Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8342 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8342 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12928-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 663/2022 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 31/03/2022 R.G.N. 705/2021;
Oggetto
Licenziamento per giusta causa
R.G.N. 12928/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 20/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Bari accoglieva il reclamo proposto da Poste Italiane s.p.a. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede in data 7.4.2021 che aveva rigettato la sua opposizione all’ordinanza dello stesso Tribunale che, nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, aveva accolto l’impugnativa, da parte di COGNOME Salvatore, del licenziamento a quest’ultimo intimato da detta società in data 23.10.2017, a seguito di contestazione disciplinare del 22.9.2017, con la quale gli era stata addebitata la violazione dei principi di correttezza e buona fede, per avere il lavoratore utilizzato i permessi retribuiti ai sensi della L. 104/92 per svolgere altra attività lavorativa; pertanto, la Corte, in riforma della suddetta sentenza, rigettava la domanda del lavoratore.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, dopo aver dato conto di quanto considerato e deciso dai giudici della doppia fase del primo grado e dei tre motivi di reclamo di Poste Italiane, esaminava congiuntamente i primi due motivi.
2.1. Quanto al primo motivo, rilevava la Corte che erroneamente il giudice di prime cure aveva ritenuto che il lavoratore fosse soggetto, per i giorni in cui è stato sottoposto ad indagine, a turni di lavoro nella fascia oraria dalle ore 12:33 alle ore 20:00.
2.2. Molto diffusamente riesaminate le risultanze processuali, la Corte d’appello giungeva alla conclusione che
dall’istruttoria svolta era emersa la legittimità del licenziamento, perché, se è vero che l’assistenza non deve essere continuativa, è anche vero che deve essere congrua rispetto all’esigenza per cui il permesso è riconosciuto.
2.2. Richiamata in tal senso una serie di precedenti di legittimità, la Corte evidenziava che dall’indagine ispettiva svolta era emerso che il Diddio, anziché prestare assistenza alla suocera, impiegava la gran parte del proprio tempo nell’agenzia della moglie.
Secondo la Corte, pertanto, tutti gli elementi esaminati inducevano a ritenere che il lavoratore aveva effettivamente abusato dei permessi riconosciutigli ex L. 104/92 per svolgere ulteriore attività lavorativa, concretando una violazione della normativa che disciplina la fruizione dei benefici assistenziali, nonché ledendo irreparabilmente il rapporto di fiducia con la propria datrice di lavoro.
Avverso tale decisione COGNOME Salvatore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 414 cpc nr. 5 e dell’art. 436 cpc (che richiama l’art. 416 cpc) con riferimento all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5 per carenza assoluta di motivazione e di esame degli elementi di prova e dei do cumenti prodotti’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 33 L. 104/1992 (come modificato dall’art. 24 della L. n. 183/2010
e dal d.lgs. n. 119/2011, art. 6 c. 1 lett. a) dell’art. 18 c. 4 L. n. 300/1970 (come modificato dalla legge n. 92/2012) nonché degli artt. 2697 e 2110 c.c., art. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.’. Secondo il ricorrente, ‘è altresì c aduta in grave e manifesto errore la Corte territoriale, nella parte in cui, omettendo del tutto la motivazione, che si appalesa pertanto priva di un benché minimo percorso logico giuridico, dopo aver enunziato i principi, pur condivisibili, che contraddistinguono la possibilità della fruizione dei congedi lavorativi ai sensi dell’art. 33, commi 2 -3, della legge 104/92 come modificato dagli artt. 19-20 L. 537/2000 e art. 42 D.lgs. 151/2001’, ha affermato quanto scritto alle pagg. 14 -16 della sua sentenza.
Con un terzo motivo denuncia ‘Omessa e parziale valutazione delle risultanze istruttorie in riferimento all’art. 360 cpc nr. 5’. Secondo il ricorrente, ‘ha errato la Corte di Bari, nel fondare, altresì, il proprio convincimento sulle risultanze delle prove testimoniali assunte in prima fase, perché ha chiaramente omesso di valutarne integralmente il tenore così giungendo al proprio decisum in forza di un ragionamento logico-giuridico carente sotto il profilo motivazionale e fattuale’.
Con il quarto motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 7 legge 20.5.1970 nr. 300 ed art. 54 comma IV lettera e) e comma VI lettera c) e k) del CCNL per il personale non dirigente di Poste Italiane del 30.11.2017, valevole per il triennio 20162018, con riferimento all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5 per carenza assoluta di motivazione’.
Il primo motivo è inammissibile.
6. Al di là del promiscuo ed indistinto cumulo in una medesima censura dei differenti mezzi di cui ai n. 3) e 5) del primo comma dell’art. 360 c.p.c., la stessa s’incentra sull’omessa valutazione di un singolo documento, e non deduce, quindi, l’ ‘omesso es ame circa un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti’; laddove la Corte di merito ha senz’altro esaminato il fatto ‘storico’ controverso, e cioè, se nei giorni oggetto di fruizione dei permessi, il lavoratore fosse o meno sottoposto a determinati turni di lavoro e, in tal caso, quali. Tanto, infatti, è esaminato proprio nella parte di motivazione che il ricorrente censura (cfr. pagg. 45 dell’impugnata sentenza).
7. Parimenti inammissibile è il secondo motivo.
8. Al di là della dedotta violazione di plurime norme di diritto (sostanziale e processuale), denunciata esclusivamente ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., il ricorrente, non solo non chiarisce la sua affermazione circa una ‘motivazione’ che si assume del tutto omessa, ma si limita a riportare una parte di detta motivazione, essenzialmente in diritto, presente alle pagg. 14-16 della sentenza, peraltro riconoscendo che i principi ivi espressi sono ‘condivisibili’ (cfr. pagg. 11 -14 del ricorso); sostiene, quindi, che giurisprudenza, a suo dire, granitica sarebbe ‘conforme nel ritenere che il permesso ex lege 104 non prevede orari per l’assistenza’: si sofferma, poi, nel richiamare e commentare in particolare tre precedenti di legittimità, senza spiegare perché i principi di diritto in essi espressi sarebbero riferibili al caso in esame (v. pagg. 14-21 del ricorso).
8.1. In definitiva, il ricorrente non chiarisce quale sia l’errore giuridico di sussunzione che addebita alla Corte distrettuale.
E’, ancora, inammissibile il terzo motivo, in cui è denunciata un’ ‘omessa e parziale valutazione delle risultanze processuali’, che non può essere fatta valere in questa sede di legittimità in relazione all’ipotesi di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. cui, invece, si riferisce il ricorrente.
Del resto, come si evince chiaramente dallo sviluppo di tale censura (cfr. in particolare pagg. 23-24 del ricorso), in essa è in realtà proposta una critica dell’apprezzamento probatorio in senso stretto operato dalla Corte di merito, ed alla stessa riservato. In tale trattazione, inoltre, è inserita anche la pretesa violazione dell’art. 116 c.p.c. che il ricorrente riconduce ad un mezzo diverso da quello all’inizio indicato, ossia, quello di cui all’art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c. (cfr. pag. 24).
Infine, è inammissibile il quarto motivo.
Anche questa censura, come il primo motivo, fa cumulativamente riferimento ai distinti casi di cui ai nn. 3 e 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c.; peraltro, vi si lamenta una ‘carenza assoluta di motivazione’, che non comprende, però, la deduzione d ell’omesso esame di uno o più fatti storici, principali o secondari, che siano rappresentati come decisivi e controversi tra le parti.
Per altro verso, il ricorrente richiama talune previsioni del CCNL applicato al rapporto che prevedono sanzione conservativa (cfr. pag. 28 del ricorso), senza considerare che la Corte, in base all’accertamento fattuale compiuto (per il quale aveva ritenuto che nei giorni oggetto di contestazione il
lavoratore, ‘anziché prestare assistenza alla suocera, impiegava la gran parte del proprio tempo nell’agenzia della moglie’), ha concluso, tenendo conto di una serie di specifici precedenti di questa Corte di legittimità, che le condotte contestate ledevano ‘irreparabilmente il rapporto di fiducia con la propria società datrice di lavoro’.
Ha così chiaramente escluso che nella specie potesse trovare spazio l’applicazione di sanzioni di natura conservativa.
La Corte di merito, peraltro, aveva anche richiamato il principio di diritto più volte espresso da questa Corte, secondo il quale ‘il grado di sviamento della condotta concreta rispetto al legittimo esercizio del congedo spetta al giudice del merito’ (richiamando Cass. n. 29062/2017); grado di sviamento che nell’impugnata sentenza è stato constatato in misura indubbiamente elevata.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del