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Accordi di prossimità: la Cassazione ne valida l’uso

Un lavoratore ha impugnato la legittimità di due contratti intermittenti, sostenendo l’invalidità degli accordi di prossimità aziendali che li giustificavano. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3353/2025, ha rigettato il ricorso. Ha confermato che tali accordi sono validi per derogare alla normativa generale se sottoscritti da sindacati rappresentativi e finalizzati a obiettivi collettivi, come l’incremento dell’occupazione, garantendo così la legittimità dei contratti stipulati.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Accordi di Prossimità e Contratto Intermittente: La Cassazione Conferma la Legittimità delle Deroghe

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 3353/2025, affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: la validità e l’efficacia degli accordi di prossimità. Questi strumenti consentono alle aziende di adattare la normativa nazionale alle proprie specifiche esigenze, ma a quali condizioni? La pronuncia chiarisce i requisiti necessari affinché un accordo aziendale possa legittimamente derogare alla disciplina generale, in particolare quella sul contratto di lavoro intermittente, offrendo importanti spunti per datori di lavoro e dipendenti.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un lavoratore che chiedeva la dichiarazione di nullità di due contratti a tempo determinato di natura intermittente stipulati con un’importante società. Il lavoratore sosteneva che tali contratti fossero illegittimi e chiedeva il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato. La sua tesi si fondava sull’invalidità dell’accordo aziendale (un accordo di prossimità) che permetteva all’azienda di utilizzare questa forma contrattuale in deroga ai limiti previsti dalla legge.

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello avevano rigettato le richieste del lavoratore. I giudici di merito avevano ritenuto che l’accordo aziendale rientrasse pienamente nella categoria degli accordi di prossimità, in quanto finalizzato a incrementare l’occupazione e la competitività, come esplicitamente dichiarato nel suo testo. Di conseguenza, le deroghe alla disciplina del lavoro intermittente erano state considerate legittime.

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando dieci motivi di contestazione, tra cui la violazione di norme imperative, l’errata ripartizione dell’onere della prova sulla rappresentatività sindacale e la mancata conoscibilità dell’accordo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e la piena legittimità dei contratti intermittenti stipulati. Gli Ermellini hanno stabilito che il ricorso del lavoratore si basava su una interpretazione alternativa e non consentita degli atti negoziali e delle prove, senza individuare vizi di legittimità nella sentenza impugnata.

La Corte ha ribadito che gli accordi di prossimità rappresentano uno strumento eccezionale, ma valido, per derogare a norme di legge e di contratto collettivo nazionale, a patto che vengano rispettate precise condizioni.

Le Motivazioni: la Validità degli Accordi di Prossimità

La sentenza si sofferma dettagliatamente sulle condizioni che rendono legittimi gli accordi di prossimità ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011.

1. Finalità Collettive: L’accordo deve perseguire obiettivi specifici di interesse collettivo, come la maggiore occupazione, la qualità del lavoro, la competitività aziendale o la gestione delle crisi. Nel caso di specie, la Corte ha accertato che l’accordo era espressamente finalizzato all’incremento della competitività e dell’occupazione, rientrando così nella casistica prevista dalla norma.

2. Rappresentatività Sindacale: Gli accordi devono essere sottoscritti da rappresentanze sindacali comparativamente più rappresentative. La Cassazione ha chiarito che spetta al lavoratore che contesta l’accordo fornire elementi specifici a supporto della generica doglianza sulla mancanza di rappresentatività. In assenza di contestazioni dettagliate, il giudice non può invertire l’onere della prova e addossarlo all’azienda.

3. Volontà di Derogare: Non è necessario un richiamo testuale all’art. 8 del D.L. 138/2011. È sufficiente che dall’accordo emerga chiaramente la volontà delle parti di modificare le disposizioni di legge o di contratto collettivo. Nel caso esaminato, l’accordo manifestava esplicitamente l’intenzione di “consentire modifiche alle disposizioni di legge e alle norme contrattuali collettive”.

4. Pubblicità e Conoscibilità: L’accordo deve essere conoscibile dai lavoratori. La Corte ha ritenuto sufficiente che gli accordi fossero stati non solo pubblicizzati, ma anche espressamente richiamati nei contratti individuali di lavoro sottoscritti dal ricorrente, garantendone così la piena conoscibilità.

La Cassazione ha inoltre respinto la tesi secondo cui la deroga non potesse estendersi a limiti specifici come quello dell’età per il lavoro intermittente, affermando che la normativa consente deroghe generali all’istituto, senza limitazioni a specifiche parti di esso.

Conclusioni

La sentenza 3353/2025 della Corte di Cassazione consolida un importante orientamento giurisprudenziale. Essa riafferma la funzione strategica degli accordi di prossimità come strumento di flessibilità regolata, in grado di adattare la disciplina del lavoro alle esigenze concrete del tessuto produttivo. Tuttavia, tale flessibilità non è incondizionata: deve essere ancorata al rispetto dei requisiti di rappresentatività sindacale e al perseguimento di finalità collettive verificabili. Per i lavoratori, la sentenza chiarisce che una contestazione sulla validità di tali accordi deve essere specifica e dettagliata, non potendo basarsi su allegazioni generiche. Per le aziende, emerge la conferma che, se correttamente strutturati, questi accordi costituiscono una base solida per l’implementazione di modelli organizzativi flessibili e competitivi.

Un accordo di prossimità può derogare alla disciplina sui contratti di lavoro intermittente?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che un accordo di prossimità può legittimamente introdurre deroghe alla disciplina generale del lavoro intermittente, inclusi i limiti oggettivi e soggettivi, a condizione che sia sottoscritto da sindacati rappresentativi e persegua finalità collettive come l’incremento dell’occupazione e della competitività aziendale.

A chi spetta l’onere di provare la mancanza di rappresentatività sindacale in un accordo di prossimità?
Secondo la sentenza, l’onere di provare la non rappresentatività dei sindacati firmatari spetta al lavoratore che contesta la validità dell’accordo. Una contestazione generica e priva di allegazioni specifiche non è sufficiente a invertire l’onere della prova e a farlo ricadere sul datore di lavoro.

È necessario che un accordo di prossimità richiami esplicitamente la legge da cui intende derogare?
No, non è richiesto un esplicito richiamo testuale alla norma di legge (come l’art. 8 del D.L. 138/2011). È sufficiente che dall’interpretazione complessiva dell’accordo emerga in modo chiaro e inequivocabile la volontà delle parti di derogare a disposizioni di legge o di contratti collettivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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