledendo le sue legittime aspettative con la successiva sospensione della procedura, con la mancata informazione sul suo andamento e, infine, con la definitiva rinuncia.
Il Tribunale di Genova, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 998/2019, ha rigettato il ricorso.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Genova, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 28/2021, ha rigettato.
NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
La PRAGIONE_SOCIALEA. si è difesa con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e o falsa applicazione degli artt. 1173, 1321 e 1372 c.c., dell’art. 4, commi da 1 a 7, della legge n. 92 del 2012 e degli artt. 1175 e 1375 c.c. e 1362 e 1366 c.c. perché la corte territoriale avrebbe ritenuto che l’Accordo Quadro concluso con le organizzazioni sindacali aziendali ex art. 4, comma 1, legge n. 92 del 2012 e relativo atto integrativo, e gli altri atti della procedura di esodo volontario non avessero fatto sorgere alcun tipo di obbligazione in capo al datore di lavoro né l’obbligazione di portare a regolare compimento la procedura.
A suo avviso, gli accordi collettivi di lavoro, inclusi quelli aziendali, sarebbero stati vincolanti per le parti, trattandosi di contratti.
Irrilevante sarebbe stato il successivo controllo dell’INPS, in quanto rivolto solo alla verifica del possesso dei requisiti di legge per l’accesso all’esodo in capo al datore e ai lavoratori.
Nessuna norma avrebbe consentito, poi, di dare valore alle indicazioni del Ministero vigilante.
Allo stesso modo, non si poteva considerare non vincolante la manifestazione di volontà di aderire all’esodo.
Gli accordi sindacali in esame avrebbero avuto tutti i requisiti di un bando di concorso vincolante.
Sarebbero stati violati anche i criteri di interpretazione letterale e secondo buona fede.
La censura è inammissibile.
Infatti, nella sostanza il ricorrente chiede di accertare la natura di intesa vincolante anche in suo favore degli accordi sindacali di cui sopra.
Egli prospetta, quindi, in pratica, una questione interpretativa di siffatti accordi.
Peraltro, si rileva che l’erronea interpretazione di un atto negoziale (nella specie, secondo il ricorrente, di un contratto) e degli altri atti ad esso collegati deve essere denunciata prospettando una violazione dei criteri interpretativi di cui agli artt. 1362 ss. c.c. e riportando almeno le parti più rilevanti del testo che dovrebbe essere interpretato.
Nel caso in esame, invece, il ricorrente ha riportato brevissimi passaggi dei testi in discussione, rendendo impossibile a questo Collegio una valutazione del suo contenuto, al fine di accertare se prescrivesse degli obblighi attuali e in favore e a carico di chi.
Inoltre, si sottolinea che, in tema di sindacato sull’interpretazione dei contratti, la parte che ha proposto una delle opzioni ermeneutiche possibili di una clausola contrattuale non può contestare, in sede di giudizio di legittimità, la scelta alternativa alla propria effettuata dal giudice del merito (Cass., Sez. L, n. 18214 del 3 luglio 2024).
Nella presente controversia, il ricorrente, invece, si limita a prospettare una delle possibili interpretazioni degli accordi in esame (da lui trattati alla stregua di contratti), con la conseguenza che la doglianza è inammissibile.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonché degli artt. 1173, 1337 e 1338 c.c. perché la corte territoriale avrebbe ritenuto che i principi di buona fede e correttezza non fossero applicabili alla fattispecie in esame, né nell’esecuzione del contratto di lavoro né dell’Accordo Quadro né di un contatto sociale qualificato né di trattative negoziali.
La censura è inammissibile per le ragioni esposte con riferimento al primo motivo, soprattutto perché il ricorrente non ha contrastato efficacemente l’affermazione della corte territoriale concernente la natura non vincolante dell’Accordo quadro in esame.
In aggiunta a ciò, si osserva che non è dato comprendere quali trattative negoziali siano intercorse fra la P.A. e il ricorrente, come possa esservi un contatto sociale fra soggetti legati da un rapporto (di lavoro) e quale obbligo specifico, derivante dal contratto (di lavoro) sia stato violato dalla parte controricorrente rispetto al quale sarebbero accessori i doveri di correttezza e buona fede.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1337 e 1338 c.c. nonché 1175, 1375 e 2043 c.c. perché la corte territoriale avrebbe ritenuto non configurabili obbligazioni da contatto sociale qualificato tra le parti o una violazione di trattative negoziali o una responsabilità extracontrattuale.
La censura è inammissibile per le ragioni che hanno condotto ad analogo esito con riguardo al primo e al secondo motivo.
D’altronde, è del tutto problematico ipotizzare un contatto sociale fra due soggetti parti di un rapporto di lavoro con riferimento ad aspetti che a tale rapporto sono strettamente collegati.
Neppure è immaginabile una trattativa diretta fra ricorrente e controricorrente avente a oggetto il suo esodo anticipato, essendo stato accertato dal giudice del merito, con una valutazione di fatto qui non più contestabile come tale, che tutta la vicenda ha riguardato solo la P.A. e i sindacati.
Priva di consistenza è anche l’ipotesi che vi sia stata una responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. della P.A., se non altro in quanto le parti sono legate contrattualmente.
Con il quarto motivo il ricorrente prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in quanto la corte territoriale non avrebbe considerato che la controparte avrebbe, in seguito all’interruzione della procedura di esodo in questione, assunto 17 dipendenti in posizione extranumeraria, sottoscritto Atto integrativo con le organizzazioni sindacali per l’esodo di ulteriori 17 esuberi e inviato domanda all’INPS.
La censura è inammissibile, essendovi stata una doppia conforme.
5) Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 6.000,00 per compenso, e a rimborsare le spese prenotate a debito;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 6