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Abuso permessi legge 104: licenziamento legittimo

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di una dipendente bancaria per l’abuso dei permessi legge 104. La lavoratrice utilizzava le ore di permesso, concesse per assistere i genitori disabili, per svolgere altre attività non correlate. La Corte ha ritenuto tale comportamento una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede, idonea a ledere il vincolo fiduciario e a giustificare il recesso per giusta causa, respingendo il ricorso della dipendente.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Abuso Permessi Legge 104: la Cassazione Conferma il Licenziamento

I permessi retribuiti previsti dalla Legge 104/1992 rappresentano un fondamentale strumento di tutela per i lavoratori che assistono familiari con disabilità grave. Tuttavia, il loro utilizzo deve essere coerente con la finalità assistenziale per cui sono stati istituiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito che l’abuso dei permessi legge 104 può portare alla più grave delle sanzioni disciplinari: il licenziamento per giusta causa. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: un Utilizzo Distorto dei Permessi

Il caso riguarda una dipendente di un istituto bancario, licenziata dopo che l’azienda aveva accertato, tramite un’agenzia investigativa, un uso improprio dei permessi ex Legge 104/1992. La lavoratrice, anziché dedicare le ore di assenza dal lavoro all’assistenza dei genitori infermi, si era dedicata ad altre attività non correlate.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano confermato la legittimità del licenziamento, ritenendo provato che la dipendente non avesse prestato assistenza in modo “rilevante e significativo” durante le ore di permesso, giustificando così la sanzione espulsiva. La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: Legittimità del Controllo e del Licenziamento

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della lavoratrice, confermando la validità del licenziamento. La decisione si fonda su consolidati principi giurisprudenziali e chiarisce punti essenziali riguardanti i doveri del lavoratore e i poteri di controllo del datore di lavoro.

L’Abuso dei Permessi Legge 104 e la Violazione della Fiducia

Il punto centrale della pronuncia è che i permessi della Legge 104 sono finalizzati esclusivamente a garantire l’assistenza al familiare disabile. Qualsiasi utilizzo per scopi diversi, personali o di svago, snatura la funzione dell’istituto e si configura come un abuso del diritto. Tale comportamento, secondo la Corte, non è una semplice violazione contrattuale, ma un atto illecito che integra una grave violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro (artt. 1175 e 1375 c.c.).

Questo abuso determina la rottura del vincolo fiduciario, ovvero quel legame di fiducia indispensabile per la prosecuzione del rapporto di lavoro, legittimando il licenziamento per giusta causa.

Legittimità dei Controlli Investigativi

La Corte ha anche respinto la doglianza relativa all’illegittimità dei controlli effettuati tramite agenzia investigativa. È stato ribadito che il datore di lavoro può ricorrere a tali controlli quando non hanno ad oggetto il mero adempimento della prestazione lavorativa (controlli a distanza vietati dallo Statuto dei Lavoratori), ma sono finalizzati a verificare comportamenti illeciti del dipendente che possono avere rilevanza disciplinare. L’accertamento dell’uso improprio di un permesso rientra pienamente in questa casistica.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si articolano su diversi piani. In primo luogo, viene sottolineato che il beneficio dei permessi comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro e un onere per la collettività, giustificabili solo se viene perseguita la finalità assistenziale prevista dalla legge. Quando il nesso causale tra assenza dal lavoro e assistenza viene a mancare, l’assenza diventa ingiustificata.

La Corte precisa che non è richiesta una coincidenza “perfetta ed assoluta” tra le ore di permesso e l’assistenza effettiva. Tuttavia, una “carenza di assistenza per una buona parte delle ore di permesso” non è tollerabile. Il comportamento della lavoratrice, dimostrando un “sostanziale disinteresse” per le esigenze aziendali, è stato ritenuto oggettivamente grave e idoneo a giustificare il recesso.

Infine, i giudici hanno ritenuto inammissibili le censure relative alla valutazione delle prove e alla proporzionalità della sanzione, poiché tali valutazioni rientrano nella competenza esclusiva del giudice di merito e non sono sindacabili in sede di legittimità, se non in presenza di vizi logici o giuridici che in questo caso non sono stati riscontrati.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante per tutti i lavoratori che usufruiscono dei permessi della Legge 104. Ribadisce con fermezza che si tratta di un diritto con una finalità specifica e non di ore di permesso libere. L’abuso non solo è contrario alla legge, ma costituisce una grave mancanza di correttezza verso il datore di lavoro e l’intera collettività, con conseguenze che possono arrivare fino alla perdita del posto di lavoro. Per i datori di lavoro, la sentenza conferma la possibilità di effettuare controlli mirati a verificare la sussistenza di condotte fraudolente, a tutela dell’integrità e della corretta gestione aziendale.

È possibile essere licenziati per aver utilizzato i permessi della Legge 104 per scopi personali?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’utilizzo dei permessi per attività non correlate all’assistenza del familiare disabile costituisce un abuso del diritto e una grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, tale da giustificare il licenziamento per giusta causa.

Un datore di lavoro può usare investigatori privati per controllare come un dipendente usa i permessi della Legge 104?
Sì. Secondo la sentenza, il controllo tramite agenzie investigative è legittimo quando non ha ad oggetto l’adempimento della prestazione lavorativa, ma è finalizzato a verificare comportamenti illeciti del lavoratore, come l’utilizzo improprio dei permessi, che possono integrare attività fraudolente.

L’assistenza al familiare disabile deve coincidere perfettamente con l’orario del permesso?
No, la Corte chiarisce che non è richiesta una coincidenza “perfetta ed assoluta”. Tuttavia, una “carenza di assistenza per una buona parte delle ore di permesso” non è giustificabile e configura un abuso, in quanto viene meno il nesso causale tra l’assenza dal lavoro e la finalità di assistenza per cui il permesso è stato concesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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