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Abuso contratto a termine: quando scatta la decadenza?

La Cassazione stabilisce che, in una successione di contratti a tempo determinato, il termine per l’impugnazione decorre dalla fine dell’ultimo rapporto. Questa decisione consente di valutare l’intera sequenza contrattuale per accertare l’eventuale abuso contratto a termine e la sua trasformazione in un rapporto a tempo indeterminato, offrendo maggiore tutela al lavoratore.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Abuso Contratto a Termine: La Cassazione Chiarisce i Termini per l’Impugnazione

L’utilizzo di contratti a tempo determinato è una prassi comune nel mondo del lavoro, ma la loro reiterazione può sfociare in un abuso contratto a termine, una situazione che la legge mira a sanzionare per proteggere la stabilità del lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13282/2024, ha fornito un chiarimento fondamentale su un aspetto cruciale: da quando decorre il termine per impugnare una successione di contratti a termine? La risposta della Corte rafforza significativamente le tutele per i lavoratori.

Il Caso: Una Lunga Serie di Contratti a Termine

Il caso esaminato riguardava una lavoratrice impiegata presso un’azienda di servizi ambientali attraverso una successione di ben dodici contratti a tempo determinato. La lavoratrice aveva adito il tribunale per chiedere l’accertamento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sostenendo che la continua reiterazione dei contratti a termine costituisse un abuso e violasse i limiti di durata massima imposti dalla normativa e dal contratto collettivo.

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva accolto solo parzialmente le sue richieste. I giudici avevano infatti dichiarato l’intervenuta decadenza dall’impugnazione per i primi undici contratti, ritenendo che la lavoratrice avrebbe dovuto contestarli singolarmente entro i termini di legge. Di conseguenza, avevano limitato l’analisi al solo ultimo contratto, escludendo la possibilità di valutare la condotta complessiva del datore di lavoro.

La Questione dell’Abuso Contratto a Termine e la Decadenza

Il nodo della questione legale era stabilire il momento esatto da cui far partire il termine di decadenza per l’impugnazione. Secondo la Corte d’Appello, ogni contratto rappresentava un atto a sé stante, da impugnare entro i termini previsti. Secondo la lavoratrice, invece, la serie di contratti doveva essere considerata come un’unica vicenda lavorativa. Pertanto, il termine per contestare l’abuso derivante dalla loro successione doveva decorrere solo dalla cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro. Questa interpretazione è fondamentale, perché solo considerando l’intera catena di contratti è possibile verificare il superamento dei limiti massimi di durata e, quindi, l’esistenza di un abuso contratto a termine.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa per un nuovo esame. I giudici supremi hanno affermato un principio di diritto di grande importanza, allineandosi a un orientamento già consolidato.

Le Motivazioni: L’Intera Sequenza Contrattuale Conta come Fatto Storico

La Suprema Corte ha chiarito che, quando un lavoratore agisce in giudizio per far accertare l’abuso risultante dall’utilizzo di una successione di contratti a termine, il termine di impugnazione a pena di decadenza decorre dall’ultimo dei contratti intercorsi tra le parti. La sequenza contrattuale che precede l’ultimo rapporto non è irrilevante o prescritta, ma rileva come “dato fattuale” e “antecedente storico”.

In altre parole, l’intera catena di contratti concorre a integrare la fattispecie di “abusivo uso” dei contratti a termine. Il giudice deve poter valutare l’intera vicenda per verificare se la reiterazione dei rapporti abbia superato il limite legale di durata (ad esempio, i 36 mesi previsti dal D.Lgs. 81/2015), realizzando così un’elusione degli obiettivi della direttiva comunitaria 1999/70/CE. Impedire questa valutazione complessiva, dichiarando la decadenza per i contratti precedenti, significherebbe vanificare la tutela contro l’abuso. La Corte territoriale, non avendo accertato se, rispetto all’ultimo contratto, fosse stato superato il limite massimo di durata cumulato con i rapporti precedenti, ha violato questo principio.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 13282/2024 della Corte di Cassazione consolida un principio fondamentale a tutela dei lavoratori precari. Stabilendo che il termine per impugnare decorre dalla fine dell’ultimo contratto, la Corte garantisce che l’intera storia lavorativa tra le parti possa essere sottoposta al vaglio del giudice per accertare un eventuale abuso contratto a termine. Questa decisione ha implicazioni pratiche significative:
1. Per i lavoratori: Aumenta la possibilità di ottenere la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato quando la successione di contratti a termine supera i limiti di legge.
2. Per i datori di lavoro: Rappresenta un monito a gestire con la massima attenzione la stipula di contratti a termine successivi con lo stesso lavoratore, poiché l’intera catena contrattuale potrà essere usata per dimostrare un eventuale abuso.

Da quando decorre il termine per impugnare una successione di contratti a termine ritenuta abusiva?
Il termine di impugnazione, a pena di decadenza, decorre dalla cessazione dell’ultimo contratto che compone la serie, consentendo una valutazione complessiva di tutto il rapporto lavorativo pregresso.

I contratti precedenti, anche se non impugnati singolarmente entro i termini, possono essere considerati dal giudice?
Sì, la sequenza dei contratti precedenti rileva come dato fattuale e antecedente storico che concorre a integrare l’abuso. Il giudice può e deve valutarli per verificare se sia stato superato il limite legale massimo di durata.

Qual è la conseguenza principale se viene accertato un abuso nella reiterazione dei contratti a termine?
Se, a seguito della valutazione dell’intera sequenza, si accerta il superamento del limite massimo di durata (ad esempio 36 mesi), il rapporto di lavoro viene trasformato in un contratto a tempo indeterminato a partire dalla data in cui tale limite è stato superato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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