Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21394 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21394 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3384-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ASSOCIATE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME;
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 781/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 12/07/2019 R.G.N. 1126/2018;
Oggetto
R.G.N.3384/2020
COGNOME
Rep.
Ud 12/06/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione impugna, sulla base di un unico motivo, la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 781/2019 che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ragusa, che aveva respinto l’opposizione ad avviso di addebito portante crediti INPS correlati all’omesso versamento di contributi per lavoratori agricoli ed al recupero di benefici contributivi.
Resiste INPS con controricorso mentre l’Agente per la RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 12 giugno 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Viene qui proposto un unico motivo di censura, per violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 199/2016 di interpretazione autentica dell’art. 5 comma 1 del d.l. n. 510/1996 convertito in legge n. 608/1996 e dell’art. 6, comma 9, del d.l n. 338/1989: si deduce che la pretesa dell’INPS sarebbe infondata sia alla luce della citata normativa nazionale – che non richiede che gli accordi aziendali di recepimento siano firmati da tutte le parti che hanno sottoscritto il contratto provinciale essendo sufficiente che le parti, pure non tutte, siano le stesse – sia alla luce della normativa sovranazionale.
La sentenza ha motivato:
-l’art. 5 cit. prevede che ‘è sospesa la condizione di corresponsione dell’ammontare retributivo di cui all’articolo 6, comma 9, lettere a), b) e c), del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre
1989, n. 389. Tale sospensione opera esclusivamente nei confronti di quelle imprese che abbiano recepito o recepiscano gli accordi provinciali di riallineamento retributivo stipulati dalle associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Tali accordi provinciali debbono prevedere in forme e tempi prestabiliti, programmi di graduale riallineamento dei trattamenti economici dei lavoratori ai livelli previsti nei corrispondenti contratti collettivi nazionali di lavoro. Ai predetti accordi è riconosciuta validità pari a quella attribuita ai contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento quale requisito per l’applicazione a favore delle imprese di tutte le normative nazionali e comunitarie. Per il riconoscimento di tale sospensione, l’impresa deve sottoscrivere apposito verbale aziendale di recepimento con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinci ale’;
-l’art. 5 è norma di stretta interpretazione nel consentire di derogare, a determinate condizioni, al principio del minimale contributivo sostituendo la retribuzione da assumere a base di calcolo dei contributi agricoli per le imprese del Mezzogiorno con quella fissata negli accordi di riallineamento per incentivare le imprese ad adeguarsi progressivamente ai minimi retributivi di cui alla contrattazione nazionale;
-è pacifico che l’azienda non ha aderito al contratto di riallineamento ed ha stipulato contratti di gradualità al programma di riallineamento che sono figura diversa, il che non consentiva di godere dei benefici contributivi;
-l’art. 10 della legge n. 199/2016 ha stabilito che ‘Ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre
1996, n. 608, e successive modificazioni, gli accordi provinciali di riallineamento retributivo del settore agricolo possono demandare la definizione di tutto o parte del programma di graduale riallineamento dei trattamenti economici dei lavoratori agli accordi aziendali di recepimento purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale. Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge’;
-detta norma non è interpretativa ma si risolve in una sanatoria ex post che ha equiparato gli effetti dei contratti aziendali di gradualità al riallineamento ai contratti di riallineamento, a condizione che siano stipulati dalle stesse parti che hanno stipulato il CPL;
-nella specie nessuno dei contratti aziendali di recepimento era stato sottoscritto da tutte le parti firmatarie del contratto provinciale;
-inoltre, deve ritenersi sempre operante il limite temporale di cui all’art. 116 della legge n. 388/2000, ossia il termine massimo per stipulare il contratto aziendale di gradualità fissato al 17.10.2001, laddove, nella specie, gli accordi erano stati sottoscritti in epoca successiva;
-pertanto, l’azienda non poteva godere dei benefici contributivi di cui all’art. 5 cit. atteso che -sebbene l’art. 10 della legge n. 199/2016 avesse sostanzialmente equiparato, ex post, gli effetti dei contratti di gradualità al riallineamento ai contratti di riallineamento, purché stipulati dalle stesse parti che hanno stipulato il Contratto Provinciale di Lavoro (CPL) – nella specie nessuno degli accordi aziendali di recepimento era stato sottoscritto dalle OO.SS. che avevano firmato il CPL e non erano stati rispettati i limiti temporali, essendo comunque onere della
società che reclamava l’applicazione di benefici contributivi dimostrare i fatti costitutivi del suo diritto.
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso che contiene il rinvio ai contratti sottoscritti che risultano prodotti con il fascicolo di primo grado allegato al ricorso e di cui la ricorrente precisa la collocazione nel fascicolo (pag. 7) (cfr. per tutte Cass. Sez.Un. n. 22726/2011).
Tanto premesso, il ricorso è fondato.
Questa Corte nell’esaminare controversie sovrapponibili alla presente (Cass. n. 3198/2025 e n. 4310/2025 solo da ultimo) ha affermato che, in base allo ius superveniens di cui all’art. 3ter del d.l. n. 103/2021, conv. con modif. dalla legge n. 125/2021, di interpretazione autentica dell’art. 10 della legge n. 199/2016 in tema di accordi provinciali di riallineamento retributivo del settore agricolo, gli accordi aziendali di recepimento di detti accordi provinciali devono intendersi legittimamente stipulati anche in presenza della sottoscrizione della sola associazione imprenditoriale a cui è iscritta l’impresa interessata e firmataria dell’accordo provinciale e, se prevedono un programma di riallineamento graduale, possono essere integrati da intese sottoscritte anche dopo il 17 ottobre 2001, purché prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del citato d.l.
In particolare, è stato precisato che «l’art. 5 del DL nr. 510 del 1996 – decreto convertito con modificazioni in legge nr. 608 del 1996- ha introdotto una disciplina volta ad estendere i vantaggi derivanti dalla corretta applicazione dei CC.CC.NN.LL., a quei soggetti che, invece, non ne avevano fatto corretta applicazione. Si è, cioè, prevista una articolata normativa attraverso la quale i datori di lavoro potevano uscire da una situazione di illegalità, in modo graduale, ed accedere ai benefici
previsti dall’ordinamento, senza dovere immediatamente sostenere tutti gli oneri a questi connessi; in particolare, sono stati previsti contratti di cd. «riallineamento retributivo» la cui disciplina, nel tempo, è stata oggetto di ripetuti adattamenti e modifiche» (Cass. n. 11211/2024).
L’art. 5 cit. ha, quindi, previsto che nelle zone svantaggiate del territorio nazionale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, le imprese, mediante contratti provinciali di riallineamento, potessero progressivamente adeguare le retribuzioni corrisposte agli importi determinati dal C.C.N.L., e sanare profili di irregolarità pregressi. A loro volta, i singoli datori di lavoro potevano aderire all’accordo provinciale di riallineamento, tramite la sottoscrizione di un verbale aziendale di recepimento «con le stesse parti» che avevano sottoscritto l’accordo provinciale, da depositarsi poi presso la sede provinciale dell’Inps.
Con riferimento al settore agricolo che qui interessa, è poi intervenuto l’art. 10 della legge n. 199/2016 in forza del quale, ‘ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto -legge 1° ottobre 1996, n. 510 gli accordi provinciali di riallineamento retributivo del settore agricolo possono demandare la definizione di tutto o parte del programma di graduale riallineamento dei trattamenti economici dei lavoratori agli accordi aziendali di recepimento purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulat o l’accordo provinciale ‘.
Sulla base di tali premesse si è quindi ritenuto che, «limitatamente al settore agricolo, è stata introdotta una forma di flessibilità del programma di riallineamento, non individuato in modo rigido per tutte le imprese, ma rimesso alle esigenze della singola impresa, a livello aziendale. Ciò a condizione che l’accordo aziendale fosse sottoscritto «con le stesse parti»
firmatarie dell’accordo a livello provinciale» (Cass. n. 11211/2024).
Specificatamente, con riguardo all’interpretazione della espressione «purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale» nei precedenti citati si è evidenziato che l’art. 3 -ter cit. ha interpretato l’art.10 cit. «nel senso che, in relazione alla rappresentatività datoriale, il requisito della sottoscrizione con le stesse parti degli accordi aziendali di recepimento dei programmi di riallineamento si intende soddisfatto anche qualora tali accordi aziendali siano sottoscritti dalla sola associazione imprenditoriale cui è iscritta l’azienda interessata e firmataria dell’accordo provinciale di riallineamento. 2.La procedura di adesione ai programmi di riallineamento deve essere interpretata nel senso che gli accordi aziendali indicati al comma 1, comunque sottoscritti entro il termine del 17 ottobre 2001, nei quali le parti hanno convenuto di aderire al programma di riallineamento previsto dagli accordi provinciali con gradualità e per il periodo in essi previsto, possono stabilire inizialmente anche un periodo parziale di riallineamento retributivo e possono essere successivamente integrati, in tutto o in parte, per la prosecuzione del riallineamento retributivo, da accordi sottoscritti anche oltre la suddetta data, purché tali accordi siano sottoscritti in data comunque antecedente a quella di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ».
Pertanto, è alla luce dello ius superveniens che va accolta la censura, avendo l’art. 3 -ter chiarito il tenore della espressione controversa, con interpretazione autentica che conferma l’esegesi di parte ricorrente.
Quanto al profilo temporale, l’articolo 3 -ter riconosce alle parti negoziali la possibilità di «integrare» gli accordi aziendali di
graduale adesione ai programmi di riallineamento retributivo anche in epoca successiva al 17 ottobre 2001.
Sul punto, è necessario un nuovo accertamento, in considerazione della incerta indicazione, nella sentenza impugnata, del periodo temporale degli accordi aziendali.
Infatti, la Corte si esprime in termini non coerenti, laddove a) afferma che vi sarebbero più contratti aziendali e li colloca nel periodo dal 2001 al 2007 (evidenziando che i contratti aziendali prevedono retribuzioni inferiori rispetto al CPL, ‘tant’è vero che la società ha stipulato successivi accordi di gradualità al riallineamento dal 2001 al 2007’); b) poi pare, invece, riferirsi ad accordi aziendali successivi al 17 ottobre 2001, indicandoli, in un punto della motivazione, come stipulati il 29.4.2005 e il 19.12.2007 ed in un altro punto come sottoscritti il 29 maggio 2005 e il 19 dicembre 2007 (rapportati, questi, al CPL del 23.9.2004).
Come da questa Corte già ritenuto , l’indagine non può arrestarsi al mero dato temporale, occorrendo, invece, indagare il contenuto delle intese sopraggiunte e verificare se le stesse configurino o meno “integrazioni” per la prosecuzione del riallineamento retributivo disposto da contratto aziendale concluso entro il 17 ottobre 2001 (Cass. n.4310/2025), spettando, quindi, al Giudice del rinvio f are chiarezza, con accertamento in fatto, del dato temporale relativo agli accordi aziendali e alle integrazioni intervenute anche in epoca successiva.
In conclusione, per le ragioni esposte, la sentenza deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della controversia applicando i principi esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12 giugno