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Abuso contratti a termine docenti: sì al risarcimento

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando il diritto al risarcimento del danno per un gruppo di docenti di religione a causa dell’abuso di contratti a termine. La Corte ha stabilito che la successiva stabilizzazione, ottenuta tramite concorso, non costituisce una misura riparatoria idonea a escludere il risarcimento, a meno che l’amministrazione non dimostri un nesso causale diretto e immediato tra l’abuso commesso e la stabilizzazione stessa. L’onere di tale prova grava interamente sul datore di lavoro.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Abuso Contratti a Termine: La Cassazione Conferma il Diritto al Risarcimento per i Docenti

L’ordinanza n. 9988/2024 della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nella tutela dei lavoratori precari del settore pubblico, in particolare dei docenti. L’abuso contratti a termine da parte della Pubblica Amministrazione genera un diritto al risarcimento del danno, e la successiva stabilizzazione del lavoratore non cancella automaticamente questo diritto. Vediamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un gruppo di docenti di religione cattolica assunti con una serie di contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero dell’Istruzione. Il Tribunale di primo grado aveva già accertato l’illegittimità di tali contratti, riconoscendo un abuso contratti a termine protrattosi per un periodo superiore a tre annualità scolastiche senza l’indizione di un concorso. Di conseguenza, il Ministero era stato condannato a versare a ciascun docente un’indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione.

Il Ministero ha impugnato la decisione, sostenendo, tra le altre cose, che per alcuni docenti nel frattempo stabilizzati, l’assunzione a tempo indeterminato avrebbe dovuto essere considerata una misura riparatoria sufficiente, escludendo così il diritto a un ulteriore risarcimento.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha respinto il gravame del Ministero, confermando la sentenza di primo grado. I giudici di secondo grado hanno sottolineato che, secondo la giurisprudenza consolidata, la stabilizzazione può avere efficacia riparatoria solo se costituisce un “effetto diretto e immediato dell’abuso”. Nel caso di specie, il Ministero non aveva fornito alcuna prova che l’immissione in ruolo fosse una conseguenza diretta della pregressa precarietà, anziché il risultato del superamento di una normale procedura concorsuale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita del ricorso del Ministero, ha dichiarato quest’ultimo inammissibile, allineandosi pienamente ai principi già espressi in precedenti pronunce. La Corte ha chiarito diversi punti fondamentali sull’abuso contratti a termine nel pubblico impiego.

In primo luogo, è stato ribadito che nel regime speciale dei docenti di religione, il protrarsi di rapporti a termine per oltre tre anni scolastici, in assenza di concorsi, costituisce un abuso che dà diritto al risarcimento del danno cosiddetto “eurounitario”.

In secondo luogo, e questo è il fulcro della decisione, la Corte ha specificato le condizioni alle quali la stabilizzazione può estinguere il diritto al risarcimento. L’assunzione a tempo indeterminato ha efficacia riparatoria solo in caso di “stretta correlazione” tra l’abuso e la stabilizzazione. Tale correlazione non sussiste quando l’assunzione avviene all’esito di una procedura concorsuale, anche se interamente riservata a personale già precario.

Il principio chiave è che l’onere di allegare e provare che la stabilizzazione ha costituito una misura satisfattiva, perché diretta conseguenza dell’abuso, grava sul datore di lavoro, cioè il Ministero. Si tratta di un’eccezione in senso lato che deve essere provata da chi la invoca. Nel caso in esame, il Ministero si è limitato a sostenere genericamente l’idoneità riparatoria dell’immissione in ruolo, senza argomentare sulle specifiche modalità, sui tempi e sulle norme che l’hanno regolata. Questa mancata dimostrazione ha reso il motivo di ricorso inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un importante baluardo a tutela dei lavoratori precari della scuola. La Corte di Cassazione afferma con chiarezza che la stabilizzazione ottenuta tramite un concorso non è un “colpo di spugna” che cancella gli illeciti passati. L’abuso contratti a termine è una violazione che genera un danno autonomo, il cui risarcimento può essere escluso solo se l’amministrazione fornisce la prova rigorosa che l’immissione in ruolo è stata la diretta e immediata riparazione di quell’abuso. In assenza di tale prova, il diritto del lavoratore a ottenere un’indennità risarcitoria rimane pienamente integro.

Un docente precario ha diritto al risarcimento per l’abuso di contratti a termine anche se viene successivamente stabilizzato?
Sì, il diritto al risarcimento permane. La stabilizzazione può escludere tale diritto solo se il datore di lavoro dimostra che essa costituisce un effetto diretto e immediato dell’abuso commesso. L’assunzione tramite una procedura concorsuale non soddisfa, di norma, questa condizione.

A chi spetta dimostrare che la stabilizzazione ha sanato l’abuso dei contratti a termine?
L’onere della prova grava interamente sul datore di lavoro che ha commesso l’abuso (in questo caso, il Ministero). È l’amministrazione a dover dimostrare la stretta correlazione tra l’illecito e la successiva assunzione a tempo indeterminato.

Qual è la misura del risarcimento riconosciuta in casi di abuso di contratti a termine nel settore scolastico?
La sentenza fa riferimento a un’indennità onnicomprensiva basata sui parametri dell’art. 32, comma 5, della Legge n. 183/2010 (ora art. 28, D.Lgs. 81/2015), oltre al ristoro dell’eventuale maggior danno provato. Nel caso di specie, il Tribunale aveva liquidato un’indennità pari a 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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